Cultura e Spettacoli

Paolo Conte, quando la nostalgia si fa musica

In un volume di Manuela Furnari un nuovo modo di descrivere la vita, le canzoni, l'atmosfera, il passato e le aspirazioni di uno fra i più grandi cantautori di casa nostra

Paolo Conte, quando la nostalgia si fa musica

Profuma di fumo e di note black, di toni blues e di atmosfere da vecchi tempi. Di nostalgie lontane e di ambienti che parlano e rievocano soffitte multiformi, ricche di segreti ma soprattutto di ricordi. Dalle pagine di Manuela Furnari non esce solo Paolo Conte ma esce un mondo, lo stesso mondo che sembra materializzarsi come d'incanto quando il cd comincia a suonare e il Mocambo si materializza nell'immaginazione, il pensiero vola a sale da ballo affollate all'ansia di quel gelato al limone che De Gregori e Dalla stravolsero a ritmo di rock per poi scusarsi. Al mistero del naufragio di «Onda su onda» che fa molto thriller e molto malinconia.
Perché forse è proprio la malinconia l'impressione dominante delle canzoni di Paolo Conte e siccome, più di qualunque altra sensazione, è la malinconia che sa far sognare ecco che anche Paolo Conte fa sognare e «Paolo Conte. Prima la musica» (Il Saggiatore, pp.232, euro 29) fa sognare anch'esso. E non solo perché è un libro scritto bene, non solo perché l'autrice, Manuela Furnari, si getta a capofitto nei segreti di un cantautore che ha fatto la storia del blues all'italiana, ma anche perché è un libro che non accumula intorno alla musica solo chiacchiericcio ed aria fritta. Insomma, è un libro vero. Ed esce tutto Paolo Conte.
L'avvocato astigiano che dei suoi concittadini dice che «sono asciutti, rudi, un po' squadrati, tagliati con la scure, anche nelle scelte di vita artistica raramente è venuto fuori qualcosa di gentile chi ha preso per mestiere in mano una penna lo ha fatto per scrivere tragedie. Federico Della Valle, Vittorio Alfieri, Angelo Brofferio». Già, Alfieri, che Paolo Conte dice di «aver patito molto a scuola» e che dipinge con poche pennellate: «Alfieri, al fieri, al divenire eterno il fato mio incatenommi per scellerato enigma».
Paolo Conte cantante e autore: l'uomo che scriveva per gli altri e fu convinto dai discografici che era il caso di proporre al pubblico le sue fatiche. Paolo Conte pittore che con «Razmataz» è riuscito a confezionare un'opera che profumasse di musical e strizzasse l'occhio al cinema. Maniere felliniane anche se l'avvocato di Asti, che ama le sale buie e quelle cinematografiche non fanno eccezione, preferisce i film americani. Atmosfere d'antan, movenze che si materializzano e si smaterializzano, come il fumo di una sigaretta sopra un pianoforte, intorno a un bicchiere. Il piano, inseparabile compagno di sere e di musica: il mezza-coda casalingo Schiedmeyer-Stuttgart che Conte, in trasferta tedesca, è andato a cercare per visitarne la fabbrica e se ne tornò col magone: «È scomparsa» oppure lo Steinway americano del '25 amico di tanti concerti.
E i colori di Paolo Conte. Colori e musica: il tinello marron del Mocambo, la topolino amaranto, la verde milonga, ma anche il sogno verde e la «regina nera», quella ballerina color cannella che aveva le sembianze di Josephine Baker. Sapori e profumi di città dove la musica è magica atmosfera: Parigi e New Orleans, Chicago e il rag e il jazz e il blues. E l'Harry's bar. I teatri di casa nostra. Genova per noi. E Venezia di notte. Palazzi e canali che diventano una strada che porta lontano e fa volare via. Via con me E i sogni di ieri, o i misteri dell'altro ieri. Più Gozzano che Alfieri, anche se gli astigiani «sono tagliati con la scure». Più Nonna Speranza che Hemingway. La nostalgia del Mocambo e i ragazzi del Settantatrè. L'ultima frontiera è quella del decalogo di Conte docente che si offre all'uditorio anche se i punti sono otto. Non è nato per insegnare, l'uomo delle mille sigarette, e delle magìe sul pentagramma. Infine le foto. Non manca nulla nel libro della Furnari che analizza le canzoni, le monta, le smonta e si conclude con una discografia precisa, l'elenco delle canzoni e un apparato di note. E la citazione che chiude i giochi: «Posso dire di non avere mai rinnegato nessuna delle mie canzoni. Allo stesso tempo è anche veramente difficile stabilire quale sia il motivo del loro successo».

Firmato: Paolo Conte.

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