Mondo

Papa Francesco strizza l'occhio alla Cina e apre al dialogo

Lunga intervista del Santo Padre ad Asia Times: "Per me la Cina è stata sempre un punto di riferimento di grandezza. Una terra benedetta, piena di saggezza e storia"

Papa Francesco strizza l'occhio alla Cina e apre al dialogo

In un'intervista ad Asia Times Papa Francesco parla della Cina. "Un grande Paese", dice il pontefice, che esorta il mondo a non temere la sua rapida ascesa. Il pontefice si augura invece che il dialogo con l’Occidente rimanga aperto e che la Cina "non perda mai la sua consapevolezza storica di essere un grande popolo, con una grande storia di testimonianza e che ha molto da dare al mondo". Il Papa, che in passato più di una volta ha espresso il desiderio di andare in Cina, in occasione del Capodanno cinese formula "i migliori auguri e saluti al presidente Xi Jinping e a tutti i cinesi", esprimendo la sua ammirazione per il Paese. Nel presentare l’intervista ad Asia Times il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha confermato recenti notizie di stampa sui contatti bilaterali tra Pechino il Vaticano al fine di riallacciare i rapporti diplomatici congelati dal 1951. Lombardi però non è entrato nel dettaglio delle trattative.

"Per me la Cina è sempre stata un punto di riferimento di grandezza. Un grande paese. Ma più che un paese, una grande cultura, con una saggezza inesauribile. Per me, da ragazzo, quando leggevo cose sulla Cina, aveva la capacità di ispirare la mia ammirazione. Ho ammirazione per la Cina". Quando ha sorvolato la Cina, prosegue il Papa, "confesso che mi sentivo molto emozionato, qualcosa che di solito non mi succede. Mi ha commosso di volare su questa grande ricchezza della cultura e della saggezza".

"La paura non è mai una buona consigliera", osserva Bergoglio rispondendo alla domanda sul fatto che la Cina sta uscendo dal proprio ambito creando sfide senza precedenti per se stessa e per il mondo. "La paura non è una buona consigliera - ripete -. Se un padre e una madre sono paurosi quando hanno un figlio adolescente, non sanno bene come comportarsi con lui. In altre parole, non dobbiamo temere le sfide di ogni genere, dal momento che tutti, uomini e donne, hanno in sé la capacità di trovare il modo di coesistenza, di rispetto e di ammirazione reciproca". "Ed è ovvio - prosegue il santo Padre - che tanta cultura e tanta saggezza, e in aggiunta, tanta conoscenza tecnica - pensiamo solo di tecniche mediche secolari - non possono rimanere racchiusi all’interno di un paese; tendono ad espandersi, diffondersi, comunicare". "L’uomo tende a comunicare, una civiltà tende a comunicare - aggiunge il pontefice -. E' evidente che quando la comunicazione avviene in un tono aggressivo per difendere se stessi, poi il risultato sono le guerre. Ma non voglio avere paura. È una grande sfida mantenere l’equilibrio della pace".

Il Papa si sofferma anche sull'Europa, evidenziandone i limiti. E cerca di stimolare la cfreazione di un ponte che unisca Oriente e Occidente."Qui abbiamo 'Nonna Europa', come ho detto a Strasburgo - sottolinea ancora Francesco -. Sembra che non sia più Madre Europa. Spero che sia in grado di recuperare di nuovo quel ruolo. Ed essa riceve da questo paese millenario un contributo sempre più ricco. E così è necessario accettare la sfida e correre il rischio di bilanciare questo scambio per la pace". Secondo Bergoglio "il mondo occidentale, il mondo orientale e la Cina hanno tutti la capacità di mantenere l’equilibrio della pace e la forza per farlo. Dobbiamo trovare il modo, sempre attraverso il dialogo. Non c’è altro modo".

Per il pontefice "l’incontro si ottiene attraverso il dialogo. Il vero equilibrio della pace si realizza attraverso il dialogo. Il dialogo non vuol dire che si finisce con un compromesso, la metà della torta per te e l’altra metà per me. Questo è quello che è successo a Yalta e abbiamo visto i risultati. No - conclude Bergoglio -, il dialogo significa: guarda, abbiamo toccato questo punto, io posso o non posso essere d’accordo, ma camminiamo insieme; questo è ciò che significa costruire. E la torta rimane intera, camminando insieme. La torta è di tutti, è l’umanità, la cultura. Spezzare la torta, come a Yalta, significa dividere l’umanità e la cultura in piccoli pezzi. E la cultura e l’umanità non possono essere frammentati in piccoli pezzi".

Vescovo perseguitato: "Fuori e dentro dal carcere perché consacro preti in Cina"

"La mia vita è parlare di Gesù. Non ho altro da dire e da fare. Tutta la mia vita, ogni giorno, serve solo per parlare di Gesù agli altri. A tutti". A dirlo, in un'intervista alla Stampa, è Julius Jia Zhiguo, 81 anni, a capo della diocesi di Zhengding, nella provincia dell’Hebei, vescovo cosiddetto "clandestino", cioè non riconosciuto dalle autorità del governo cinese. Nella sua testimonianza di perseguitato afferma di aver perso il conto di tutte le volte che è finito in prigione o in residenze "forzate". Chiamato "il vescovo pendolare del carcere", Jia Zhiguo non ricorda quante volte è stato detenuto: "Non ho tenuto il conto. Negli ultimi due anni è accaduto raramente. Ma prima, c’erano periodi in cui venivano a prendermi più di una volta nello stesso mese".

Ma che ha fatto di male Zhiguo? Ha ordinato dei sacerdoti. "Ho ripetuto che questa è la mia vita, il mio lavoro. I preti li ordina il vescovo, e il vescovo sono io, non posso farci niente. Se non li ordino io, non li ordina nessuno. Loro ripetevano: no, tu non sei vescovo, non hai l’approvazione del governo. E allora io rispondevo: ma sì che sono vescovo. Abbiamo continuato a ripetere queste cose a lungo. Ma senza litigare, senza agitarsi, parlando con tranquillità. Alla fine mi hanno riportato a casa. Siamo rimasti in pace". Ma il fuori e dentro dal carcere va avanti da tempo. Troppo tempo.

Sul fatto che Francesco ha detto di voler dialogare con Pechino, il vescovo cinese commenta: "Come inizio è una cosa ottima. Poi bisognerà guardare ai fatti, oltre alle parole. Ma vedersi e parlare è meglio che non vedersi, perché solo vedendosi e parlandosi si possono affrontare i problemi". E se la Santa Sede va avanti in questo dialogo con il governo, come reagiranno i cattolici cinesi? "Ci fidiamo del Papa - dice il presule cinese -, è il successore di Pietro. Abbiamo fiducia nel Signore che sostiene e guida la sua Chiesa, e ci affidiamo a lui. Sono tanti anni che si parla di come risolvere questo problema. È una questione complessa, ma tutto è nelle mani di Dio e noi siamo tranquilli.

Sappiamo che il Papa non rinuncerà alle cose essenziali che fanno parte della natura della Chiesa".

Commenti