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Quanto costa al Cremlino la guerra in Siria

Low cost, a tempo indeterminato, redditizia, e soprattutto dimostrativa. Secondo il gruppo Ihs Janes la “campagna di Damasco” costerebbe dai 2,3 ai 4 milioni di dollari al giorno, e facendo una media di tutte le stime disponibili, la spesa vale il 2-4 per cento del budget militare ufficiale annuo della Russia

Quanto costa al Cremlino la guerra in Siria

Nell’agenda setting giornalistica la guerra in Siria appoggiata dall’aviazione russa ricopre un ruolo primario, eppure sappiamo molto poco dei suoi costi militari effettivi. Com’è stato annunciato ieri dal generale Andrei Kartapolov, dello Stato Maggiore russo, dal 30 settembre, giorno in cui la Duma si è detta favorevole ai bombardamenti, ad oggi sono stati eseguiti 1.631 raid i quali avrebbero distrutto 2.084 obiettivi del sedicente Stato islamico e del Fronte al Nusra. Partendo da queste cifre il gurppo d'informazione Ihs Janes ha realizzato uno studio rigoroso ripreso dalla rivista The Economist nel quale sono state calcolate tutte le spese della missione nell’arco di circa un mese.

Molti analisti hanno paragonato la guerra in Siria con quella in Afghanistan del 1979. Allora l’Unione Sovietica aveva liquidità, i prezzi del petrolio erano alti, e i proventi delle esportazioni di greggio potevano essere incanalati nel bilancio militare. Oggi la situazione economica è diametralmente opposta: la Russia è sotto le sanzioni economiche dei Paesi occidentali, il prezzo del petrolio è basso, e la crisi fiscale infierisce sulle finanze pubbliche già danneggiate dai primi due fattori. Eppure dai dati forniti dal The Economist emerge questa sintesi: la guerra dei russi può essere considerata “low cost”, “a tempo indeterminato” e in una certa misura anche “redditizia”.

A volare nei cieli siriani nelle ultime tre settimane si calcolano quotidianamente circa 36 aerei da guerra e 20 elicotteri d’attacco. Il volo di ogni aereo da guerra ha un costo di 12mila dollari l’ora, mentre gli elicotteri di 3mila. Se si considera che i bombardamenti aerei necessitano di un volo di 90 minuti al giorno in media, e quelli degli elicotteri circa un’ora, si arriva ad una spesa totale di 710mila dollari ogni 24 ore. Questa cifra va poi addizionata ai 750mila dollari di munizioni (bombe, razzi e proiettili) che quotidianamente vengono rilasciate sul campo. Il basso costo è dovuto principalmente al fatto che il Cremlino sta facendo affidamento su bombe di epoca sovietica – lo stock di queste è praticamente “illimitato” – piuttosto che a quelle di ultima generazione (la principale bomba utilizzata sarebbe il Kab-500, in servizio dal 1976). A questa somma vanno aggiunti i costi del personale militare (intorno ai 440mila dollari al giorno), della manutenzione delle navi nel Mediterraneo (200mila al giorno) ed infine del supporto logistico e ingegneristico legato alla raccolta di informazioni e alla comunicazione (250mila giorno). Secondo Ihs Janes la “campagna di Damasco” costerebbe dunque dai 2,3 ai 4 milioni di dollari al giorno, e facendo una media di tutte le stime disponibili, la spesa vale il 2-4 per cento del budget militare ufficiale annuo della Russia. Secondo l’ex ministro delle Finanze, Aleksei Kudrin, Mosca spende molto meno di quanto ha speso in Ucraina, e spende ancor meno degli americani che, secondo i dati del Pentagono, spendono circa 10 milioni di dollari al giorno.

Il costo della guerra in Siria va considerato anche come un investimento per il Cremlino. In termini non tangibili l’intervento militare va di pari passo con la coesione sociale, l’orgoglio nazionale del popolo russo ed il consenso politico nei confronti di Vladimir Putin. Anche sul piano mediatico e dell’immaginario questo appare per ora come un successo: non solo il Paese è quotidianamente in cima all’agenda setting di giornali e televisioni, ma in più si mostra agli occhi del mondo come una superpotenza in grado di combattere da sola il terrorismo internazionale. Sul piano economico-militare invece la Russia ha potuto testare in battaglia le nuove attrezzature del suo arsenale bellico (i carri armati T-90 e Terminator, i cacciabombardieri Sukhoi Su-34 o ancora gli elicotteri blindati Mi-28) fornendo allo stesso tempo una chiara esibizione ai futuri potenziali acquirenti in Medio Oriente. Low cost, a tempo indeterminato, redditizia, e soprattutto dimostrativa. Sono finiti i tempi indecorosi non appena crollata l’Unione Sovietica.

La Russia è tornata.

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