Cultura e Spettacoli

«Ormai sono la mascotte di Spielberg»

da Los Angeles

C'è una nuova star a Hollywood: Shia LaBoeuf, 21 anni, che in poche settimane ha azzeccato una doppietta in testa al box office americano: prima con Disturbia, un'avvincente versione moderna della Finestra sul cortile; poi con Transformers, il successo annunciato di Michel Bay. E al momento LaBoeuf sta girando Indiana Jones 4, per cui è stato scelto personalmente dal produttore Steven Spielberg. E poiché questi tre film sono targati Dreamworks, la critica sostiene che Shia è «la mascotte della Dreamworks». Una mascotte che sa recitare, come conferma Disturbia, un thriller con tocchi di humor in cui un ragazzino iperattivo condannato agli arresti domiciliari si mette a spiare i vicini per combattere la noia, per poi scoprire che alcuni di essi non conducono una vita propriamente esemplare...
Come si è preparato per questo ruolo?
«Ho incontrato gente che era agli arresti domiciliari: non sono terribili come la prigione, ma sono ugualmente duri perché sembra che tutto sia a tua disposizione, ma poi non puoi allontanarti da casa perché hai un braccialetto elettronico alla caviglia. È la tentazione la vera tortura, è come fare vedere una bistecca a un cane e poi portargliela via. E ho guardato film come Cane di paglia, La conversazione, Sesso, bugie e videotape, e naturalmente La finestra sul cortile».
Cosa vorrebbe avere con sé, se fosse confinato a casa per novanta giorni?
«Il mio bulldog Brando, una TV, un lettore dvd con la collezione integrale di Steve McQueen, una chitarra, un telefono, la Playstation 2 e dei libri. Ho appena letto la biografia di un violentatore che è stato condannato al manicomio invece che alla prigione perché è stato provato che aveva 24 personalità differenti. Mi piacerebbe farne un film».
Lei è molto giovane e già arrivato: in che cosa pensa di dover crescere come attore?
«Devo crescere ancora in tante cose. C'è un libro sulla comunicazione non verbale che voglio proprio leggere, è un soggetto che mi affascina. Il 65% della nostra comunicazione è non verbale, e conoscere il linguaggio del corpo è fondamentale per un attore. Mi sento molto indietro in questo campo».
Lei è praticamente in ogni scena di Disturbia. Cosa è stata la cosa più difficile durante le riprese?
«Cambiare stato d'animo da un locale all'altro. Tutto il film si svolge all'interno della mia casa-prigione, e il regista ha deciso che ogni stanza doveva rappresentare emozioni diverse. Ci voleva una certa elasticità mentale, perché in camera da letto ero un voyeur, in salotto un ragazzino come tanti altri, nell'ufficio di mio padre morto un figlio afflitto da fantasmi e sensi di colpa».
Nel film c’è anche un bacio caliente con Sarah Roemer...
«Mi sentivo tutto ganzo perché Sarah era al suo primo bacio cinematografico, e volevo farle da mentore. Invece ho avuto una reazione allergica agli integratori che prendevo per sviluppare i muscoli in vista del mio ruolo in Transformers. Mi si sono gonfiate mani, piedi, orecchie e labbra, e gli occhi mi lacrimavano. Altro che mentore, sembravo un mostro! Eravamo in penombra e Sarah non si è accorta di nulla fino al momento del bacio. Me ne stavo in disparte e mi sa che la cosa l'eccitasse, forse pensava fossi timido. Quando abbiamo iniziato a baciarci ci ha dato dentro con foga, ma si è subito accorta che c'era qualcosa che non andava, e quando mi ha visto in faccia si è messa ad urlare. Insomma, non ho fatto una gran bella figura...».
Nel film Carrie-Ann Moss interpreta sua madre. Com’è stato lavorare con lei?
«Mi aspettavo la Trinity di Matrix, ma è completamente diversa da come te la immagini, aveva appena avuto il secondo figlio, lo allattava sul set, aveva un fisico diverso, quando la abbracciavi era proprio tutta mamma. Comunque ho guadagnato parecchi punti coi miei amici fan di Matrix».
Contrariamente a molti suoi coetanei non si sente parlare di lei per exploit fuori dal set o per serate folli nei locali. Come mai?
«Ho iniziato a fare l'attore perché i miei non avevano un soldo e volevo contribuire al budget di famiglia. Abitavamo in un quartiere malfamato, mia madre vendeva gioielli fatti in casa, mio padre hot dog, ma aveva un problema di droga e spacciava per bucarsi. Il mondo degli eccessi non ha nessun fascino su di me. Mio padre è riuscito a disintossicarsi solo quando ha avuto un lavoro regolare: visto che ero minorenne era il mio accompagnatore ufficiale sul set della serie Even Stevens. Mia madre ora non deve più lavorare e vive in un quartiere rispettabile.

E io sto girando Indiana Jones 4: ho lavorato troppo sodo per rovinarmi con alcool e droga e rischiare di perdere tutto».

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