Ovidio Fernandez y Arenillas & C.

I lettori che seguono questa rubrica da anni sanno che dalla seconda metà di luglio in avanti dobbiamo dar conto dei cattolici uccisi dai rojos nella guerra di Spagna del 1936-39. Infatti, l'alzamiento, cioè l'insurrezione dei nazionalisti, cominciò il 18 luglio 1936 e immediatamente gli anarco-comunisti risposero con la matanza di preti, frati, suore e cattolici comuni. Gli omicidi, in verità, erano cominciati già da tempo ma adesso la guerra civile forniva la scusa per incrementarli. Il parossismo si raggiunse nel luglio-agosto, anche se la cosa andò avanti praticamente fino al gennaio successivo e si arrestò per il semplice motivo che a un certo punto non rimase più nessuno da far fuori. Ovidio Fernandez y Arenillas era nato a Castelfalé nel 1888 e si era fatto religioso carmelitano col nome di padre Eusebio di Gesù Bambino. Stava nel convento di Toledo quando, appunto nel luglio del 1936, i comunisti massacrarono lui e tutti i suoi confratelli, sedici religiosi in tutto. Erano cinque sacerdoti, otto seminaristi, due frati e un novizio. Nelle zone controllate dai rossi il solo clero ebbe oltre sedicimila vittime, compresi diversi vescovi. Impossibile, a tutt'oggi (e siamo nel 2007), fare il conto dei laici trucidati solo perché appartenevano all'Azione Cattolica o frequentavano la parrocchia.

Anche l'unico santo che l'etnia degli zingari possa annoverare cadde in quelle circostanze. I più venivano fucilati ma molti vennero uccisi nei modi più bestialmente fantasiosi. Tanti, che la Chiesa è costretta a beatificarli in gruppi, a volte di centinaia.

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