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È il «palestinismo» la vera malattia dell’Onu

La relazione della commissione Goldstone sull’operazione “Piombo fuso” è un pericolo per tutti noi. È, nero su bianco, il proclama che stabilisce che bisogna arrendersi di fronte al terrorismo sistematico che colpisce e usa i civili. Se si dà una rapida occhiata alle 575 pagine prodotte per stabilire che cosa è accaduto a Gaza nella guerra del 2008-2009, si vede che la commissione istituita dall’Onu non ha avuto alcun interesse alla verità, ma solo alla ennesima criminalizzazione di Israele: l’Onu incarna qui, ancora una volta, un esempio del palestinismo moralista che sfrutta, in funzione della delegittimazione antioccidentale, i sensi di colpa del mondo contemporaneo e cerca, nella pratica immediata, la morte civile e fisica dello Stato ebraico.
L’Onu dedica ogni anno due terzi delle sue risoluzioni sui diritti umani alla condanna di Israele; la sua assemblea, dove sono già risuonati i discorsi antisemiti del presidente Ahmadinejad, adesso procede con una versione flautata, quella del giudice Goldstone, un ebreo con tanto di figlia che vive in Israele.
Andiamo per ordine. Israele attaccò solo perché messo all’angolo da tredicimila missili caduti sul suo territorio dal 2000 e nonostante le mille richieste all’Onu di fermare Hamas dopo che aveva interamente sgomberato Gaza. L’organizzazione terrorista finanziata dall’Iran, devota alla distruzione di tutti gli ebrei del mondo, proseguì però nei suoi lanci. Le richieste di Israele all’Onu ottennero uno sbadiglio simile a quello che Goldstone ha dedicato al cittadino di Sderot David Bedein quando è andato alla seduta del Comitato per testimoniare le sofferenze della gente del suo Paese.
In secondo luogo, il richiamo continuo alla legge internazionale che si fa in tutto il rapporto, delle cui bugie ci occuperemo fra un momento, ignora i crimini di Hamas, non mettendo in relazione la guerra col bombardamento cui ha sottoposto Israele. Solo Israele è sotto accusa e lo era fin dall’inizio, tanto che persino personaggi antisraeliani come Mary Robinson, commissaria Onu organizzatrice della Conferenza di Durban del 2001, hanno rifiutato di partecipare al comitato ritenendolo “non equilibrato”. È evidente invece che i principali violatori della Convenzione di Ginevra sono coloro che combattono sparando sui civili, usando strategicamente come scudo umano fisso le proprie donne e i propri bambini e travestendo i propri combattenti coi panni dei civili. Hamas, dunque. Insomma, Goldstone non risponde alla domanda del mondo contemporaneo su come combattere al di là della convenzione di Ginevra in situazioni, per esempio, come quelle descritte da noti inviati, in cui la gente terrorizzata veniva obbligata a proteggere gli uomini di Hamas restando prigioniera per far loro scudo nelle proprie case, nelle scuole, negli ospedali, nelle ambulanze. Goldstone condanna Israele per aver combattuto in una situazione di grande difficoltà in cui erano in gioco i civili, e dimentica che il quartier generale di Hamas era situato nei sotterranei dell’Ospedale Shiba, e che Israele non l’ha toccato benché ne facessero un uso cinico.
Da chi ha ricavato le proprie informazioni Goldstone, che accusa Israele di aver colpito volontariamente i civili e di aver fatto fra i 1200 e i 1400 morti? E sono verificabili? La risposta è che il rapporto è pieno di bugie consapevoli. La commissione era già formata in origine da personaggi come la professoressa di Diritto Christine Chinkin che, prima dell’inchiesta, aveva «rifiutato categoricamente» il diritto di Israele all’autodifesa e che, sempre in anticipo, aveva dichiarato Israele «aggressore e perpetratore di crimini di guerra».
Se si va a guardare da vicino le fonti consultate, troviamo che molte non sono identificabili. Le altre, sono semplicemente le Ong antisraeliane più politicizzate: Betzelem e il Palestinian Center for Human Rights sono citate 70 volte, l’organizzazione palestinese Al Haq altre 30, e così via. L’assunzione che siano stati colpiti intenzionalmente luoghi e persone appartenenti al mondo civile, fa uso di errori fattuali: Abdullah Abdel Hamid Muamar, 22 anni, ucciso, viene definito dal Palestinian Center “uno studente”, dunque un civile. Anche Human Rights Watch, un’altra delle fonti preferite, ne fa una vittima innocente, ma secondo una pubblicazione delle Brigate Al Qassam, Muamar era un membro di Hamas, e appare sul un website arabo mentre regge un missile Qassam. Secondo una ricerca dell’esercito israeliano, 564 morti erano membri armati di Hamas, 100 erano della Jihad Islamica; i membri del Fatah, pure presenti, non sono contati, e i poliziotti del regime di Hamas, categorizzati come civili, erano per l’84% parte del meccanismo di sicurezza di Hamas; fra loro, Muhammad el Dasuqi, un membro del Comitato della Resistenza, era per esempio probabilmente uno di terroristi che attaccò un convoglio dell’ambasciata Usa nel 2003. L’attacco alla scuola dell’Onu nel campo profughi di Jabaliya, che all’inizio fu indicato come una grande strage, fu poi smentito: la scuola, anche secondo fonti locali, non fu in realtà attaccata, l’esercito sparò a una struttura nei dintorni, dove si erano acquartierati i militanti di Hamas.
In realtà, il Centro Interdisciplinare di Herzliya sostiene, secondo i dati riportati dal giornalista Ben Dror Yemini, che fra il 63 e il 75% dei colpiti sono stati uccisi perché erano coinvolti nella guerra. Erano circa 900 persone, e a questi vanno aggiunti, purtroppo, i civili usati come scudi umani.

Hamas è il vero colpevole di crimini di guerra.

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