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Nove giorni di scontri razziali Peggio del caso Rodney King

Prima l'"esecuzione" di un 18enne di colore, poi un altro nero ucciso dai poliziotti (bianchi). A Los Angeles nel '92 la rivolta finì in 5 giorni

Nove giorni di scontri razziali Peggio del caso Rodney King

Il fantasma dei riots di Los Angeles, che nel 1992 misero la città californiana a ferro e fuoco dopo l'assoluzione di quattro poliziotti bianchi per il pestaggio del camionista nero Rodney King, sembrava appartenere al passato. Allora, per cinque giorni, la comunità afroamericana trasformo' la metropoli in un campo di battaglia, con scontri durissimi che provocarono la morte di 55 persone. Oggi, la violenza a sfondo razziale è invece tornata prepotentemente protagonista a Ferguson, in Missouri, da nove giorni teatro di gravi disordini dopo l'uccisione, il nove agosto scorso, del diciottenne di colore Michael Brown, freddato dall'agente Darren Wilson con sei colpi di pistola. Due sere fa i manifestanti hanno lanciato bottiglie e bombe molotov contro le forze dell'ordine: 78 persone sono state arrestate, mentre sei sono rimaste ferite, e la notte scorsa in manette sono finite 47 persone. Nel frattempo, un altro ragazzo afroamericano è stato ucciso dalla polizia a circa dieci km da Ferguson: gli agenti sono intervenuti dopo la segnalazione che un giovane nero di 23 anni brandiva un coltello davanti a un negozio. Secondo quanto riportato dalle autorità ai media statunitensi, i poliziotti gli avrebbero ripetutamente intimato di posare l'arma, ma la vittima agiva in maniera «strana», e avrebbe detto: «sparatemi, uccidetemi». Quando il ragazzo si è trovato a pochi metri di distanza dagli agenti, uno di loro ha fatto fuoco, e il 23 enne è morto sul colpo. Sugli scontri nel sobborgo di St. Louis è intervenuto nuovamente il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale ha affermato che «l'impiego della guardia nazionale a Ferguson deve essere limitato».

«È evidente che una piccola minoranza di persone sta causando disordini, ma il diritto di riunirsi e di parlare liberamente deve essere tutelato - ha aggiunto l'inquilino della Casa Bianca - Non ci sono scuse per l'uso eccessivo della forza da parte della polizia».

E ieri a Ferguson è arrivato anche il ministro della giustizia Usa, Eric Holder, per incontrare gli investigatori dell'Fbi. Holder ha garantito che l'inchiesta sulla morte di Brown sarà «equa e approfondita»: «dal giorno della sua uccisione, la Nazione e il mondo hanno assistito ai disordini che hanno attanagliato Ferguson», ha detto in una lettera aperta ai cittadini.

«Dai manifestanti - ha continuato - prevale la richiesta di risposte sulle circostanze della morte di questo giovane, e un'ampia preoccupazione sullo stato del nostro sistema giudiziario». «Per iniziare il processo di riconciliazione», ha concluso tuttavia, «gli atti di violenza sulle strade della cittadina devono finire». Intanto, da un sondaggio condotto da Gallup prima dell'uccisione del diciottenne di colore, è emerso che la maggioranza dei neri non si fida della polizia. Il 25% degli intervistati non crede in alcun modo negli agenti, il 37% poco e la stessa percentuale, invece, confida pienamente nelle forze dell'ordine.

Tra i bianchi i numeri si invertono: solo il 12% diffida dei poliziotti, il 29% non è del tutto convinto, mentre ben il 59% li sostiene pienamente.

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