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Gli Usa presentano alla Nato un nuovo piano per combattere la Russia

Il piano prevede di “impegnare gli alleati europei della Nato a schierare un minimo livello di forze aeree, terrestri e marittime pronte a combattere la Russia”

Gli Usa presentano alla Nato un nuovo piano per combattere la Russia

Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Jim Mattis ha presentato alla NATO un nuovo piano di intervento militare progettato per garantire la sicurezza europea. Il piano 30-30-30-30 di Mattis prevede di “impegnare gli alleati europei a schierare un minimo livello di forze aeree, terrestri e marittime pronte a scoraggiare e, se necessario, a combattere la Russia”. Il piano 30-30-30-30 (che sarà votato tra un mese dai leader della NATO) richiede una forza combattente di 30 battaglioni terrestri, 30 squadroni aerei e 30 navi da guerra entro 30 giorni. Le forze dovranno essere pronte a proteggere gli alleati come Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia minacciati dalle forze terrestri russe.

Perché i 30 battaglioni?

Una tipica divisione di combattimento dell'esercito degli Stati Uniti è composta da circa 15 battaglioni. L'intera armata americana è formata da 180 battaglioni. Il piano 30-30-30-30 è strutturato sull’attuale potenza militare europea. Trenta battaglioni terrestri non sarebbero in grado di fronteggiare un’invasione russa (che non ci sarà), ma secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti è l’attuale forza che gli alleati europei della NATO potrebbero schierare nonostante i tagli alla spesa militare. Ad esempio Il Military Times cita un rapporto della Rand: “Regno Unito, Germania e Francia possono schierare una brigata pesante composta da tre battaglioni entro un mese, ma non sarebbero in grado di sostenerla sul campo durante una crisi prolungata”. Solo per citare un dato. L'esercito tedesco ha una forza corazzata pesante formata da 225 carri armati Leopard 2, ma solo 95 sono pronti al combattimento. Il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, mercoledì scorso ha nuovamente sollecitato gli alleati europei ed il Canada a continuare ad incrementare la spesa per la difesa, mentre "l'alleanza espande il comando del quartier generale in risposta ad una Russia più assertiva".

Attualmente l'Esercito degli Stati Uniti schiera nove battaglioni in Europa (173a Brigata Aviotrasportata, 2 ° Reggimento di Cavalleria ed una brigata corazzata pesante in rotazione). Se Francia, Germania e Regno Unito garantissero nove battaglioni si arriverebbe a 18. Spagna, Paesi Bassi, Italia e gli altri alleati dovrebbero teoricamente garantire gli ultimi 12 battaglioni.

Il generale Curtis Scaparrotti, comandante supremo alleato della NATO, ha affermato che "le attuali risorse americane in Europa impegnate in operazioni di antiterrorismo potrebbero essere dirottate per assolvere il ruolo di deterrenza nei confronti della Russia".

I due nuovi comandi della NATO

Durante la Guerra Fredda la Nato gestiva 33 sedi con un personale fisso di 22 mila unità. Nel 2010 e nel 2011, il numero dei comandi è stato ridotto a 13 e successivamente a sette con personale ridimensionato a 13.800 unità. Attualmente il personale della Nato impiegato nei sette comandi è di 6800 unità. Con i due nuovi quartier generali, i comandi gestiti dall’Alleanza passano da sette a nove.

Atlantic Command (Usa)

L’Atlantic Command dovrebbe sorgere a Norfolk, Virginia. Il Comando Atlantico avrà il compito di rintracciare i sottomarini russi e proteggere le rotte di navigazione attraverso l'oceano tra il Nord America e l'Europa. Le quotidiane operazioni per la sicurezza marittima continueranno ad essere gestite dal Comando marittimo alleato (MARCOM) a Northwood, nel Regno Unito. Il Comando Atlantico sarà strutturato come un ufficio nazionale gestito dagli americani fino a quando non sarà attivato dalla Nato in caso di guerra. Soltanto in quel caso il quartiere generale dipenderà dal Comandante supremo alleato in Europa.

Durante la guerra fredda si svolgevano esercitazioni in grado di trasferire fino a cinquantamila soldati statunitensi attraverso l'Atlantico in pochissime ore.

Joint Support and Enabling Command (Germania)

Il Joint Support and Enabling Command (JSEC) sorgerà in Germania nella Renania Settentrionale-Vestfalia (non c'erano altri candidati per il ospitare il nuovo quartier generale). Precedentemente noto come Rear Area Operational Command, il JSEC sarà responsabile della logistica e garantirà un rapido spostamento delle forze della Nato in caso di invasione della Russia.

Per il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg le nuove strutture non rappresentano un ritorno alla postura della guerra fredda.

“Sono cambiamenti necessari per un'alleanza che ha voluto per anni lavorare con la Russia. Abbiamo visto, soprattutto a partire dal 2014 con l'annessione illegale della Crimea e la destabilizzazione dell'Ucraina orientale, una Russia più assertiva. Stiamo rispondendo in modo difensivo e proporzionale”.

Le incognite della NATO

Chi ricostruirà la capacità ferroviaria della Germania?

Il Comando logistico (JSEC) che sorgerà in Germania sarà responsabile della logistica e garantirà un rapido spostamento delle forze della Nato in caso di invasione della Russia. Tuttavia proprio Berlino dovrà investire pesantemente per migliorare l’intero sistema viario e nella difesa missilistica. Solo cosi potrà raggiungerà il suo obiettivo del 2%. In caso di crisi, proprio alla Germania spetterebbe un ruolo cruciale. Berlino ha dimostrato grande leadership in Europa e nel mondo, come nel tentativo di porre fine alla crisi in Ucraina orientale. Tuttavia, l’economia più potente d’Europa deve fare di più per rafforzare la sicurezza, soprattutto per la sua importanza come zona di transito. Non c'è abbastanza capacità ferroviaria per le forze americane, tedesche, polacche e britanniche o per la forza di risposta rapida della Nato. Berlino potrebbe quindi garantire il supporto ferroviario come parte del suo impegno per aumentare la spesa militare, attualmente all’1,2 per cento del Prodotto interno lordo. Un ulteriore investimento della Germania nei missili a breve e lungo raggio potrebbe aiutare, considerando il ruolo cruciale che tutti gli hub di trasporto tedeschi ricoprirebbero in caso di conflitto. Durante la Guerra Fredda, la tedesca Deutsche Bahn manteneva migliaia di vagoni ferroviari sempre disponibili per il trasporto della potente Bundeswehr che avrebbe dovuto arginare l’avanzata dei corazzati dell’Unione Sovietica, in attesa dei rinforzi statunitensi. Tali capacità non esistono più. Dei 2400 carri armati Leopard di tutte le versioni, oggi ne restano 225. Tuttavia solo 90 Leopard possono essere considerati operativi. Le divisioni pesanti tedesche erano state specificatamente progettate per gli scontri nelle pianure della Germania settentrionale.

Ritornare in Europa: le difficoltà logistiche

La brigata corazzata completa statunitense inviata in Europa è un messaggio al mondo sulla capacità degli Stati Uniti di rafforzare celermentele linee del fronte. Tuttavia, le difficoltà logistiche incontrate nelle fasi iniziali sono state notevoli. Il Pentagono paga l’inesperienza del personale nel confrontarsi in un contesto che aveva quasi del tutto abbandonato dopo la fine della guerra fredda. La versione M1A2 del principale carro armato degli Stati Uniti raggiunge un peso di 62 tonnellate. Peso che potrebbe aumentare in presenza di kit di sopravvivenza aggiuntivi. Le infrastrutture europee, la maggior parte di esse, non sono in grado di reggere tale peso limitando il transito in tratti ben identificati e noti, certamente anche ad una fazione ostile. E’ un problema che riguarda l’intero sistema viario europeo, con particolare riferimento ai collegamenti con i paesi della NATO che facevano parte dell’ex Unione Sovietica. Il Pentagono manca di informazioni sufficientemente dettagliate sulle infrastrutture nelle aree che un tempo facevano parte del blocco sovietico, ora nella NATO. L’esercito statunitense manca di punti di riferimento in Polonia, Romania, Ungheria e specialmente negli Stati Baltici. Paradossalmente, all'entrata nella Nato dei nuovi paesi membri, non è seguita alcuna rilevazione aggiornata della rete viaria per scopi militari. Dall’United States European Command rilevano la necessità di una maggiore copertura di intelligence per la speed of recognition delle truppe russe.

Nessun progresso sulla zona militare di Schengen

Si tratta di una zona di transito militare libera modellata sulla Convenzione di Schengen del 1996 che consentirebbe l'apertura delle frontiere tra i paesi firmatari. Una zona militare di Schengen in Europa consentirebbe alla forza militare di muoversi liberamente nel teatro europeo. Oltre a migliorare la consapevolezza nel riconoscere una crisi emergente e nell’incrementare l’aspetto decisionale su come fronteggiarla, la velocità di reazione resta fondamentale. Le manovre militari fino ad oggi effettuate hanno sottolineato i problemi con la libertà di movimento delle forze alleate provenienti da tutta Europa alla regione del Mar Nero. Attualmente lo spostamento delle truppe in Europa deve rispondere a precisi requisiti legali che variano da stato a stato. I ministeri della Difesa non sono responsabili delle frontiere ed ogni volta sono necessarie autorizzazioni specifiche. Polonia, Lituania e Lettonia hanno già emanato leggi interne. Altri paesi sono ancora riluttanti. Il Segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, supporta la zona militare di Schengen. La Convenzione di Schengen definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione nell’Unione Europea. In base alla cooperazione rafforzata dei 26 paesi firmatari, gli europei possono viaggiare senza un passaporto, grazie all’apertura delle frontiere.

Le forze NATO sul Baltico

Le attuali forze della NATO sul territorio Baltico non rappresentano una minaccia credibile per la Russia. Nei giochi di guerra della Rand è stata dimostrata l’inadeguatezza dell’Alleanza contro un’offensiva russa sui Pasi Baltici (che non avverrà). In nessun contesto simulato, le attuali forze della NATO sono state in grado di mantenere le capitali come Tallin o Riga per più di 60 ore. In diverse simulazioni, la NATO è stata sconfitta in 36 ore. Un’offensiva russa lascerebbe poche opzioni agli Stati Uniti (il ricorso al nucleare sarebbe inevitabile), travolto l’attore strategico dominante in Europa centrale. Sarebbe un fallimento di quasi 75 anni di sforzi bipartisan americani per sostenere la sicurezza in Europa. Il requisito minimo per la deterrenza e la negazione lungo i confini della NATO con la Russia, è quello di garantire delle permanenti azioni strategiche. Sarebbero necessarie sette brigate indipendenti, tre delle quali pesanti, supportate da artiglieria ed aviazione. Per essere efficaci, le brigate dovranno essere già presenti in Europa. E’ una forza che dovrebbe essere in grado di arrestare la principale forza d’invasione russa stimata in almeno cinquanta battaglioni tattici. Con sette brigate, la NATO sarebbe in grado di difendere i Paesi Baltici per un massimo di 28 giorni.

Tuttavia, la forza delle sette brigate non sarebbe sufficiente per resistere a tempo indeterminato contro le preponderanti forze russe. Il contrattacco della NATO dovrà quindi basarsi su una forza di ulteriori 14 nuove brigate indipendenti. Tale forze è ritenuta in grado di ripristinare il terreno perduto e respingere i russi fino alle loro linee iniziali. Parliamo quindi di 21 brigate. Le sette brigate della NATO dovranno essere schierate in Europa, poiché è impossibile credere che possano essere ridistribuite in tempo di guerra, considerando che le attuali forze non sarebbero in grado di sostenere un attacco ad est del fiume Oder, mentre le principali unità degli Stati Uniti sono localizzate nella Germania sud-occidentale, a più di 1.000 miglia dalla probabile zona di combattimento. Qualsiasi tentativo di supportare logisticamente e rivitalizzare le forze della NATO da quella distanza sarebbe impossibile.

La NATO non sarebbe in grado di spostare e supportare grandi formazioni di combattimento lungo il suo confine orientale ed in particolare in tutti e tre gli Stati Baltici. I giochi di guerra della Rand dimostrano che la Nato dovrebbe essere riorganizzata e strutturata su 21 brigate indipendenti, organizzate in tre corpi d’armata. Secondo le attuali capacità, gli Stati Uniti sarebbero in grado di fornire fino a 12 brigate indipendenti (a costi esorbitanti). La deterrenza minima concepita per difendere realmente gli Stati Baltici richiede una forza di sette brigate, tre delle quali corazzate. Le quattordici brigate supplementari sarebbero necessarie per contrattaccare e respingere le forze russe.

Riallineare le priorità della NATO

Fin dalla creazione della NATO, gli Stati Uniti hanno dominato il processo decisionale, investendo la maggior parte delle risorse e delle forze a protezione della sicurezza continentale su asset convenzionali e nucleari. Francia e Gran Bretagna hanno creato le proprie forze nucleari, ma probabilmente sarebbero state riluttanti a lanciare testate atomiche contro l’Unione Sovietica, lasciando agli Stati Uniti tale prerogativa. In uno studio dello scorso anno per il Consiglio Atlantico, si afferma che “al fine di impedire la minaccia nucleare russa, la NATO deve riallineare le sue priorità, considerando eventuali modifiche alla sua postura convenzionale e nucleare. La NATO deve contrastare la coercizione nucleare insita nella strategia di guerra ibrida della Russia”. Quello studio, interpretato volutamente in modo ambiguo, rilevava l’impellente necessità di modificare la postura della NATO. La struttura di base della NATO non è cambiata dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. E’ semplicemente cresciuta fino ad includere gli ex stati satelliti sovietici e gli Stati baltici. Il motivo dietro l’espansione era quello di inglobare questi paesi nel quadro del sistema di difesa occidentale, al fine di dare loro fiducia nella loro indipendenza, così da contribuire a sostenere lo sviluppo delle democrazie. L’Europa di oggi non sta lottando per riprendersi dalla seconda guerra mondiale, mentre le sue capacità militari complessive dovrebbero essere alla stregua degli Stati Uniti. L’area di responsabilità della Nato è principalmente focalizzata sull’Europa, ma non vi sono guerre (nel senso stretto del termine) in questa zona. L’intervento russo in Ucraina avrebbe dovuto innescare un’inversione di tendenza per la NATO, ma la costante preoccupazione espressa dai paesi membri dell’Alleanza non si è riflessa nella spesa per la Difesa. In realtà, sia l’Ucraina con lo spauracchio di scenario bellico moderno, ma convenzionale, sia lo Stato islamico ed il suo contesto prettamente asimmetrico che la cyber difesa, rappresentano minacce reali per la sicurezza europea e per la NATO. La Nato non può più definire come sua ragion d’essere la protezione dell’Europa dall’invasione russa, né considerare gli Usa come il garante della sicurezza in Europa a costo zero. Gran Bretagna e Francia possiedono armi nucleari, ma potrebbero non impiegarle a difesa degli altri stati. Tale postura verrebbe certamente riscritta qualora gli Stati Uniti affidassero la copertura strategica dell’Europa agli europei. Tutto dipende dalla percezione degli Stati Uniti, bersaglio primario della rappresaglia russa in caso di guerra con l’Europa.

Eurodeterrenza: l'incertezza credibile

Qualora scoppiasse un conflitto in Europa, ad essere colpiti dalle testate nucleari russe sarebbero proprio gli Stati Uniti a cui è demandata la copertura strategica. Un ragionamento tollerato dagli americani durante la guerra fredda, ma non più condiviso oggi.

Le politiche protezionistiche e isolazioniste di Trump potrebbero aver allargato la divisione diplomatica tra i due continenti, ma l'Alleanza stessa non è in pericolo. Trump ha approvato l'articolo 5 anche se in modo meno ideale. I consiglieri del Presidente degli Stati Uniti sono convinti sostenitori della Nato e comprendono il valore dell'Alleanza, incluso il suo accordo di condivisione nucleare. In ogni caso, l’Europa non ha un piano alternativo all’ombrello nucleare Usa, poiché (ragionando per assurdo) lo stesso arsenale strategico della Francia condiviso (che andrebbe modernizzato per superare le difese russe), sarebbe troppo piccolo per scoraggiare Mosca. Poiché la deterrenza esiste nella mente dell’avversario che deve credere con una ragionevole certezza di subire danni inaccettabili, l’Europa non avrebbe altra scelta che sviluppare ulteriori capacità strategiche. Innumerevoli i punti oscuri come il consenso politico sui protocolli di impiego per le testate nucleari (attacco preventivo o rappresaglia), la condivisione militare nella scelta dei target, la linea decisionale e la ripartizione del budget per finanziare i nuovi asset (quali nazioni le ospiteranno diventando target?) e mantenerli in costante stato di pronto al combattimento.

Rimanere sotto l'ombrello nucleare statunitense e nell'ambito del regime di condivisione nucleare della NATO è preferibile a qualsiasi altra opzione per l'Europa.

Tuttavia, i leader europei dovrebbero quantomeno disporre di un piano alternativo condiviso che oggi non esiste (anche puramente accademico) qualora nella remota ipotesi un giorno dovessero essere chiamati ad una risposta senza gli Stati Uniti.

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