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Siria, il Papa scrive ad Assad: "Fermare la catastrofe umanitaria"

Nella lettera del pontefice l'appello al presidente siriano Bashar al Assad per mettere fine ai combattimenti ad Idlib. Parolin: "Il Papa segue con apprensione la sorte delle popolazioni civili"

Siria, il Papa scrive ad Assad: "Fermare la catastrofe umanitaria"

“Riconciliazione”. È questa la parola chiave che ricorre per ben tre volte nella lettera consegnata stamattina a Damasco dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, accompagnato dal Nunzio Apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari, nelle mani del presidente siriano Bashar al Assad. Una missiva che porta la firma di Papa Francesco e che contiene l’appello del pontefice per mettere fine al conflitto nel Paese, mentre da quasi tre mesi infuriano i combattimenti nell'ultima roccaforte dei miliziani anti-governativi.

"All'origine di questa nuova iniziativa – spiega il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, in un’intervista al direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli - c'è la preoccupazione della Santa Sede per la situazione di emergenza umanitaria in Siria, in particolare nella provincia di Idlib”. “Nell'area vivono più di 3 milioni di persone, di cui 1.3 milioni di sfollati interni, costretti dal lungo conflitto in Siria a trovare rifugio proprio in quella zona che era stata dichiarata demilitarizzata l'anno scorso”, rimarca il cardinale, svelando il contenuto del documento in cui Papa Francesco “rinnova il suo appello perché venga protetta la vita dei civili e siano preservate le principali infrastrutture, come scuole, ospedali e strutture sanitarie”.

"La recente offensiva militare si è aggiunta alle già estreme condizioni di vita che hanno dovuto sopportare nei campi, costringendo molti di loro a fuggire", viene sottolineato nel messaggio al presidente siriano, dove il Papa afferma di seguire "con apprensione e con grande dolore la sorte drammatica delle popolazioni civili, soprattutto dei bambini che sono coinvolti nei sanguinosi combattimenti". L’urgenza, dunque, per il Vaticano, è “fermare la catastrofe umanitaria” e “salvaguardare la popolazione inerme” nel rispetto del “diritto internazionale”. Ma c’è anche un messaggio politico, perché il governo siriano possa “compiere gesti significativi in questo quanto mai urgente processo di riconciliazione”. Il Papa li elenca uno ad uno: porre “le condizioni per un rientro in sicurezza degli esuli e degli sfollati interni”, e permettere “il rilascio dei detenuti e l'accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari".

“Siamo preoccupati per lo stallo del processo dei negoziati, soprattutto quello di Ginevra, per una soluzione politica della crisi – ribadisce il porporato - per questo nella lettera inviata al presidente Assad il Santo Padre lo incoraggia a mostrare buona volontà e ad adoperarsi per cercare soluzioni praticabili ponendo fine a un conflitto che dura da troppo tempo e che ha provocato la perdita di un gran numero di vite innocenti". “A papa Francesco sta particolarmente a cuore la situazione dei prigionieri politici, ai quali non si possono negare condizioni di umanità”, riferisce ancora Parolin, citando una relazione dell’Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic che nel 2018 ha documentato i casi di “decine di migliaia di persone detenute arbitrariamente” in “carceri non ufficiali e in luoghi sconosciuti”, dove “subirebbero diverse forme di tortura senza avere alcuna assistenza legale né contatto con le loro famiglie”.

Dallo scorso aprile la provincia di Idlib, nel nord ovest del Paese, è assediata dalle forze governative che stanno tentando di strappare l’area alle forze ribelli e ai gruppi qaedisti. Il bilancio finora, secondo i dati delle Nazioni Unite, è di "oltre 350 civili uccisi e 330 mila persone sfollate". “Dal primo luglio, almeno sei strutture sanitarie, cinque scuole, tre stazioni idriche, due panifici e un'ambulanza sono stati danneggiati o distrutti”, ha reso noto il capo del coordinamento degli aiuti umanitari, Mark Lowcock. Anche l’Unicef ieri ha denunciato il danneggiamento di almeno otto impianti idrici nel giro di due mesi. Il risultato, secondo l’organizzazione, è che quasi 250mila persone ora si trovano senza acqua.

Ed è di oggi l'ultima strage: almeno 18 persone, tra cui sette bambini, sono morti in un raid governativo nell’area in mano al gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham.

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