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Malesia, tolleranza zero contro i predicatori islamici radicali

Contro l’offensiva del governo di Kuala Lumpur ai danni degli imam radicali si sono subito schierati i vertici islamici della Malesia

Malesia, tolleranza zero contro i predicatori islamici radicali

Il governo della Malesia ha annunciato la linea dura contro i predicatori islamici intenti a “propagandare l’odio”.

Le autorità di Kuala Lumpur hanno infatti deciso di reagire ai discorsi infuocati pronunciati più o meno quotidianamente da imam radicali attivi nel Paese, abitato da circa 32 milioni di persone di cui il 60% è aderente al credo maomettano. In base a quanto disposto dal primo ministro Mahathir Mohamad e dal ministro dell’Interno Muhyiddin Yassin, i rappresentanti religiosi responsabili di “mettere a repentaglio la pace sociale” verranno immediatamente espulsidal territorio nazionale.

A detta dei media locali, il primo predicatore musulmano colpito dalla tolleranza zero dell’esecutivo è Zakir Naik, emigrato dall’India in Malesia nel 2016 e da allora impegnato a tuonare contro le minoranze etnico-religiose dello Stato del sudest asiatico. In particolare, costui si era scagliato più volte contro la comunità cristiana bollandola come “ostile alla convivenza con la maggioranza islamica malese”, nonché contro gli immigrati provenienti proprio dalla sua nazione di origine e dalla Cina. Questi ultimi erano stati da lui ripetutamente definiti “parassiti da cacciare”.

Secondo la stampa di Kuala Lumpur, Naik, contro cui sono stati avviati finora ben 115 procedimenti penali per istigazione all’odio, sarebbe già stato arrestato e, in base alla nuova politica del rigore varata dal premier Mahathir Mohamad, condannato appunto a lasciare coattivamente la Malesia. Il ministro Yassin, commentando ai microfoni delle emittenti locali il “curriculum criminale” del predicatore indiano, ha precisato che vi sarà presto un’“imponente retata” contro i promotori di violenze, finalizzata a liberare lo Stato da leader religiosi “pericolosi per l’ordine pubblico”.

Contro la nuova linea governativa si sono subito schierati i vertici maomettani nazionali, che hanno accusato le istituzioni di “calpestare la libertà di culto e di manifestazione del pensiero”. Ad esempio, Abdul Hadi Awang, presidente del Malaysian Islamic Party (PAS), ha difeso con forza l’operato di Naik, indicando quest’ultimo come un “vero protettore della fede” e biasimando l’esecutivo per celare, dietro le esigenze di salvaguardia della pace sociale, l’intenzione di liberarsi di personalità scomode e impegnate a denunciare i mali dell’immigrazione e del multiculturalismo”.

Soddisfazione per la linea dura di Kuala Lumpur ai danni degli imam radicali è stata al contrario esternata dall’attivista per i diritti umani Syahredzan Johan, che ha commentato con queste parole la svolta del premier Mahathir Mohamad contro i predicatori di odio: “Da oggi in poi, chiunque, appellandosi a un falso concetto di libertà di opinione, promuova violenze e discriminazioni verso le minoranze verrà cacciato all’istante dal Paese.

Finalmente il nostro governo ha smesso di tollerare l’attività criminale di Naik e di tutti gli altri imam che inneggiano alla pulizia etnica in Malaysia”.

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