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Via le truppe, la tregua tiene. E ora si cerca la pace in Egitto

Abu Mazen al Cairo per trovare una via d'uscita al conflitto con Israele. La Striscia adesso è libera dai tunnel, ma è Hamas che canta vittoria

Via le truppe, la tregua tiene. E ora si cerca la pace in Egitto

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Gerusalemme - Dopo 28 giorni di guerra crudele, di storie di eroismo e di distruzione, al 29esimo mattino il Medio Oriente ha iniziato la sua prima prova di pace. Soltanto una prova, perché ancora le aspettative, i risultati, i dilemma sui vincitori e i vinti hanno solo il fragile segno positivo di qualche ora sulle 72 di tregua fissate; e soprattutto contano sul serio, professionale, tentativo del presidente Abdel Fattah al Sisi, al Cairo, di mettere insieme tutte le forze positive: l'Egitto, Israele e i palestinesi di Abu Mazen (non Hamas) sono le tre punte del triangolo che può per un pò riportare il silenzio in Medio Oriente, naturalmente con gli Usa. Intanto, si prevede che dopo questa prima tregua si passi a una seconda e a una terza, prima di un accordo per ora lontano.

Solo nel pomeriggio, quando è sembrato che la tregua tenesse, Israele ha inviato la sua delegazione in Egitto. Ancora due minuti prima della tregua Hamas seguitava a bombardare fino a Gerusalemme. Ma già nella nottata, dopo l'esplosione del tunnel numero 32, l'ultimo obiettivo, i soldati hanno sgomberato lasciando alcuni presidi. Le foto mostrano il sollievo di tornare a casa dopo le battaglie, la paura, l'eroismo, mentre 64 compagni venivano uccisi; molte sono foto con la bandiera. Come ha detto il generale Sami Turgyman concludendo l'operazione, «è incredibile la dedizione che hanno dimostrato soldati di vent'anni per distruggere le armi e le gallerie».

Hamas va al Cairo chiedendo aiuto: ha alle spalle migliaia di case distrutte, la perdita di 1800 palestinesi, delle gallerie e di buona parte delle armi. Il lancio di migliaia di missili su Israele si è dimostrata inefficiente, l'economia è distrutta, la gente sfiduciata. Eppure il portavoce Sami Abu Zukri proclama la vittoria mentre avanza richieste di sopravvivenza. Hamas prima di tutto vorrebbe l'apertura del passaggio di Rafiah nell'idea, inaccettabile per Israele, di potere far entrare da là liberamente denaro e beni dal Qatar, armi, e malta per ricostruire le case ma anche le gallerie. Questo non va bene nè all'Egitto nè a Israele: Israele va al Cairo per garantirsi che Hamas venga disarmata e che gli aiuti siano controllati. É interesse anche di Sisi e di Abu Mazen. L'Egitto non è qui solo il mallevadore, dovrebbe consentire l'uso di Rafiah restandone padrone: il controllore più accettabile per tutti è Abu Mazen il presidente dell'Autonomia Palestinese. Questo potrebbe preludere, secondo le speranze del fronte moderato, a un ruolo di Fatah a Gaza. Intanto Gerusalemme è stata di nuovo colpita dal terrore. Un palestinese ha pugnalato una guardia all'ingresso del grande quartiere di Malee Adumim, uno dei maggiori insediamenti nei sobborghi della Capitale. É ricoverato in serie condizioni.

Ma la grande ondata di odio almeno al momento pare spiaggiarsi. L'unica onda che ancora si deve alzare in tutta la sua consueta violenza è quella delle critiche nei confronti del governo israeliano. Netanyahu ha condotto la guerra con modesti obiettivi, deciso a non occupare Gaza, ritardando il più possibile l'ingresso di terra, accettando ogni tregua. L'unità israeliana nel sostenere i soldati è stata totale. Ma adesso la destra, anche governativa, copre il Primo Ministro di critiche sostenendo che Hamas presto sparerà di nuovo.

Ma Bibi può vantare l'arresto, tenuto segreto per tre settimane, dell'organizzatore del rapimento e omicidio dei tre studenti: si chiama Hassan Kawasmeh, che avrebbe ricevuto aiuto e ordini da Gaza.

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