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Stato islamico: "Come dovrebbe vestirsi una donna"

La casa editrice Maktabah al-Himmah, canale satellite dello Stato islamico, ha diffuso sulla rete un nuovo vademecum per le donne

Stato islamico: "Come dovrebbe vestirsi una donna"

Lo Stato islamico ha diffuso sulla rete un nuovo codice di abbigliamento per le donne. La guida è stata realizzato dalla casa editrice Maktabah al-Himmah, canale satellite dello Stato islamico, specializzata nella produzione di brevi opuscoletti solitamente scritti in arabo.

Stato islamico: “Conditions for a correct Hijab”

Tecnicamente parlando, quello immortalato nell'opuscolo non è un hijab, ma un burqa di cui non esiste traccia alcuna nel Corano. Tuttavia lo Stato islamico intende la parola hijab nella sua definizione originale intesa come qualcosa che debba nascondere o rendere invisibile all’esterno. Il concetto di hijab per lo Stato islamico va inteso come annullamento totale. Le sette regole definiscono chiaramente il ruolo della donna nella società ideale dello Stato islamico. E’ la quintessenza della sudditanza femminile. Si tratta di una riposta (seppur di qualità molto inferiore) a Beutuki, il magazine di al Qaeda dedicato alle donne. Quei fiori sullo sfondo della guida pubblicata poche ore fa dallo Stato islamico si ispirano proprio alla produzione di al Qaeda. Si tratta di un tranello psicologico: il colore dei fiori sullo sfondo è il medesimo scelto per il carattere delle norme.

Ai terroristi non interessa proprio nulla dell'abbigliamento: Loro unico scopo è annullare la donna, relegandola ad oggetto domestico di consumo.

Leggiamo il codice di abbigliamento

L’hijab deve essere ovviamente di stoffa pesante e non trasparente, largo e non attillato. Deve coprire l'intero corpo. Il “vestito” non deve fare risaltare nulla o essere simile all'abbigliamento delle donne occidentali o degli uomini. Essendo un “vestito” concepito per non attirare sguardi indiscreti, non è necessario che profumi.

Il ruolo delle madri nella storia dell’Islam

La storia dell'Islam è contraddistinta da donne forti, ma lo Stato islamico ed al Qaeda le ignorano del tutto. Nusaybah bint Ka'ab, eroina del mondo musulmano, combatté in diverse battaglie, ma viene ricordata particolarmente per aver difeso il profeta Maometto nella battaglia di Uhud riportando dodici ferite. In numerosi testi è ricordata come “la guerriera che andò in battaglia quando molti fuggirono”.

La rosa di al Qaeda

La rosa è solitamente utilizzata come metafora letteraria della perfezione, della bellezza e dell'unicità. Nella cultura araba può raffigurare l'amato (mondano o spirituale), il principe o il Profeta. Nell'immaginario della poesia persiana, ad esempio, alla rosa è associata la figura dell’usignolo. Rosa e usignolo rappresentano gli amanti per eccellenza: La rosa è bella, orgogliosa e spesso crudele (possiede le spine), mentre l'usignolo canta senza fine mostrando eterna devozione. Si tratta di una metafora che rappresenta l'amore spirituale e terreno, il desiderio dell’anima di unirsi a Dio.

Fin dal primo numero Beituki, magazine di al Qaeda, ci aveva abituato ad una grafica smielata, con rubriche impreziosite da cuoricini ed ali. Decorazioni rimosse per la prima volta nell'ottavo numero pubblicato lo scorso luglio. Così come avvenuto nel quarto numero di al-Haqiqa, nell'ottava uscita di Beituki l'impostazione grafica ed i contenuti sono stati ricalibrati. Le nuove impostazioni grafiche adottate per Beituki (fiori e rose) sono state rese più sobrie, ma calibrate per il pubblico di riferimento.

Si tratta di un'esigenza operativa. Cuoricini ed ali sono certamente elementi di un contesto romantico universalmente riconosciuto, ma potrebbero instillare dei pensieri di libertà non consoni con l'idea di donna di al Qaeda. La copertina dell'ottavo numero, ad esempio, era dedicata alla “Rosa della casa”. Fiori e rose che ritroviamo in maniera opprimente quasi in ogni pagina del nono numero diffuso il 13 settembre scorso. Rosa che ritroviamo singolarmente a pagina cinque del decimo numero di Beituki. E' un subdolo stratagemma. Una rosa per crescere necessita di acqua e sole (la fede, “poiché senza acqua anche il fiore più bello appassisce”), ma non dovrà mai abbandonare il luogo (la casa ed il suo destino) dove è stato piantato. In quella rosa vi è l'intera visione della donna per al Qaeda ed il suo grado di appartenenza ed importanza nella scala gerarchica familiare. E’ il concetto del paradiso sulla terra, espresso fin dal primo numero di Beituki e costantemente riproposto seppur con diverse sfumature.

Il ruolo della donna nello Stato islamico: le differenze con al Qaeda

Negli ultimi numeri della defunta Rumiyah, gli autori dedicarono ampio spazio alle donne. Nell’approfondimento La donna, pastore nella casa dell’uomo e responsabile del suo gregge contenuto nel nono numero di Rumiyah, gli autori ricordano la benedizione ricevuta nel vivere e crescere nello Stato islamico. Il titolo tradisce il reale contenuto. Si colloca nella narrativa apocalittica.

“Ogni donna a cui Allah ha concesso la benedizione di nascere nello Stato islamico, dovrebbe trarre vantaggio da questa grazia eccezionale, non concessa a molte altre. Le donne dovranno impegnarsi nel crescere i propri figli nel modo a cui piace al loro Signore ed a beneficio della Nazione islamica. La prima cosa che la donna musulmana dovrà insegnare ai propri figli è la frase della testimonianza suprema: Non c'è dio al di fuori di Allah, Muhammad è il Messaggero di Allah. Subito dopo dovrà insegnare al bimbo i tre principi: Chi è il tuo Signore? Qual è la tua religione? Chi è il tuo Profeta?. Sono domande che dovranno stabilire la creazione dei suoni puri (non blasfemi) per il bambino, schiavo di Allah. Il Creatore dovrà essere temuto, mentre il bimbo dovrà capire che sarà sempre osservato. Prima di dormire, dovrà dire:Allah mi è testimone, Allah mi vede, Allah è con me. La grazia più grande che una donna possa ricevere, è quella di avere figli da crescere con un marito mujahide. Cresceranno abituati a vedere armi ed attrezzature”.

Inizia un raro passaggio, molto tecnico. In realtà il significato di tale testo andrebbe profondamente tradotto poiché non va interpretato in senso letterale.

“Fucili d’assalto e di precisione. Indumenti tattici, proiettili, granate e cinture esplosive. Sono disponibili diversi video che spiegano con sequenze semplici il loro letale utilizzo. Il cucciolo di Leone, per l’amore della Jihad e con l’affetto del mujahidin, coltiverà l’odio verso i nemici. A chi critica le donne di aver distrutto l’infanzia e l’innocenza dei propri figli, rispondiamo che è l’onore più grande è quello di lottare davanti ad Allah”.

Il leone è diventato un motivo chiave nella propaganda jihadista come simbolo di onore o per designare un martire, alla stregua dei messaggi in presenza di uccelli verdi. Il leone è una figura importante per l'arte e la cultura islamica. Evoca doti di coraggio, forza e valore. Secondo la tradizione islamica, la frase “il leone giacerà con l'agnello” è utilizzata per descrivere la pace escatologica che sarà costituita sotto un sovrano giusto e degno nel giorno del giudizio.

La donna, pastore nella casa dell’uomo e responsabile del suo gregge pubblicato su Rumiyah, ricorda quello delle fiabe. Da rilevare che i racconti fanno parte dell’educazione fin da quando il narratore delle comunità tribali raccontava la sera le gesta degli eroi del passato con riferimenti al Corano. E’ una precisa tecnica per un target specifico.

Toni forti nell’approfondimento Siate un sopporto non un ramo secco del decimo numero di Rumiyah, si analizzano le paure ed i timori di coloro che tradiscono la causa e offendono Dio. E’ un monito al nucleo familiare e di riflesso all’intero collegio musulmano. Nessuno può abbandonare la strada rivelata ed imposta da Dio.

“In guerra le tribolazioni e le difficoltà abbondano. Le preoccupazioni aumentano ed attanagliano i cuori. Alcuni non perdono la Strada grazie ad Allah attraverso i loro iman, mentre altri periscono smarrendo la via. Tornano indietro, rinnegano la propria religione e tradiscono i fratelli. Invece di portare la sconfitta nei cuori dei nemici, la diffondono nel collegio musulmano. Essi spaventano i musulmani e li invitano a non combattere. E’ una pratica diffusa tra i deboli: iman, uomini e donne. La fine per questi uomini è già stata discussa, mentre le donne saranno colpite da calamità perché infettano con la loro lingua le loro case, il proprio marito ed i bambini. Le notizie false provocano confusioni e disorientano. Quanti diffondono le voci che indeboliscono i cuori, dovranno chiedere perdono ad Allah, ammettendo la propria colpa. Se cercate aiuto, lo troverete. Se sarete puniti è allora questo ciò Allah ha disposto. La donna musulmana non deve vacillare, ma essere sentinella e baluardo contro le falsità. Niente dovrà far vacillare il sostegno ad Allah, non importa quanto possano essere i suoi nemici”.

Nell’approfondimento Il viaggio nel sentiero spinoso contenuto nell'undicesimo numero di Rumiyah, si ribadisce che la scelta della jihad è un percorso di fede senza compromessi, nell’osservanza degli obblighi rituali di natura giuridica e politica e delle prescrizioni che regolano la conduzione della guerra santa. E’ dedicato alle sorelle che hanno avuto la fortuna di vivere nello Stato islamico.

“È giunto il momento di distinguere e separare le verità dalle bugie, i giusti dai malvagi, i credenti dagli ipocriti. Separare coloro che sono fermi nella loro fede da quanti perdono la speranza e si disperano. Quanti rimarranno giusti nella via testimonieranno la vittoria finale. Invito le nostre sorelle che hanno ricevuto la grazia di vivere nello Stato islamico di essere paziente e continuare a credere. Lungo il nostro viaggio dovremo affrontare e superare prove e difficoltà. Il sentiero di spine che stiamo solcando non è la fine, ma solo l’inizio che ci porterà alla vittoria finale. Siamo pronti a soffrire? Le nostre anime sono pronte al sacrificio supremo per il bene supremo? Saremo saldi in questo percorso di fede? Non esiste sentiero di spine che non può essere percorso, nè tragitto migliore per dimostrare la nostra fedeltà. Mie amate sorelle, i vostri ruoli e le vostre responsabilità non sono finite, ma aumentate. E’ giunto il momento di risvegliarci dal sonno di inosservanza e dirigerci i nostri reali obiettivi”.

Il vero significato di Beituki: rivisto il concetto di libertà

Al-Haqiqa e Beituki sono due nuovi strumenti di propaganda plasmati sul moderno contesto internazionale e sulle mutate esigenze di al Qaeda: colmano le lacune della letteratura dello Stato islamico, ormai concentrato su al-Naba. E’ un approccio certamente diverso da quello adottato per Inspire o Rumiya, intesi come veri e propri manuali di guerra. Mutati contesti operativi impongono una diversa letteratura di supporto. Al Qaeda apporta costantemente delle intelligenti calibrazioni per Beituki come avvenuto nell’undicesimo numero pubblicato il primo novembre scorso. Rubriche e grafica che avrebbero potuto instillare sentimenti contrastanti nelle lettrici sono state rimosse al posto di inserti immediatamente riconoscibili e difficilmente interpretabili. Il concetto di libertà per la donna di al Qaeda è stato strategicamente rivisto dal decimo numero di Beituki. Rimossi i riferimenti storici (distorti) presenti nei primi nove numeri. La storia è conoscenza. La conoscenza suscita la ricerca: al Qaeda non vuole questo tipo di donna. L’undicesimo numero mantiene un semplice ed immediato stile linguistico, il medesimo che avevamo identificato nei numeri precedenti, ma è un’opera molto sempre più matura e raffinata. Si pone tra le opere di propaganda dell'intero panorama jihadista meglio curate degli ultimi mesi. E' certamente opera di uno o più professionisti, probabilmente i medesimi dietro al-Haqiqa (l'ultimo numero è stato dedicato alla resistenza dietro il ricordo di Bin Laden).

L'indice di Beituki: Mai cambiato fin dal primo numero

Il valore di Beituki non andrebbe sottovalutato. E' certamente uno strumento per la propaganda interna (non è stato mai tradotto in inglese) strutturato sulla visione conservatrice di al Qaeda della donna. Ad esempio l'indice utilizzato fin dal primo numero. Il fine è evidente: identificare la lettrice. Degli otto personaggi presenti nell'artwork, soltanto la donna è collocata al centro. La lettrice deve identificare se stessa. Quella che sembra una foto di famiglia non deve trarre in inganno: la donna è in ginocchio non a beneficio del contesto virtuale, ma in segno di sottomissione. La donna è al servizio della causa jihadista: servire il marito, accudire i figli ed abituarli alla purezza del suono.

La centralità della sua posizione non deve trarre in inganno: è un subdolo riferimento al suo ruolo confinato tra mura, figli e marito.

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