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Regeni, l'appello della famiglia a chi indaga. "Non tornate senza la verità"

La famiglia chiede agli inquirenti di fare chiarezza su quanto successo in Egitto. "Piena fiducia, ma vogliamo sapere"

Manifestazione per chiedere giustizia per Regeni a Roma
Manifestazione per chiedere giustizia per Regeni a Roma

Per giorni sono stati in silenzio, mentre al Cairo continuavano le indagini. Ora quel silenzio la famiglia Regeni lo ha spezzato, per lanciare un altro accorato appello perché nessuno si scordi di Giulio, il figlio 28enne di Paola e Claudio, fatto sparire e ucciso al Cairo, ritrovato con sul corpo i segni della tortura.

Giulio Regeni era in Egitto per studiare, ricercatore dell'Università di Cambridge e in contatto con l'Università americana al Cairo. "Era molto soddisfatto della sua ricerca", ricorda la madre in un'intervista a Repubblica, parlando dell'ultima conversazione su Skype, il 24 gennaio, prima che lui sparisse nell'anniversario della rivoluzione.

Tre giorni dopo l'annuncio della sua scomparsa, dalla voce del console al Cairo, Alessandra Tognolato. "Non ritenevamo l'Egitto più pericoloso di tanti altri Paesi", spiega la madre 57enne, insegnante in pensione. "E per altro era la terza volta" che Giulio andava al Cairo, per studiare una realtà, quella dei sindacati indipendenti, che aveva imparato a conoscere bene.

È stato dopo la notiza della scomparsa di Giulio che la famiglia è arrivata al Cairo. Dall'Egitto è tornata giorni dopo, insieme alla salma di Giulio. "Abbiamo molta fiducia nelle nostre forze di polizia, nel pm Sergio Colaiocco", che ha in mano le indagini, assicurano i Regeni.

Ma rivolgono alle autorità anche un appello: "Che i nostri investigatori al Cairo ritornino in Italia solo quando sarà stata fatta completa chiarezza".

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