A pochi giorni dalla celebrazione della festa dei lavoratori del Primo Maggio, un nuovo dramma ha sconvolto l'Italia intera. La morte dei cinque operai a Palermo, uccisi da un gas letale perché privi delle maschere di protezione, fa salire nuovamente alla ribalta il tema della sicurezza sui cantieri. Si sprecano tante parole sulla tutela del mondo del lavoro ma, di fatto, nessuna misura concreta viene messa in atto per prevenire tragedie come quella accaduta ieri in Sicilia. Eppure, non è trascorso molto tempo dagli ultimi incidenti. Prima gli operai deceduti sui binari ferroviari di Brandizzo, poi le vittime del crollo di un pilone del supermercato in costruzione a Firenze e, infine, gli operai morti alla centrale idroelettrica di Suviana.
Il racconto di cosa è accaduto a Casteldaccia
Adesso, l'incidente, di Casteldaccia, a pochi chilometri da Palermo, che poteva essere evitato seguendo le misure di sicurezza. I vigili del fuoco, che si sono impegnati per recuperare i corpi delle vittime, hanno evidenziato come nessuno dei lavoratori indossava la maschera. Per loro, la rete fognaria da riparare è diventata una trappola mortale. Uno alla volta sono scesi a controllare cosa succedeva, dato che il primo operaio non rispondeva ai richiami dei colleghi, e uno alla volta hanno respirato senza protezione l'idrogeno solforato, un gas velenoso che uccide in pochi minuti. Cercavano di aiutarsi. Ora gli inquirenti dovranno capire perché questi operai specializzati, i quali conoscevano i pericoli del loro intervento a Casteldaccia, hanno agito in maniera superficiale. Le misure di sicurezza erano a loro disposizione e non le hanno utilizzate? O ne erano sprovvisti? Sono domande queste che presto avranno una risposta.
Il testimone
Oltre i cinque operai deceduti e il sesto in gravissime condizioni, era presente anche un settimo lavoratore, il 44enne Giovanni D'Aleo, colui che è riuscito a dare l'allarme grazie al fatto che si è fermato in tempo prima di respirare il gas mortale. Gli investigatori, molto probabilmente, dalla sua testimonianza riusciranno a capire perché sul posto di lavoro nessuno indossava la maschera protettiva. Lo spurgo della cisterna, a quattro metri di profondità, faceva presupporre la presenza di idrogeno solforato, quindi sarebbe stata necessaria una maggiore prudenza da parte degli operai. "Provo tristezza e rabbia - ha dichiarato al Corriere della Sera Girolamo Bentivoglio, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Palermo - perché con le dovute precauzioni non saremmo qui a contare i morti. L’idrogeno solforato è un gas prodotto dalla fermentazione del materiale organico. Lì era alle stelle. A fondo scala c’era una concentrazione dieci volte superiore al limite consentito".
I lavori in subappalto
Le operazioni di spurgo della rete fognaria erano stati subappaltati dall'Amap che si occupa della gestione delle condotte idriche di Palermo.
"Noi abbiamo protocolli di sicurezza che impongono l’osservanza di regole strette alle ditte che si aggiudicano gli appalti - ha spiegato al quotidiano di via Solferino Alessandro Di Martino, presidente dell'Amap - e per gli interinali teniamo una formazione rigida. Non è comprensibile che gli operai non si siano protetti".
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