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Londra vuole chiudere le frontiere. ​Tremano migliaia di italiani

La minacciata stretta sui confini inglesi spaventa migliaia di italiani a Londra in cerca di un'occupazione stabile

Londra vuole chiudere le frontiere. ​Tremano migliaia di italiani

Sono tanti gli italiani a tremare di fronte alla proposta avanzata dal governo inglese di mettere un freno all'immigrazione, anche quella interna all'Unione Europea. L'intenzione paventata è quella di dare solo sei mesi di tempo per trovare un lavoro a chi si trasferisce nel Regno Unito. C'è chi sostiene, peggio, che sarebbe necessario avere un'occupazione in tasca prima del viaggio di sola andata. Pena l'espulsione dal territorio inglese.

Pochi giorni fa sono uscite le cifre ufficiali che parlano di un aumento dell'immigrazione netta tra marzo 2014 e marzo 2015 pari a 330.000 unità, con almeno 57mila italiani che in 12 mesi hanno deciso di trasferirsi al di là della Manica.

Nel 2013, i dati ufficiali dell’AIRE parlano di un aumento del 71 per cento degli italiani tra i 20 e 40 anni che hanno lasciato l’Italia alla volta dell’Inghilterra: 8500 connazionali hanno abbandonato il Belpaese. Di loro, per lo meno, è rimasta traccia. Ma ce ne sono tanti che provano a trasferirsi quotidianamente.

"Una volta trasferirsi a Londra era una scelta. Ora è diventata una necessità", scrive Giuseppe (nome di fantasia) su Italianialondra.com, uno dei più importanti portali di riferimento per gli italiani che hanno deciso di vivere Oltremanica.

"Londra è sempre stata la città delle opportunità e una delle destinazioni preferite di coloro ai quali l’Italia stava un po' stretta, con la sua incapacità di soddisfare la voglia di fare di moltissimi italiani. Ci si trasferiva a Londra per "quel qualcosa in più", che fosse la mobilità del mondo del lavoro o la libertà di pensiero. Quasi nessuno scappava davvero dall’Italia (forse solo i ricercatori come me e qualcun altro al quale l’Italia non ha mai offerto, e continua a non offrire, quasi niente): si partiva e basta".

Oggi si scappa – sottolinea -. Ormai è diffusa, probabilmente a ragione, la sensazione che in Italia nulla mai cambierà se non in peggio. La situazione economica ha creato centinaia di migliaia di disoccupati, l’industria italiana non sa che farsene dei laureati costretti ai call centre, il senso di frustrazione generale è ai massimi livelli di sempre. E allora meglio partire, lasciare quel corpo moribondo che è il mondo del lavoro italiano e cercare di riprendere a sognare, soprattutto ora che le distanze con il resto del mondo si sono accorciate grazie a voli low cost e internet".

Quella di Giuseppe è solo una delle migliaia di esperienze che si possono raccontare. Sono sempre di più, e i numeri lo dimostrano, gli italiani che in questi anni hanno deciso di emigrare. Alcuni per svolgere lavori umili come i lavapiatti o i camerieri. Altri per posizioni di prestigio che in Italia sarebbero state solo un miraggio: in banca, piuttosto che in grosse multinazionali.

Molti di loro, però, vedono la minacciata stretta sui confini come uno spauracchio agitato per fini esclusivamente politici, convinti che, almeno per ora, l'economia britannica abbia in realtà un grande bisogno di loro, di altri cittadini europei, e non solo. E così sono convinti che tutta la polemica si trasformi in una bolla di sapone.

O almeno lo sperano.

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