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Nel futuro del Parma all’asta anche prosciutti e Parmigiano

Il sindaco Ubaldi si è rivolto al ministro Bersani: si spera in una cordata d’imprenditori

da Parma

Oggi sarà pubblicato il bando che mette ufficialmente all'asta il Parma, una della società più vincenti del calcio italiano, dal '90 a oggi. Nella bacheca gialloblù cinque coppe europee e tre italiane, mancano soltanto lo scudetto e la Champions league. La fine è cominciata tre anni fa, con il crac della Parmalat, un anno più tardi l'inizio dell'amministrazione straordinaria, che in teoria non può durare oltre due anni. Il mese scorso il consigliere delegato alla vendita, l'avvocato Roberto Cappelli, aveva giudicato quel termine non perentorio, ora però ha annunciato la messa all'asta. «Offerte in busta chiusa, da presentare entro tre settimane, per consentire d'intervenire sul mercato».
Il Parma rischia due retrocessioni in un colpo solo. La squadra di Stefano Pioli è infatti penultima, con 12 punti e due sole vittorie. La zona salvezza è a 14, con il Chievo quart'ultimo, il trend però è negativo e senza rinforzi non ha tante possibilità di mettere dietro altre due squadre, a parte l'Ascoli. I giocatori da ieri sono in ritiro in un albergo di Collecchio, vicino al campo in cui hanno ripreso ad allenarsi. Dovesse retrocedere e pure fallire, il Parma ripartirebbe addirittura dalla C, con il Lodo Petrucci.
«Al nuovo acquirente chiediamo investimenti per almeno due anni e naturalmente di mantenere il posto agli attuali dipendenti - aggiunge Cappelli -. Il percorso di risanamento è quasi completato». L'ultimo bilancio parla di tre milioni di euro di utile. Il problema è trovare la persona giusta, oltreché disposta a spendere subito almeno 20 milioni di euro. «La base d'asta minima sarà indicata al momento delle offerte vincolanti, comunque sarà considerevolmente al di sotto dei 27,5 milioni di euro richiesti in precedenza». A tanto sarebbe dovuto arrivare Lorenzo Sanz, presidente del Real Madrid dal '95 al 2000, eppure versò soltanto sette milioni e mezzo. «Un acconto caparra che abbiamo trattenuto a titolo compensativo - prosegue Cappelli -, dopo avere concesso due diverse deroghe perché venisse effettuato il saldo. Successivamente Sanz ha presentato un'altra offerta, ma era davvero troppo bassa».
Una delle incognite che sinora ha penalizzato la vendita è rappresentata dalla cessione di Gilardino. In base a una scrittura privata ottenuta dall'allora presidente del Verona Giambattista Pastorello con l'allora direttore tecnico crociato Arrigo Sacchi, al club veneto dovrebbero andare metà dei 22 milioni di euro pagati dal Milan, un anno e mezzo fa. «Dal punto di vista giuridico - sottolinea Cappelli - la questione Gilardino è infondata e comunque potremmo decidere di farcene carico».
Il sindaco di Parma Elvio Ubaldi ha chiesto un incontro al ministro delle Attività produttive Pierluigi Bersani. Anche per questo si arriva a questo bando.

Si spera in una cordata d'imprenditori parmensi, oppure in un consorzio: del Prosciutto di Parma, guidato dall'ex designatore Tedeschi, o del formaggio, il Parmigiano Reggiano. Tutti però dovranno fare i conti con il napoletano Gaetano Valenza, che aveva trovato l'accordo nel giugno del 2005 e che non ha mai smesso di sperare.

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