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"Il no di Apple all'Fbi? Una questione di soldi"

L'esperto informatico: "In pericolo non c'è solo la privacy dei cittadini, ma anche il bilancio dell'azienda"

"Il no di Apple all'Fbi? Una questione di soldi"

C'è solo una questione di privacy dietro il continuo "no" di Apple all'Fbi che chiede di sbloccare l'iPhone del killer di San Bernardino? Il tira e molla rischia di arrivare fino alla Corte Suprema. Ma "a pensare male...", insinua l'esperto di sicurezza informatica, Alessandro Curioni.

"Apple lamenta di come il governo federale vorrebbe che un’azienda privata si mettesse al suo servizio per creare di fatto sistema operativo per IPhone, già battezzato GovtOS", fa notare sottolineando che già un'operazione del genere richiederebbe uno o due mesi di lavoro di un staff ad hoc. Inoltre, come riporta il Wall Street Journal, a Cupertino sono arrivate già altre 12 richieste dall'Fbi per interventi simili. "Pensando male e con una grossa semplificazione potremmo iniziare a moltiplicare i mesi di lavoro per il numero di apparecchi", dice Curioni, "Risulta evidente che ci sarebbero decine di tecnici qualificati e stipendiati da Apple al lavoro per il governo. Spingiamoci ancora oltre: in giro per il mondo ci sono milioni di smartphone Apple, differenti per dotazione hardware e software, e la possibilità che siano coinvolti in crimini di varia natura è alta".

Insomma, o scenario potrebbe essere quello di migliaia di richieste di intervento, magari supportate da ingiunzioni delle autorità giudiziarie di mezzo mondo. "A quel punto i costi per l’azienda sarebbero elevatissimi", continua l'esperto, "Potrebbe dunque non essere soltanto una questione di privacy, ma anche di denaro? L’improvvisa solidarietà degli altri colossi delle nuove tecnologie, da Facebook a Google, è così disinteressata oppure vale il vecchio detto Oggi a lui, ma domani potrebbe toccare a me?

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