Papa Bergoglio, la rivoluzione a partire da un inchino

"Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo"

Papa Bergoglio, la rivoluzione a partire da un inchino

"Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo". Con queste parole (e senza le tradizionali insegne d'oro e di ermellino) Jorge Mario Bergoglio si è presentato alla folla di piazza San Pietro in occasione della sua prima benedizione dalla Loggia, subito dopo l'elezione del 13 marzo 2013.

"E adesso - continuò il nuovo Pontefice - vorrei dare la Benedizione, ma prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perchè mi benedica, la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me". E pronunciando queste parole, Papa Francesco chinò la testa davanti ai fedeli. Gesto ripetuto più volte, in Turchia nel 2015, alla fine di novembre, quando con il capo chinato volle pregare in silenzio nella Moschea Blu. E poi nuovamente l'inchino per ricevere la benedizione del patriarca ecumenico Bartolomeo I (che lo ha baciato invece sul capo, tirandolo a sè con un abbraccio).

Gesti che rivelano la determinata volontà di Papa Francesco di abbassarsi per raggiungere davvero tutti con un messaggio di pace e di spogliare se stesso e la Chiesa Cattolica da trionfalismi e identitarismi. Questo chinarsi è il "segno" del Pontificato di Jorge Mario Bergoglio, gesuita 80enne ma molto moderno nella sua visione di una Chiesa non piramidale e per questo capace di rivolgere nella sua prima apparizione pubblica quell'invito del tutto inedito alla folla.

Di grande impatto anche le parole pronunciate in occasione del primo viaggio apostolico, a Lampedusa, l'8 luglio 2013: "Siamo una società che ha dimenticato l'esperienza del piangere, del 'patire con': la globalizzazione dell'indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere! Chiediamo perdono per l'indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all'anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi".

In piazza San Pietro, il 7 settembre 2013, alla Veglia di preghiera per la pace in Siria e Medio Oriente, ancora parole che non potranno essere dimenticate. "Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace!. Guarda al dolore del tuo fratello, penso ai bambini: soltanto a quelli!".

"Guarda - invocò ancora Francesco rivolto implicitamente al presidente statunitense Obama e ai leader alleati che stavano per ordinare un attacco aereo sulla Siria - al dolore del tuo fratello, e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l'armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l'incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l'umanità".

In una delle omelie di Santa Marta, il 4 marzo 2014, Francesco è poi tornato su un altro dei temi centrali della sua predicazione, la vicinanza ai cristiani perseguitati. "Io vi dico - sono state le sue parole - che oggi ci sono più martiri che nei primi tempi della Chiesa. Tanti fratelli e sorelle nostre che offrono la loro testimonianza di Gesù e sono perseguitati. Sono condannati perchè posseggono una Bibbia. Non possono portare il segno della croce". Questa è "la strada di Gesù. Ma è una strada gioiosa perchè mai il Signore ci mette alla prova più di quello che noi possiamo sopportare". Grazie al lavoro del Consiglio dei 9 cardinali che lo aiuta nel governo della Chiesa Universale, Papa Francesco ha impresso una straordinaria accelerazione al processo di riforma della Curia e alla vigilia del suo primo anniversario di Pontificato ha firmato e pubblicato norme che rivoluzionano le finanze vaticane. Francesco ha così mantenuto fede a quanto promesso nella conferenza stampa sull'aereo che lo riportava a Roma da Rio de Janeiro, quando aveva detto che se anche avesse voluto affrontare gli aspetti economici e finanziari della Santa Sede il prossimo anno, "le cose che sapete sono accadute" lo hanno indotto a procedere subito. Nelle sue parole il Papa aveva fatto esplicito riferimento all'uso improprio di conti presso lo Ior che aveva causato le dimissioni del direttore e vice direttore dell'Istituto.

In linea con la visione della Chiesa come "un ospedale da campo" chiamato a curare le ferite delle persone, evocata da Francesco nella conversazione col gesuita Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, e ripetuta spesso nella predicazione quotidiana alla Domus Santa Marta, il cui risultato è un ritorno al sacramento della confessione da parte di tantissinmi che se ne erano allontanati. Ma Francesco ha posto con urgenza anche il tema dell'attenzione ai divorziati risposati, la cui esclusione dall'Eucaristia di fatto allontana dalla Chiesa anche i loro figli, cioè intere generazioni, come ha osservato Francesco nel suo primo incontro con i superiori religiosi, nel novembre 2013.

Ma soprattutto Francesco ha recuperato alla Chiesa Cattolica "la Gioia del Vangelo", come recita il titolo del documento programmatico del Pontificato: la Evangelii Gaudium". Una novità che vuole restituire dignità a chi è tenuto ai margini della società e rende tutti un pò più umani. Il fenomeno a cui assistiamo, in concreto, è che dopo 2000 anni la parola di Gesù riproposta da Francesco conquisti tante copertine, pagine di giornali, servizi di tg e radio, e più ancora i discorsi semplici e sinceri delle persone comuni sull'autobus e quelli colti delle aule universitarie.

La stessa centralità del Vangelo affermata da Francesco con ogni iniziativa pastorale e in tutti i suoi interventi pubblici, la ritroviamo anche nelle incisive decisioni di governo, che sono tutte nel segno della Collegialità: il Consiglio degli 8 cardinali, il gruppo di lavoro per la prevenzione degli abusi, la riforma delle finanze vaticane scaturita dal lavoro delle Commissioni di inchiesta su Ior e dicasteri, la nomina di 19 nuovi cardinali scelti con criteri che premiano chiese povere come quelle di Haiti e Mindanao, e pastori umili come Capovilla e Bassetti, le nuove modalità di lavoro del Sinodo dei vescovi inaugurate con il questionario delle 38 domande sulle sfide del contesto attuale alla pastorale della famiglia che tanta speranza hanno suscitato (per la prospettiva di un ritorno alla antica prassi penitenziale per i pubblici peccatori che potrebbe essere applicata ai divorziati risposati).

In buona sostanza, Papa Francesco è riuscito in 3 anni e mezzo a ribaltare la situazione di grave sofferenza nella quale la Chiesa Cattolica era piombata nei giorni dello scandalo Vatileaks seguiti all'annus horribilis delle rivelazioni sugli abusi dei preti pedofili, il 2010. Mali della Chiesa denunciati da Jospeh Ratzinger già prima dell'elezione del 2005: "Quanta sporcizia nella Chiesa!", lamentò nella meditazione scritta per l'ultima "Via Crucis" di Giovanni Paolo II, il grande Papa polacco elevato agli altari da Ratzinger il primo maggio 2011, e canonizzato da Bergoglio il 27 aprile 2014, evento simbolo di una primavera della fede preparata nei primi due pontificati di questo nuovo millennio e che sembra ora fiorire.

Una primavera preceduta da tante sofferenze perchè gli 8 anni di Benedetto XVI hanno fatto emergere le contraddizioni che tuttavia covavano nella Chiesa e che Ratzinger aveva ben identificato: "L'attacco terrificante non viene dai nemici fuori, quanto dall'interno", ci aveva spiegato nel viaggio verso Fatima del 2010. Come affermato dallo stesso Papa Emerito nella sua "declaratio", la rinuncia dell'11 febbraio 2013 fu motivata dalla consapevolezza acquisita di non avere più le forze necessarie a guidare la Chiesa in una fase così difficile ed esigente, cioè a debellare i mali che l'affliggono come l'affarismo (portato a galla dai nuovi scandali dello Ior) il carrierismo (che si manifesta nelle cordate e nelle lotte di potere) gli abusi di potere oltre che sessuali (la tragedia della pedofilia che tante lacrime ha fatto versare a Papa Ratzinger nel percorso-calvario degli incontri con le vittime nei suoi viaggi).

Questi stessi mali denuncia e combatte Francesco, che all'Aventino per i riti del Mercoledì delle ceneri 2014 ha affermato: "Qualcosa non va bene in noi, nella società, nella Chiesa e abbiamo bisogno di cambiare, di dare una svolta, di convertirci. Quando guardo nel piccolo ambiente quotidiano alcune lotte di potere per gli spazi, penso: questa gente gioca a Dio creatore, ancora non si sono accorti che non sono Dio".

Non è un caso dunque che, a un anno dall'elezione, il principale sostenitore di Papa Francesco e della sua riforma sia proprio il predecessore Benedetto XVI, che a questo dedica ora le sue preghiere e - come ha scritto nella lettera ad Hans Kung - la sua stessa vita.

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