Europee 2009

Il Pdl resta davanti. Il Carroccio perde la sfida del Veneto

Noventa Padovana - La notte del tentato sorpasso è cominciata alle nove e mezzo della sera, quando mancava mezz’ora ai semafori verdi dell’apertura delle urne. Il ministro dell’Agricoltura Luca Zaia era tranquillo e beato in una trattoria dalle parti sue, fra Treviso e Conegliano e masticava tutto fuorché amaro. «Abbiamo ottimi sondaggi», gongolava. I leghisti che parlano di statistiche fanno già notizia, loro che si sono sempre fatti un vanto di ignorare i sondaggi perché «abbiamo direttamente il polso degli elettori».

Alla stessa ora il numero uno dei leghisti veneti, Giampaolo Gobbo, è seduto nella sede nazionale della Liga Veneta, un appartamento al primo piano di una palazzina poco lontano dalla tangenziale di Padova e ha già ricevuto tre telefonate da Umberto Bossi che freme in via Bellerio. «No savemo gnente», risponde laconico Gobbo. Di solito da queste parti i boss del Carroccio preferiscono trovarsi al bar piuttosto che in sezione. Invece stavolta il partito di Bossi è più organizzato: rappresentanti di lista sparpagliati nei seggi, militanti che comunicano le preferenze alla segretaria di Gobbo. Il quale, finché c’è tempo, preferisce estrarre gli attrezzi per la serata: bottiglie, bicchieri di plastica e un coltello dalla lama lunga e stretta per fare a fettine un signor prosciutto crudo di Montagnana. «Rifornimento solito», sorride. In realtà è tutto pronto per festeggiare il sorpasso sul Popolo della libertà anche se a presidiare il fortino di Noventa Padovana sono soltanto in tre: Gobbo, il senatore trevigiano Piergiorgio Stiffoni e Arianna tuttofare. Ottomila voti separavano un anno fa la Lega Nord dal Pdl nel Veneto, da sola aveva quasi agganciato la somma di Fi e An. A Verona, Vicenza, Treviso, Belluno il Carroccio già era primo.

Oggi a Bossi basterebbe confermare l'8 e mezzo nazionale di un anno fa e conquistare la regione per cantare vittoria. È quella la vera posta in palio, la linea del Piave. Alle 22, quando La7 trasmette il primo generico instant-poll che piazza la Lega tra il 6,5 e il 10,5 per cento, Gobbo alza le spalle. Delle percentuali nazionali frega niente, contano solo i voti veneti.
Stiffoni racconta che la gente gli chiedeva nomi da scrivere sulla scheda. «È un bel segnale per noi - spiega - vuol dire che i nostri elettori non si limitano più a barrare il simbolo, vogliono esprimere un voto consapevole». Come commissario della Lega del Lazio, venerdì Stiffoni ha chiuso la campagna elettorale a Cisterna di Latina assieme a Zaia: «Una manifestazione fantastica, piena di gente, il Tempo ha titolato: Cisterna come Pontida».

Ma quello che il senatore leghista tiene sotto controllo è il seggio 20 di Treviso, «quello dove andiamo peggio». Il primo che arriva è invece il numero 48, zona Santa Bona, centro storico, «la mia patria» esclama Gobbo: Lega 219, Pd 131, Pdl 126. Ecco a seguire il 44: Lega 128 voti contro i 129 di un anno fa, Pdl 121 contro 164, Pd 64 contro 123. «È la conferma che l’astensionismo non ha toccato noi ma ha colpito a sinistra», commenta Stiffoni. Poi è una pioggerella di telefonate. Dove il dato principale non è quanto ha preso la Lega, ma quanto ha preso più del Pdl. La battaglia è quella, conta unicamente il derby nel centrodestra. A Motta di Livenza 40 voti in più; a Belluno 24 per cento Lega, 24 Pdl, 23 Pd. Un’altalena che finirà soltanto a notte fonda.

Verso l’una e mezzo il sorpasso sembra un obiettivo lontano. Il Carroccio è stabilmente avanti a Verona e Treviso, lotta col Pdl a Vicenza (delusione leghista), cede il passo a Venezia, Padova, Rovigo e Treviso. Dopo un braccio di ferro iniziale attorno a quota 27-28 per cento, il Pdl sembra avviato verso il 29 per cento mentre la Lega non arriva al 28. Man mano che nella sede di Noventa Padovana giungono le segnalazioni dalle periferie leghiste, il testa a testa lascia spazio a una rincorsa lunga e probabilmente infruttuosa. Stiffoni predica pazienza, Gobbo non si scompone. «Le prime sezioni non fanno testo, certo che se i segnali sono questi siamo comunque contenti. Agli exit-poll non credo, sono soldi spesi male, mai dato risultati veritieri. La verità è che noi siamo il partito dei fatti, abbiamo ottenuto il decreto sicurezza e il federalismo fiscale. Oggi i conservatori sono i partiti di sinistra, sta avanzando la logica dei popoli e delle regioni, non degli ideali che hanno sempre diviso i partiti. Il presidente veneto? Sono tanti anni che lo chiediamo, dal 2001 non abbiamo mai avuto nessuna regione importante mentre altri partiti della coalizione sì».

Il senatore Giampaolo Vallardi, ex sindaco di Chiarano, tiene il prosecco in fresco. «Non abbiamo ancora dati ufficiali, per cui voglio essere scaramantico, ma se si confermano i primi dati sarà una sorpresona». Flavio Tosi, sindaco di Verona, ha invece staccato il telefono.

Sabato si è procurato una brutta botta giocando a calcio: meglio riposarsi, se la Lega batte il Pdl in Veneto probabilmente sarà lui a prendere l'eredità di Giancarlo Galan.

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