«Ora l’Euroritenuta è a rischio»

Le banche temono che l’accordo con l’Ue sulla fiscalità del risparmio possa cadere

«Il segreto bancario è salvo». È il ritornello che in Svizzera gli gnomi elvetici ripetono da quando è stato siglato l’accordo con Bruxelles sulla fiscalità del risparmio. Ma da qualche settimana questa certezza vacilla. Ieri è entrata in vigore l’euroritenuta, la tassa sui redditi da risparmio dei cittadini Ue, che verrà in parte girata da Berna al Paese di residenza del titolare del conto, al quale in cambio sarà garantito l’anonimato. Questi i termini dell’intesa per combattere l’evasione fiscale. Ma nel mondo bancario c’è chi teme che possa durare poco. Col rischio che venga di nuovo messa in discussione la riservatezza tradizionalmente assicurata alla clientela degli istituti elvetici. Il 25 settembre, difatti, la Svizzera andrà alle urne per decidere se estendere la libera circolazione delle persone, già in vigore con i «primi» quindici Paesi dell’Ue, anche ai nuovi membri, le nazioni dell’Est entrate nell’Unione. Una consultazione popolare «difficile», il cui esito potrebbe segnare uno stop nella marcia di avvicinamento di Berna a Bruxelles. Se lo scorso 5 giugno gli svizzeri hanno detto sì all’adesione all’accordo di Schengen e Dublino - un voto che è stato un segnale di fiducia nell’Europa, messa a dura prova dalla doppia bocciatura della Costituzione europea da parte di Francia e Olanda - non è detto che a settembre il risultato sia identico. Il pericolo di un’invasione dall’Est di lavoratori a basso costo fa non poca paura, anche se gli ambienti imprenditoriali e il governo federale minimizzano i rischi. Comunque sia, se prevarranno i timori, il no degli elettori potrebbe pregiudicare tutti gli accordi sin qui siglati con l’Ue, e già entrati in vigore, euroritenuta inclusa. Il che potrebbe significare la ripresa del pressing sulla Svizzera per l’abolizione del segreto bancario. Ma non tutti vedono nero. Secondo Patrick Willy, direttore della filiale luganese della Deutsche Bank, se anche dovesse verificarsi lo scenario peggiore, non si ripartirà da zero. «Sicuramente – dice – un no degli elettori non favorirà le relazioni tra Svizzera e Europa. Comunque non credo che l’euroritenuta verrà rimessa in discussione: nessuna delle due parti ha interesse che venga meno». Intanto tutte le banche hanno adeguato i sistemi informatici, con un costo globale di 300 milioni di franchi. Alcuni investitori hanno chiesto di rivedere i portafogli per aggirare la tassa. «Alcuni clienti – dice Gabriela Cotti-Musio, portavoce del Credit Suisse Group di Lugano – hanno optato per altri investimenti. Il che però comporta il pagamento di commissioni e non sempre conviene. In fondo fino al 2007 la ritenuta è del 15% sui redditi da capitale. I tassi sono bassi, quindi si paga poco». I conti sono presto fatti. Ipotizzando una somma di un milione di euro, di cui la metà investita in obbligazioni con un coupon del 2,5%, su quest’ultimo si calcola il 15% che è pari a 1.875 euro. «Su un portafoglio bilanciato conservativo – dice Willy – l’impatto è solo dello 0,18%». Se i piccoli risparmiatori per lo più hanno lasciato invariata l’asset allocation, c’è chi invece ha cercato il modo per non pagare. L’euroritenuta grava difatti solo sulle persone fisiche e non su quelle giuridiche. Alcuni conti, quindi, sono stati trasformati in conti di società. Ma non a tutti conviene. La costituzione e il mantenimento di una società costa dai 1.000 ai 5.000 dollari all’anno. Sfuggono alla tassa anche le obbligazioni dette «Grandfather», ossia quelle emesse prima del marzo del 2001; alcuni prodotti strutturati e pure alcuni fondi obbligazionari.

Ma non manca chi ha fatto scelte drastiche come spostare i conti a Singapore o in altri paradisi fiscali.

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