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Il monaco sopravvissuto cinque mesi alle torture nella prigione jihadista

Frustato con un tubo di gomma e minacciato con un coltello in gola. Il monaco: "Io li perdono"

Il monaco sopravvissuto cinque mesi alle torture nella prigione jihadista

Per mesi ha subito le più atroci torture, verbali e fisiche. Ma padre Jacques ce l'ha fatta: è sopravvissuto in una prigione jihadista in Siria e La Stampa lo ha intervistato, perché raccontasse la sua esperienza.

Padre Jacques Mourad, monaco originario di Aleppo, in Siria, era stato sequestrato il 21 del 2015, portato via dal suo convento di Mar Elian: due ragazzi armati fanno irruzione nel convento e lo trascinano nel cortire insieme a un giovane postulante. Poi li caricano su un'auto e li portano via. Per quattro giorni, il monaco è rimasto sulla macchina, "con le braccia legate e gli occhi bendati. Bruciati dal sole che si schianta contro il finestrino chiuso, e intirizziti dal freddo penetrante della notte". Intanto il viaggio prosegue e ad ogni posto di blocco basta identificarli come "ostaggi cristiani" per avere la certezza che nessuno farà obiezioni, anzi "gli uomini ci sputano addosso". Poi, una notte, l'auto arriva a Raqqa, che era considerata la capitale dello Stato Islamico: "Eccoci nel cuore dell'inferno".

Qui, i due ostaggi hanno passato mesi, rinchiusi in una stanza di 6 metri per 6, con dei bagni e una doccia, dormendo sotto coperte bagnate e vestiti di abiti sporchi di sangue. E, durante la prigionia, non mancavano violenze psicologiche e fisiche. Padre Jacques racconta di essere stato frustato con un tubo di gomma, "di quelli usati per annaffiare": un giorno degli uomini si presentano nella cella chiedendo di lui. "'Chi è il prete?'. 'Sono io'. 'Sei venuto per convertire i musulmani! Girati!'. E cominciano a frustarmi. Il dolore è insostenibile. I tubi schioccano, la schiena mi brucia, la pelle si lacera, e mentre mi colpiscono mi insultano. Vorrei urlare di dolore. Chiudo gli occhi". Poi, dopo venti minuti, la furia delle torture sembra placarsi e "quello che mi frusta prende un coltello e me lo mette alla gola: 'Pentiti!', mi grida. 'Cosa devo dire?'. Silenzio. Poi comincia a contare: 'Uno, due, tre...'. Mai la morte mi è sembrata più vicina. Con un ultimo sforzo, grido la mia preghiera: 'Dio mio, abbi pietà di me!'. Il mio aguzzino mi prende per i capelli, mi sbatte a terra e va via".

Poi, un giorno, arriva il primo barlume di salvezza, a bordo di una Range Rover: "Scendono 5 emiri e il più vecchio prende la parola: 'Siamo i rappresentanti del califfo Bagdadi, per mettervi a parte della decisione che vi concerne'". Il Califfo avrebbe potuto prendere decisioni in merito ai prigionieri: uccidere gli uomini e prendere donne e bambini, ridurre tutti in schiavitù, chiedere un riscatto per la liberazione degli ostaggi, oppure la grazia. In quel caso, il Califfo scelse di risparmiare la vita ai prigionieri, perché "non abbiamo mai voluto combattere contro di loro".

Padre Jacques ora è libero e, nonostante le torture subite e le scene più raccapriccianti mai viste, non prova odio verso i suoi sequestratori: "Ribadisco la scelta radicale che ho fatto nel corso di quei terribili cinque mesi: il perdono"

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