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Terrorismo, si invoca il modello israeliano ma l'Europa non sarebbe pronta

Svanita l’onda emotiva, gli europei ritorneranno a guardare il modello anti-terrorismo di Israele come esagerato e lesivo per la loro libertà

Terrorismo, si invoca il modello israeliano ma l'Europa non sarebbe pronta

Adottare il modello israeliano per combattere il terrorismo. Così come avviene dopo ogni tragedia, si ritorna a pensare ai protocolli di sicurezza attivi in Israele per contrastare la nuova ondata di terrore che sta colpendo le metropoli d’Europa. Ma quanto potrebbe essere davvero imponibile il modello israeliano? gli europei sarebbero pronti?

L'approccio israeliano al terrorismo

Per molti israeliani, le immagini raccapriccianti di un camion che falcia la folla indifesa, è una visione drammaticamente familiare. Una delle tattiche palestinesi per colpire gli ebrei è proprio quella della car intifada: mezzi lanciati a tutta velocità sui civili. Una tecnica poi ottimizzata e diretta contro le fermate degli autobus, adesso corazzate con mura in cemento armato. L’Europa conosce oggi la paura di convivere con il terrorismo, ma in Israele questo avviene da decenni: dai dirottamenti degli anni ‘70, ai kamikaze del 2000 fino alle cellule solitarie. Il problema è che in Israele, l’approccio contro tali minacce è nettamente diverso da quello propinato in Europa. Sul fronte esterno, l'intero paese è costruito per combattere, resistere e vincere delle guerre lampo, non di certo un conflitto di logoramento. Sul fronte interno i cittadini hanno acconsentito a quello che in Europa verrebbe visto come un ossessivo ed intrusivo livello di sicurezza. La popolazione ad esempio: è stata abituata a convivere con il terrorismo, entrato a far parte della routine quotidiana. Chiunque sia mai stato in Israele, sa che i principali luoghi di ritrovo come le strutture pubbliche sono sorvegliate da personale armato e metal detector nei punti di accesso. I controlli individuali sono la norma. Centri commerciali, cinema, locali notturni, ristoranti e palestre aggiungono un supplemento nel ticket per sovvenzionare il personale armato all’entrata. Centinaia di soldati sono sempre dispiegati per proteggere i mezzi di trasporto pubblico a Gerusalemme. Non è raro, in Israele, la vista di mezzi corazzati, carri armati compresi, a protezione dei perimetri durante le principali manifestazioni pubbliche. Gli aeroporti sono sempre in stato di allerta con delle misure di sicurezza che in Europa sarebbero viste come eccezionali o esagerate.

La sicurezza in un aeroporto X

Negli aeroporti sono solitamente indicate tre zone. Quella destinate alle attività di volo, con aerei e strutture logistiche, rientrano nella zona definita airside. Per raggiungere quest’ultima bisogna superare i perimetri della zona landside, strutture di terra all’interno dell’aeroporto. Le landside hanno il compito di filtrare i passeggeri nelle zone definite sterili. Le tre micro-aree, rientrano nella macro area che corrisponde all’aeroporto intesa come struttura principale. La altre aree, come il parcheggio della zona arrivi o partenze, solitamente non sono schermate. In alcuni casi è presente una rete di telecamere, ma le difese proattive sono solitamente collocate soltanto nelle micro aree. La vulnerabilità delle aree di arrivo e partenza è un dato di fatto, ma non è l’unico problema alla sicurezza. Il principale ostacolo è intercettare la minaccia prima che possa raggiungere i terminal, anche se una volta raggiunto l’aeroporto potrebbe essere troppo tardi per fermare un attacco. Si pone, quindi, il dilemma del tipo di sistema di protezione (e le sue pertinenze), che dovrebbe essere adottato sia per intercettare preventivamente una minaccia che per contrastarla una volta attivata. Procedure che andrebbero gestite in modo non prevedibile, ottimizzando le tecniche di analisi comportamentale. Posto che l’attentato non è geno-specifico, si dovrebbero attuare delle analisi comportamentali indicative di una particolare atteggiamento, sintomo predittivo di un’azione dannosa. Questo da solo non servirebbe se non venisse inserito in una combinazione di misure a più livelli. Non avrebbe alcun senso, infatti, potenziare i controlli ad un parcheggio di un aeroporto (che diventerebbero di riflesso bersagli) e non creare dei punti di controllo nelle aree pubbliche per i terminal, come i treni ad esempio, ed unità cinofile schierate in svariati punti. Il primo nemico dei terroristi è proprio il cane addestrato: sia per le sue capacità olfattive che per le loro reazioni non prevedibili. Un liquido non è una minaccia. La persona è la minaccia.

Aeroporto di Tel Aviv Ben Gurion

Tutti i veicoli in entrata sono controllati con un sensore di peso, raggi x e scansione, mentre le guardie armate scambiano qualche parola con gli occupanti per valutare umore ed intenzioni protetti a distanza dai cecchini. Le unità cinofile sono ovunque. Squadre armate pattugliano l’intero perimetro esterno con sistemi ridondanti di videosorveglianza occultati. Nell’asset Counter-IED svariati robot. Se qualcuno entra con atteggiamento sospetto, viene subito avvicinato ed impegnato in una conversazione. I passeggeri in partenza scambiano qualche parola con il personale di sicurezza altamente qualificato prima di arrivare al banco del check-in. Si applicano i protocolli in base alla profilazione razziale con supporto (occultato) digitale. Tutti i bagagli in stiva passano da una camera di pressione per attivare eventuali dispositivi esplosivi. L'aeroporto di Ben Gurion non appalta la propria sicurezza a società private: il personale specializzato proviene esclusivamente dall'esercito. La sicurezza dei passeggeri è concepita come una serie di cerchi concentrici. Le recinzioni intorno al perimetro dell'aeroporto sono pattugliati da soldati e monitorati con telecamere e sistemi radar. Nessuna difesa è infallibile, ma i protocolli di Ben Gurion si dimostrano estremamente efficaci nel prevenire gli attacchi terroristici.

L’antiterrorismo israeliano

L’Intelligence israeliana è ritenuta la migliore al mondo con tattiche in continua evoluzione e con tecniche di sorveglianza aggressive. Se il modello per la raccolta di informazioni dello Shin Bet venisse applicato in Europa, probabilmente si parlerebbe di attentato alla libertà civile. Tuttavia bisogna ricordare che il comportamento degli israeliani è stata plasmato sugli attentati subiti. Fin dalla scuola elementare, ai bambini viene spiegato che ogni pacco sospetto potrebbe essere una bomba e va immediatamente segnalato. E’ una formazione specifica che mira a strutturare un pensiero ed un atteggiamento inconscio basato sul concetto dell’attacco imminente e della difesa proattiva. Si forma nell'individuo una maggiore una conoscenza tattica dell’ambiente. La gente chiama la polizia ogni volta che vede un pacchetto incustodito, soprattutto nelle stazioni di aeroporti, autobus e treni. Il controllo dei servizi di sicurezza è totale, comprese le conversazioni telefoniche, poiché è concepito per anticipare la minaccia: i soldati per strada rappresentano soltanto l’ultima linea di difesa. Il coinvolgimento e la cooperazione del popolo israeliano sono la chiave dell'approccio del paese nella lotta al terrorismo, mentre il governo continua a motivare la società civile, invogliandola alla vita e garantendo che ogni azione nemica non resterà impunita.

E’ il famoso concetto del “ritornare a vivere in quattro ore” anche dopo aver subito un terribile attentato (è concepito sulla detonazione di un ordigno su un autobus). Da decenni Israele affronta minacce stratificate, con modus operandi in continua evoluzione. La strategia anti-terrorismo di Israele si è dovuta adeguare permanentemente adottando un approccio basato sulla difesa, l'anticipazione e la rapidità della reazione. Ma il successo del modello israeliano (in percentuale il paese più sicuro al mondo), è la società civile. Ogni giovane israeliano dovrà servirà per tre anni (due per le donne) il proprio paese indossando una divisa, consolidando il processo di consapevolezza e resilienza. Le minacce attualmente presenti in Occidente, sono quasi del tutto svanite in Israele che oggi se ne trova ad affrontare altre per quella eterna lotta tra spada e scudo.

Oggi si ritorna a parlare di modello israeliano per combattere il terrorismo.

Quasi certamente, svanita l’onda emotiva, gli europei ritorneranno a guardare il modello anti-terrorismo di Israele come esagerato e lesivo per la loro libertà.

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