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Il Papa è arrivato in Kenya: "Terrorismo nasce dalla paura"

Questa mattina, prima della partenza, il Pontefice ha incontrato presso la Domus Santa Marta 11 donne e 6 bambini, vittime di violenza domestica e tratta della prostituzione

Il Papa è arrivato in Kenya: "Terrorismo nasce dalla paura"

In Kenya, dove è appena atterrato, Uganda e Repubblica Centrafricana come messaggero di pace. È il viaggio che ha intrapreso oggi Papa Francesco, nonostante i rischi e i timori. Da più parti sono arrivati avvertimenti al pontefice, soprattutto sull'ultima tappa di Bangui, ma per il momento sembra che il viaggio non subirà alcun cambiamento neanche dopo gli attacchi di Parigi e l'allerta a Bruxelles.

Per Papa Francesco è la prima volta in Africa, anche al di fuori del suo pontificato, e non intende rinunciare. Bergoglio ha inviato messaggi ai tre Paesi che visiterà, spiegando di voler promuovere la comprensione e il rispetto fra i popoli. Un pensiero in particolare per la popolazione del Centrafrica, il cui Paese "è attraversato da troppo tempo ormai da una situazione di violenza ed insicurezza delle quali molti tra voi sono vittime innocenti".

La tappa più a rischio nel viaggio di sei giorni, è l'ultima: quella di Bangui, in Repubblica Centrafricana. Il Paese è attraversato da una profonda instabilità e la capitale è considerata insicura a causa della guerra civile in corso e degli scontri religiosi. Inoltre il mese prossimo sono previste le elezioni presidenziali, ulteriore elemento di instabilità, che hanno come obiettivo la chiusura di questa frase di transizione che dura da due anni. Gli 007 francesi hanno ancora una volta avvertito il Vaticano del rischio altissimo a cui si espone il Pontefice. A maggior ragione dopo aver deciso di anticipare l'inizio del Giubileo della Misericordia proprio nella cattedrale di Bangui, aprendo la Porta Santa il 29 novembre, una settimana prima rispetto a quella di San Pietro che verrà aperta l'8 dicembre. Una cosa del genere non è mai accaduta nella storia.

E proprio per questo a Bangui confluiranno pellegrini da molte delle nazioni vicine creando ancora maggiori problemi alla sicurezza. Ma anche in Kenya la situazione è delicata. Basta ricordare l'attacco all'università di Garissa ad aprile scorso, quando 148 studenti furono uccisi da estremisti islamici del gruppo Al-Shabaab. E tra i momenti più critici della tappa kenyota sembra esserci la Messa celebrata nel campus universitario di Nairobi, dove grazie a due grandi parchi adiacenti le persone presenti potrebbero arrivare al milione.

Le tappe in Uganda sembrano essere invece quelle meno problematiche sotto il punto di vista della sicurezza. Durante il viaggio Papa Francesco ha scelto di utilizzare la papabile scoperta e di non indossare il giubbotto antiproiettile.

Francesco, però, non teme questo viaggio e ha deciso di non cambiare, per il momento, di una virgola il suo programma. "Desidererei sostenere il dialogo interreligioso - ha detto nel messaggio inviato alla Repubblica Centrafricana - per incoraggiare la pacifica convivenza nel vostro Paese: so che questo è possibile, perché siamo tutti fratelli". E così Bergoglio ha deciso di raggiungere il maggior numero di persone possibile con i suoi discorsi utilizzando lingue diverse a seconda delle occasioni. Inglese, spagnolo, francese e italiano verranno usate in momenti diversi in modo da essere compreso al meglio da chi lo ascolterà.

Salutando i giornalisti a bordo dell'aereo che lo porterà in Kenya, il Papa ha detto: "Buongiorno, voglio salutarvi e ringraziarvi per la vostra presenza e il vostro lavoro in questo viaggio. Vado con gioia a trovare kenyani, ugandesi e i fratelli della Repubblica Centrafricana. Vi ringrazio per tutto quello che farete perché questo viaggio dia i frutti migliori, che siano spirituali o materiali" Dopo il consueto giro tra i giornalisti, durante il quale ha scambiato qualche parola con ognuno, ha ripreso la parola e ha detto: "buon viaggio e a ritrovarci tutti al ritorno".

"Mungu abariki Kenya!". Con questa esclamazione, che si traduce "Dio benedica il Kenya!", Papa Francesco che ha messo oggi per la prma volta piede in Africa, dove non era mai stato nemmeno prima dell'elezione del 13 marzo 2013, ha concluso il discorso rivolto alle autorità del Kenya e al Corpo Diplomatico accreditato a Nairobi.

"Il Kenya - ha affermato - è una nazione giovane e vigorosa, una comunità con ricche diversità, che interpreta un ruolo significativo nella regione. Ed è anche una nazione di giovani. In questi giorni, mi aspetto di incontrarne molti e di parlare con loro, al fine di incoraggiarne le speranze e le attese per il futuro".

Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, che lo ha ricevuto nel pomeriggio alla State House di Nairobi gli ha chiesto di appoggiare il cammino della democrazia in Kenya. "La sua presenza - ha detto al Papa -incoraggia i nostri sforzi contro la corruzione e il terrorismo, per l'unità e la comprensione tra le etnie, le razze e le nazioni che scaturiscono da un potente desiderio di dignità" dopo gli anni trascorsi "su strade sbagiate", tra le quali Kenyatta ha citato il colonialismo.

E Bergoglio non si è tirato indietro: "La violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano - ha denunciato - con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione". Secondo Francesco, "la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità dev'essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e ne danno coerente testimonianza".

L'altro tema forte affrontato fin dall'inizio del suo viaggio è stato quello dell'ambiente, messo a rischio dall'uomo. "La grave crisi ambientale che ci sta dinnanzi esige - ha affermato - una sempre maggiore sensibilità nei riguardi del rapporto tra gli esseri umani e la natura. E vi è un chiaro legame tra la protezione della natura e l'edificazione di un ordine sociale giusto ed equo".

"Non vi può essere - ha sottolineato richiamando quanto ha scritto nella sua enciclica "Laudato si" - un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell'umanità stessa". Insieme a Kenyatta, Francesco ha piantato un ulivo nel giardino della residenza presidenziale, dove ha avuto luogo la cerimonia di benvenuto.

Dopo l'esecuzione degli inni, gli onori militari e la presentazione delle rispettive delegazioni, il Papa e il presidente hanno avuto un breve colloquio, al quale ha fatto seguito la firma del Libro d'Oro.

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