Il papà del Pendolino dottore a 85 anni

Nemmeno da bambino. Non c’era tempo di giocare con i trenini. Capita di prendersi delle rivincite con la propria storia. Lui fece le cose in grande: progettò e costruì addirittura un pendolino, il «Pendolino Parizzi». Non un modellino, ma un treno vero, un ETR 460 varato nel 1994 in collaborazione con la Fiat. Sembra una storia d’altri tempi, invece è attualità.
Classe 1924, 85 anni portati quotidianamente in ufficio, oggi come quarant’anni fa, Eugenio Parizzi, il commendator Parizzi, come ancora si premurano di chiamarlo i suoi operai, domani diventerà dottore in Ingegneria. «Non avrei mai immaginato alla mia età di trovare ancora qualcosa capace di darmi un’emozione simile. Mi sento come un ragazzino all’esame di terza media» dice. Il Politecnico di Milano ha scelto lui per conferire la prima Laurea ad honorem in Automazione. E a chi altri sennò? In aula Magna alla presenza del rettore Giulio Ballio che leggerà le motivazioni del conferimento ci saranno tutti. «Tanti, sì tanti», dice lui. I tanti operai, tutti invitati personalmente alla cerimonia, molti dei quali ormai in pensione che sono cresciuti alla Elettromeccanica Parizzi. Prima negli anni Settanta nella sede di Bresso, poi negli anni Novanta in quella di Sesto San Giovanni, nei capannoni che furono della Marelli e dove ancora oggi lavorano 400 persone. Tutti ad applaudire quest’uomo nato in provincia di Piacenza ad Alseno, paese agricolo, da genitori contadini che avrebbe dovuto continuare il percorso tracciato dal padre nei campi e che invece dell’agricoltura scelse l’industria. Iscritto alla scuola di agraria, Eugenio Parizzi, alla vigilia degli anni quaranta vedeva il suo destino al di là del Po. E così fu. Arrivò a Milano per frequentare un corso di meccanica e poi venne assunto alla Issi (istituto scientifico sperimentale italiano).
«Mi occupavo di acustica, di silenziatori per i sommergibili - racconta -. Ma è qui che incontro un professore, Gino Sacerdote, mi insegnò tanto, ma soprattutto l’amore per la ricerca».
Nel dopoguerra le aziende che avevano più bisogno erano quelle dei trasporti. Per far ripartire l’Italia bisognava potenziare i trasporti. Così si mette in proprio. Il suo primo regno fu un seminterrato di 25 metri quadrati dove c’erano lui, un tecnigrafo, un tornio parallelo, due trapani e un disegnatore. Quarant’anni dopo l’Elettromeccanica Parizzi è un impero assorbito da Fiat Ferroviaria e da Alstom, società francese che a Sesto San Giovanni dà ancora lavoro a oltre 400 persone. Un’azienda cresciuta pian piano con Eugenio Parizzi sempre in prima fila. Un condottiero che ha lasciato in chi ha lavorato con lui un ricordo profondamente umano e incancellabile. Tanto che a Natale i suoi ex operai bussano ancora a casa sua per fargli gli auguri. Per la pensione lui non ha tempo: «Sognare la vita tranquilla da pensionato è prerogativa di una categoria di persone a cui non appartengo e cioè coloro i quali vedono nel lavoro unicamente costrizione e sacrificio. Per me il lavoro è stato soprattutto ed è ancora grande soddisfazione e motivazione per stare al mondo».
E come in una vera storia deamicisiana non poteva mancare il finale: la prima Laurea ad Honorem in Ingegneria dell’Automazione è sua come riconoscimento al suo lavoro tecnico e imprenditoriale. Ci saranno anche gli operai ad applaudire l’ingegnere «neo» solo sulla carta.

E a fotografare un po’ di commozione.

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