Coronavirus

L'Onu chiede la chiusura dei wet market. Gli animalisti: "Epicentro delle epidemie"

Secondo alcune ipotesi il Covid-19 sarebbe passato dagli animali all'uomo proprio nel wet market di Wuhan. Ora l'Onu chiede un divieto in tutto il mondo dei mercati in cui si vendono animali selvatici macellati vivi

L'Onu chiede la chiusura dei wet market. Gli animalisti: "Epicentro delle epidemie"

Sangue e liquidi biologici, animali vivi e carcasse macellate senza alcuna accortezza dal punto di vista igienico. Tra il 2002 e il 2003 proprio in un wet market di Guangdong, in Cina, si è sviluppato il virus della Sars. Vent’anni dopo è sempre in un mercato di animali vivi, quello di Wuhan, che potrebbe essersi verificato lo spillover del Covid-19 dalle bestie all’uomo. I mercati popolari, diffusi soprattutto in Cina e nel Sud-Est asiatico, sono finiti al centro delle polemiche negli ultimi mesi.

Si chiamano così perché "le viscere degli animali", cani, gatti, scorpioni, pipistrelli, serpenti o pangolini, spiegano gli animalisti, "cadono a terra e bagnano i pavimenti delle bancarelle". Ma non è solo la crudeltà delle tecniche di macellazione utilizzate a far discutere. Ormai i bazar dove vengono venduti animali domestici e selvatici vengono considerati come luoghi ad alto rischio per le zoonosi, ovvero per la trasmissione dei virus dalla specie animale a quella umana.

Per questo le Nazioni Unite hanno chiesto di vietare in tutto il mondo i mercati in cui si vende fauna selvatica. Secondo Elizabeth Maruma Mrema, responsabile ad interim ad interim della convenzione Onu sulla diversità, è uno dei passi fondamentali da compiere "per evitare future pandemie". Un appello in questo senso rivolto proprio al Palazzo di Vetro, nei giorni scorsi, era arrivato da Animal Equality, organizzazione internazionale per i diritti degli animali, che ha lanciato una petizione per chiedere la messa al bando globale dei wet market.

L’iniziativa ha raccolto 100mila firme in meno di 24 ore, 25mila soltanto in Italia. "Crediamo che l'Onu possa far pressione su questo tema", ha detto all’Adnkronos il direttore esecutivo dell’associazione, Matteo Cupi. "Stiamo parlando di animali che vengono tenuti rinchiusi insieme in gabbie molto piccole e molto sporche e questo crea terreno fertile per quelle che sono chiamate malattie zoologiche, che a lungo andare diventano una minaccia per la salute pubblica, tanto che in passato sono stati anche fonte di epidemia", specifica l’attivista.

È il caso della Sars, ma anche dell’influenza suina, e infine, con tutta probabilità, del Covid-19. Per molti scienziati, infatti, come ricorda anche la stessa organizzazione, tutto sarebbe iniziato dal wet market di Wuhan, visto che proprio attorno al mercato si sono registrati i primi casi. A favorire la trasmissione degli agenti patogeni, oltre all’abitudine di cibarsi degli animali selvatici o domestici macellati sul posto, ci sono anche i gesti di folklore. Tra questi ci sarebbe anche quello di bere il sangue delle bestie appena macellate, che i proprietari di alcune bancarelle offrono ai loro clienti.

Lo spillover, secondo le ipotesi in campo, potrebbe essere partito dal pangolino malese, venduto come carne pregiata proprio nei mercati cinesi, che a sua volta potrebbe aver contratto il virus da alcune specie di pipistrelli. In Cina, però, il divieto temporaneo che era stato previsto nella prima fase dell’epidemia dalle autorità non è stato ancora reso permanente, come dimostra la riapertura di diversi mercati nel Paese.

Da Bruxelles, però, ricordano come "l'eventuale chiusura dei cosiddetti wet market" sia competenza esclusiva "delle autorità cinesi"."Indipendentemente dal coronavirus, solo pochi animali vivi e prodotti di origine animale non lavorati provenienti dalla Cina sono autorizzati ad essere importati nell'Ue", rassicura il portavoce della Commissione europea per la Salute, Stefan De Keersmaecker.

Che aggiunge: "Non c'è nessuna evidenza che alcuno degli animali vivi o dei prodotti di origine animale autorizzati a entrare nell'Ue dalla Cina costituisca un rischio per la salute dei cittadini Ue".

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