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La nuova moda lanciata dai vip di Silicon Valley: basta dieta, sì al digiuno

Pasti a intermittenza non solo per dimagrire ma per essere efficienti. E per farne un affare

La nuova moda lanciata dai vip di Silicon Valley: basta dieta, sì al digiuno

Potrebbero vivere a ostriche e champagne con i loro dividendi, e invece molti dei Ceo della Silicon Valley preferiscono digiunare. A intermittenza, naturalmente, ma anche per cinque o sei giorni di fila, come fa Phil Libin, ex manager di Evernote ora in All Turtles. O Daniel Gross di Y Combinator e Loic Le Meur, cofondatore di LeWeb. Tutti entusiasti sostenitori del digiuno. Quella che sembrerebbe la più drastica delle diete, in realtà attira questi top manager non tanto per buttare giù la pancetta, quanto per aumentare il proprio rendimento sul lavoro e ottenere più attenzione e concentrazione. Ma secondo i sostenitori il digiuno allungherebbe anche la vita.

È un controllo sul corpo e sulla mente chiamato «biohacking» che in passato ha incluso pratiche più o meno bizzarre come vari tipi di dieta «senza» (glutine, zuccheri, vegetali, caffè), meditazione, assunzione di minidosi di LSD, piccole scosse elettriche e pure l'appendersi a testa in giù. Questa del digiuno, però, sembra una tendenza destinata a imporsi, almeno per un po'. Tanto che sono parecchi i fondi di investimento che hanno deciso di investire su startup che aiutano, in vari modi, a restare a pancia vuota e non gettarsi su un trancio di pizza mentre, davanti a un computer, si decidono le sorti dell'umanità. O quanto meno quale sarà la prossima app per imparare il cinese o pagare con un battito di ciglia.

Le ricerche su Google con la parola chiave «dieta a intermittenza» negli ultimi tre anni sono decuplicate, segno che l'interesse è uscito da un stretta cerchia di bizzarri «techies». Che oggi comunque possono permettersi di andare a un pranzo di lavoro o a una cena tra amici bevendo solo un bicchiere d'acqua. Qualcuno aggiunge tè verde e caffè, ma durante i giorni di «magra» null'altro può essere ingerito.

L'approccio non è certo nuovo, periodi di digiuno volontario sono praticati fin dall'antica Grecia e sono previsti da molte religioni. Ma sono stati usati anche come arma di lotte politiche, da Gandhi a Marco Pannella. Qui l'approccio è del tutto diverso però: il digiuno anziché atto di contrizione o privazione è visto come pratica salutare. Se breve e controllato, stimola infatti la produzione della proteina FSP27 (Fat Specific Protein) che favorisce lo scioglimento del grasso conservando la massa muscolare, risveglia le cellule e aumenta la chiarezza mentale.

Il digiuno «funziona» davvero però solo se si seguono certe «finestre» temporali, legate ai ritmi circadiani, il complesso meccanismo che regola i ritmi biologici degli esseri viventi legato all'alternarsi di giorno e notte. «Dal punto di vista evolutivo, il digiuno imita i digiuni ancestrali e i cicli della fame. Quando non c'è cibo, il corpo si risveglia in una superiore modalità caccia, per cacciare e cercare cibo per sopravvivere. Forse per questo la crescita dei neuroni accelera durante il digiuno», come si legge nel gruppo Facebook dedicato WeFast.

Le modalità variano: c'è chi si «accontenta» di digiunare 13 ore al giorno iniziando prima del tramonto e mangiando solo in alcuni momenti del giorno. Ma c'è anche il «digiuno del monaco», che dura 36 ore. O il digiuno «Himalaya», 60 ore senza azzannare un boccone.

Dato che siamo nella Silicon Valley, il tutto avviene sotto stretto controllo tecnologico. Grazie ad applicazioni che come per i patiti della corsa generano grafici, tabelle e statistiche, monitorano il glucosio nel sangue e avvisano quando si deve smettere e quando si può ricominciare a mangiare.

Visto che la carne è debole e astenersi dal cibo per giorno non fa per tutti, non manca una onesta scappatoia, che promette risultati simili grazie a una serie di integratori e beveroni. Da acquistare a caro prezzo. Hvmn (si pronuncia «human»), che ha ricevuto un investimento di 5 milioni di dollari da, tra gli altri, l'ex Ceo di Yahoo! Marissa Mayer, vende una bevanda a base di chetoni: tre bottigliette monodose a 99 dollari. Come andare tre volte a mangiare sushi, ma più di tre serate in pizzeria.

ProLon vende a 250 dollari un kit di zuppe, barrette e beveroni per «retrocedere» a 750 Kcal al giorno. Soylent promette pasti sostitutivi completi in una bottiglietta mini «quando non hai tempo di scaldarti il pranzo a causa di una agenda sovraccarica». L'app Platejoy per 8 dollari al mese consiglia una dieta personalizzata tarata su stili di vita, orari e obiettivi da raggiungere (19 dollari se si vuole anche perdere peso).

Consapevoli del fatto che il nostro benessere dipende per una grande fetta da come mangiamo, sul carro sono salite anche le assicurazioni sanitarie che rimborsano tali programmi, nel nome della prevenzione. E in alcune startup stanno investendo istituzioni prestigiose come il National Cancer Institute e il National Institute on Aging, che hanno partecipato secondo Bloomberg a una donazione di 60 milioni di dollari a L-Nutra, l'azienda che produce ProLon.

La scienza è cauta al riguardo e alcuni studi mettono in guardia da possibili rischi per la salute. Tra cui, non ultimo, un rapporto con il cibo che rischia di diventare disfunzionale. Sullo sfondo, ritmi di lavoro sempre più estremi e stressanti che difficilmente porteranno a un allungamento della vita.

Quanto meno, non più di un piatto di fettuccine.

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