A nche se gli uomini nella polvere smuovono la nostra parte più misericordiosa, non è il caso di santificare Basso. La sua confessione arriva tardi, soltanto dopo che la madre di tutte le inchieste l'ha stretto nell'angolo. Prima di lui è caduto il tedesco Ullrich, inchiodato dall'esame del Dna: presto sarebbe toccato anche al nostro. No, Basso non è martire, né santo, né tanto meno eroe.
Detto questo, un minuscolo merito gli va comunque riconosciuto: è il primo che cede. Che accetta il patibolo. Magari con qualche lucido calcolo su sconti e vantaggi promessi dall'implacabile Procura del Coni. Però resta il primo. La storia del ciclismo, di questa disciplina straordinariamente bella e pazzescamente disgraziata, è costellata di dopati colti sul fatto che negano persino d'essere nati. Contro ogni evidenza e contro ogni logica. Tutti ricordano Merckx e Gimondi in lacrime, nei vecchi Giri, mentre balbettano incredulità, giurando di non sapersi dare una spiegazione. Risalendo a noi, nel Giro 2002 vengono pizzicati entrambi i favoritissimi: prima Simoni, che addirittura produce il certificato falso di un dentista, poi Garzelli, che racconta di aver mangiato un pollo dal sapore strano in un autogrill belga.
Ovviamente quelli degli altri sport è meglio che ridano poco: c'è tutto un florilegio di barzellette, dallo shampoo al prosciutto, per arrivare alla crema vaginale della fidanzata, per giustificare in qualche modo la caduta all'antidoping, ma soprattutto per evitare l'ammissione di colpa. Gli avvocati sono lì apposta: mai ammettere, neppure se ti beccano con la siringa in vena.
Basso è la svolta. Basso è il pioniere. Basso firma l'anno zero. Adesso si tratta solo di vedere se ne usciremo con la solita logica dell'illustre capro espiatorio, oppure se davvero questa inchiesta andrà fino in fondo. Dicono gli investigatori che dal popolare Eufemiano Fuentes, ginecologo madrileno con ambizioni d'alchimista sportivo, sono sfilati un centinaio di ciclisti e tante belle facce di altri sport (dal tennista Nadal ai calciatori degli squadroni iberici). Vediamo: vediamo se la giustizia sarà giusta, o se si fermerà soltanto all'esecuzione di Basso.
Paradossalmente, l'italiano si trova a confessare il doping meno invasivo e meno tossico: l'autoemotrafusione. Chiamiamolo pure il doping «light». Si tratta di togliere il proprio sangue, metterlo in frigo (come fanno molti umani in ospedale prima di un'intervento chirurgico), quindi riprenderselo in circolo, così da avere una maggior quantità di globuli rossi, cioè più ossigeno in arrivo ai muscoli. Nessuna porcheria ingerita, nessun additivo estraneo: tutte cose proprie. Questa la verità: se vogliamo ragionare in modo libero e laico, Basso meriterebbe molta più clemenza per il genere di reato, che per la scelta tardiva di collaborare. In un caso e nell'altro, però, il discorso è superato. Per colpa sua. Oggi, merita la punizione semplicemente perché da un anno esatto raccontava solo frottole. Poi, se e quando tornerà, avrà il resto.
Né santo, né eroe, ma almeno è il primo
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