Controcorrente

Il papà imprenditore che con i viaggi ha sconfitto l'autismo

Dopo la diagnosi della malattia del figlio ha lasciato tutto e si è dedicato a lui. Con una fondazione-azienda e le spedizioni in mezzo mondo

Il papà imprenditore che con i viaggi ha sconfitto l'autismo

«Quando la disabilità grave entra in famiglia è come se si scatenasse un terremoto. Solo che è un sisma che dura tutta la vita. Non sai che fare e nessuno ti aiuta». Il terremoto ha travolto l'esistenza di Franco Antonello 20 anni fa, quando a suo figlio Andrea fu diagnosticata una forma di autismo. Era un bambino di due anni e mezzo, sano e vivace. La sentenza arrivò come un pugno dritto in faccia. «Da qualche tempo mio figlio aveva cominciato a manifestare comportamenti inconsueti racconta -. I medici ci dissero che era diventato autistico». Adesso Andrea di anni ne ha 23, suo padre è sempre insieme a lui. Ma è anche con tantissime altre persone, che aiuta attraverso la fondazione che ha creato. L'ha battezzata «I bambini delle fate» (www.ibambinidellefate.it, la pagina Facebook è «francoeandrea») e l'ha organizzata come se fosse un'impresa.

«Ho sempre lavorato nel mondo della pubblicità e della comunicazione dice -, un'esperienza ventennale che mi ha portato a fondare un'azienda tutta mia. Poi è arrivato Andrea. Tutto quello che è accaduto dopo ha cambiato completamente la mia esistenza. Innanzitutto, mi ha permesso di conoscere il mondo del sociale, una realtà fino a quel momento lontana». Antonello ha scoperto due universi diversi. «Da un lato c'è l'impresa, con la sua efficienza e i suoi meccanismi perfetti prosegue -. Dall'altro il sociale, che è fermo alla preistoria e vive solo di donazioni e volontariato. Così ho deciso di attivarmi per cambiare le cose. Ho lasciato la mia azienda in mano ad alcuni collaboratori e nel 2005 ho dato vita alla fondazione». Una vera e propria industria che ha cuore sociale ma testa imprenditoriale. Ha sede a Treviso e oggi conta 15 dipendenti, 10 incaricati che curano i rapporti con le aziende e 50 «fate» che si occupano delle adesioni private.

«Ci siamo strutturati in modo da siglare veri e propri contratti, in seguito ai quali le realtà che operano con noi versano una quota mensile conferma -. Attualmente sono legati a noi 700 imprese e 2.500 privati. Grazie a queste entrate finanziamo 48 progetti in tutta Italia che riguardano ragazzi con diverse disabilità». Grazie a questo meccanismo migliaia di bambini e le loro famiglie ottengono sostegno e assistenza da parte di associazioni locali alle quali la fondazione versa fra 50 e 150mila euro l'anno. «Ogni mese diamo conto dei soldi che spendiamo. Acquistiamo una pagina sul giornale locale e pubblichiamo tutti i dati: quanto versiamo, a chi e per quale progetto».

Tutto è nato da quel terremoto. E da una considerazione: «In Italia la disabilità è un dramma per migliaia di famiglie. C'è la vita quotidiana, che è difficile. Ma anche il futuro, perché quando i genitori vengono a mancare i figli restano soli. Chi ha soldi e cultura si salva, gli altri finiscono nella disperazione più assoluta». Spesso intrappolati in una realtà di chiusura e abbandono. «Per molti la vita quotidiana è fatta di psicofarmaci e centri inadeguati prosegue Antonello -. In troppi casi le persone disabili passano lunghe ore sedate, a volte perfino legate. Nel nostro Paese ci sono 400mila ragazzi affetti da autismo. Il 99% è privo di sostegno e le famiglie sono costrette ad arrangiarsi. Sentendosi dimenticate dalla società».

Per Andrea invece la vita è molto diversa. Anche grazie al suo inseparabile papà. «Mio figlio viene seguito dai tutor, partecipa al progetto Aba, lavora con me in fondazione, ha collaborato alla stesura di due libri e parteciperà alle riprese del film tratto dal nostro primo scritto: Se ti abbraccio non aver paura. Ha girato il mondo con me, sia per lavoro sia per i nostri bellissimi viaggi. Nella sua vita ci sono molti problemi, ma anche tanto divertimento».

Proprio i viaggi sono diventati una costante nella vita di Franco e Andrea, un'esperienza dalla quale sono nati quattro libri e tante esperienze indimenticabili. «Quando mi chiedono se ci siano state difficoltà rispondo che viaggiare non è una difficoltà. Le difficoltà sono quelle delle migliaia di famiglie che hanno in carico 24 ore al giorno i ragazzi disabili senza poterli gestire in modo adeguato. Quindi non chiamatemi eroe solo perché ho girato il mondo con mio figlio». Sono tantissimi i ricordi indelebili. «Ogni singolo giorno passato in viaggio è stato bellissimo dice -. La cosa più positiva è che girando il mondo mio figlio ha conosciuto l'amicizia, l'amore e realtà nelle quali la disabilità è considerata solo come un modo diverso di approcciarsi. Così ha costruito la sua autostima e ha capito che autismo non significa solo restare chiusi in una stanza e prendere farmaci». Perché in Italia il più grande ostacolo è di tipo culturale. «Ai ragazzi come mio figlio ciò che manca di più è l'amicizia spiega Antonello -. Andrea non ha amici perché nessuno vuole uscire o andare al cinema con lui. E questo è un problema culturale. Io stesso non conoscevo la disabilità finché non è entrata nella mia vita. Solo allora ho capito che le cose che per me erano importanti, che consideravo problemi enormi, in realtà non erano nulla».

Anche per questo Antonello l'anno prossimo lancerà un nuovo progetto: il Banco del tempo sociale. «Coinvolgerà ragazzi con disabilità e studenti del liceo. Ogni ragazzo diversamente abile avrà tre amici, che staranno con lui due ore a settimana. Chi parteciperà riceverà anche crediti scolastici. Questo perché sono convinto di una cosa: se tutti dedicassero a una persona disabile un po' del loro tempo avrebbero la possibilità di guardare il mondo da una prospettiva diversa». La stessa che per Franco e Andrea è diventata quotidianità. «Quando mi hanno dato la diagnosi ho pensato al peggio ricorda -. Adesso le difficoltà ci sono ancora, ma in compenso la mia vita è più ricca. Prima lavoravo e guadagnavo tantissimo. Adesso lavoro e guadagno molto meno, ma vedo ogni cosa in modo nuovo». Resta però una certezza: nel nostro Paese bisogna fare ancora tanta strada. «La situazione che c'è oggi in Italia lascia davvero poche speranze dice -. In compenso ho capito che la cosa migliore da fare è agire concretamente». Da questa consapevolezza nasce un sogno. «Grazie al sostegno delle imprese e dei privati vorrei arrivare in tutte le province italiane. E sostenere ovunque almeno un progetto di inclusione sociale».

Per portare sul viso di tanti bambini disabili lo stesso sorriso contagioso del suo adorato Andrea.

Commenti