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Occidente vile. Salvare Kobane è nostro interesse

Ci illudiamo che un'inerzia colpevole e i curdi che si immolano per noi possano decidere del nostro futuro

Truppe della Turchia al confine, a pochi chilometri dalla città di Kobane
Truppe della Turchia al confine, a pochi chilometri dalla città di Kobane

Dante li avrebbe certamente collocati nell'Anti-Inferno, perché non degni nemmeno di entrare nelle stanze dell'Inferno stesso! Sono gli «ignavi» del tempo post-moderno. In altre parole, noi «gli occidentali», incapaci oggi di prendere una vera posizione etica, oltre che politica, a riguardo dello scempio di vite e di valori che si sta consumando in questi giorni intorno e dentro la città curda di Kobane. Assistiamo increduli allo scontro tra i miliziani dell'Isis, in preda ormai alla più assoluta follia, e le popolazioni curde pronte a immolarsi per difendere la loro città, la loro terra, le loro famiglie, i loro valori di libertà. Assistiamo sconcertati a questa inerzia dei Governi occidentali incapaci di impegnarsi a fondo in una difesa di quei valori che avrebbero in un passato, anche non molto lontano, certamente suscitato immediati interventi. Assistiamo costernati al vergognoso silenzio dei nostri Governi di fronte al gesto eroico di Arin, la ragazza curda combattente fattasi esplodere per non cadere nelle mani di un ancor più infausto destino. E assistiamo ancora più esterrefatti a questa «neutralità» affettiva dell'Occidente davanti allo spargimento di lacrime e sangue di cui quella terra si sta in questi giorni impregnando. Ma sopratutto restiamo sgomenti di fronte alla mancanza di volontà dei nostri Governi di intervenire a fondo per contenere la gravissima minaccia che incombe sul nostro futuro. Una minaccia che si insinua subdolamente, di giorno in giorno, a pregiudicare le nostre libertà con un terrorismo in casa che usufruisce peraltro proprio della libera circolazione, della mobilità del lavoro e dei Diritti Umani. Valori cui la civiltà occidentale è storicamente impegnata.

§ Oggi l'Islam è ovunque. La religione islamica è la seconda dopo quella cristiana per numero di fedeli. Diffusa nei Paesi originari, si insinua subdolamente nei nostri Paesi occidentali traendo vantaggio proprio dalle libertà e dai diritti riconosciuti dai nostri stessi ordinamenti. E se consideriamo il numero di simpatizzanti che ogni giorno accrescono le fila degli affiliati all'Isis risulta poi evidente il pericolo di una «rimonta islamica» pronta ad affacciarsi sul nostro orizzonte. La presenza di questo «Stato islamico» assume così oggi un forte effetto destabilizzante, sia nell'area del Medio Oriente e del Mediterraneo meridionale, sia nei nostri stessi Paesi costringendoci ad adottare stringenti misure di prevenzione e di contenimento.

§ L'idea del Grande Califfato si alimenta infatti non solo del contrasto storico tra l'Islam e l'Occidente, ma anche di risentimenti assopitisi – mai del tutto metabolizzati - riconducibili alla negativa esperienza coloniale e al divario economico che separa i Paesi islamici dalla vicina Europa. Affonda le radici nel concetto di unità nell'Islam della componente religiosa con quella culturale e politico-istituzionale. L'Islam – non dimentichiamolo – nasce per volontà di Maometto, e ben 6 secoli dopo l'avvento del Cristo. Nasce per recuperare nella lotta di conquista il forte divario al tempo esistente nelle condizioni di vita tra le comunità arabe e quelle cristiane.

§ Per ora l'Occidente si conforta con i raid aerei e qualche drone, illudendosi che una inerzia, seppure colpevole, possa convenire lasciando che giovani curdi, immolandosi al nostro posto, possano decidere del nostro futuro. «Lasciamo il resto agli Dei!» avrebbe detto Orazio. E non è questa ignavia?

*ex ambasciatore

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