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L'imam Anwar al Awlaki, il "padre" dei lupi solitari

I terroristi della strage a Charlie Hebdo lo incontrano prima che fosse ucciso per ricevere i fondi che useranno per la mattanza

L'imam Anwar al Awlaki, il "padre" dei lupi solitari

È il 5 febbraio 2002. L'imam Anwar al Awlaki partecipa ad un evento organizzato dal Pentagono, che all’indomani dell’11 settembre cercava probabilmente aperture con il mondo musulmano "moderato". L’imam era già stato interrogato almeno quattro volte dal Fbi pochi giorni dopo le stragi, perché aveva contatti con tre attentatori di al Qaida, Nawaf al Hazmi, Khalid al-Mihdhar e Hani Hanjour. Si tratta di tre dei cinque dirottatori saliti a bordo del volo 77 della American Airlines, quello precipitato proprio sul Pentagono.

Sempre nel 2002, Awlaki officia il funerale della madre di Nidal Malik Hasan, il militare diventato poi l’attentatore di Fort Hood, tredici i militari americani uccisi. Viene accusato di aver falsificato il passaporto, e dopo una serie di inchieste lascia gli Stati Uniti, denunciando un clima di "intimidazioni" nei suoi confronti.

Si trasferisce in Gran Bretagna, dove resta fino al 2004. Poi lo Yemen. Viene arrestato nel 2006, con l’accusa di aver partecipato a un complotto targato al Qaeda per rapire l’attachè militare dell’ambasciata americana. Passa 18 mesi in carcere, poi la libertà, grazie all’intervento della sua tribù. Intanto, scala la gerarchia di al Qaeda: la Cia lo inserisce nella lista dei maggiori ricercati dopo che era emersa con chiarezza la sua regia dietro il fallito tentativo di far esplodere un aereo di linea in volo tra Amsterdam e Detroit il giorno di natale del 2009, messo in atto da uno studente nigeriano, Umar Farouk Abdulmutallab, che aveva nascosto l’esplosivo nelle mutande.

Nel 2010 battezza la nascita di Inspire, la rivista patinata in inglese considerata il magazine di al Qaeda, che ha l’obiettivo di far partire una "open source jihad". Si tratta del primo "salto in avanti" della propaganda jihadista, fino a quel momento ancorata ai rari e grezzi messaggi audio di Osama bin Laden. La rivista è in inglese: oltre agli strali contro quelli che venivano considerati "nemici dell'islam" le pagine del magazine sono piene di indicazioni su come fabbricare una bomba in casa, o come attaccare gli "infedeli" con i mezzi più disparati disponibili in un qualsiasi supermarket.

Insomma, Awlaki può essere considerato il "padre" dei lupi solitari, i jihadisti della porta accanto, spesso con il passaporto occidentale. Osama bin Laden lo avrebbe apprezzato molto, Awlaki inizia a essere presentato come il "delfino" del capo di al Qaeda. Bin Laden viene ucciso nel maggio 2011. In Yemen arriva Cherif Kouachi, il terrorista di Charlie Hebdo, che incontra l’imam, e a suo dire, riceve i fondi per l’azione di questi giorni. A settembre i droni americani scovano Awlaki in Yemen e lo uccidono.

Ma il suo spettro è tornato ad aleggiare nel mondo jihadista.

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