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Pelè, quarant'anni fa e il gol numero 1000

Il 19 novembre 1969 O'Rey realizzò un gol che entrò nella mitologia del calcio. Un rigore contro il Vasco de Gama al Maracanà che tutti aspettavano e che tutti cercarono di impedire. "Mai avuto paura come quella sera". Che diventò bottino dei ladri. Il video

Pelè, quarant'anni fa 
e il gol numero 1000

Era una sera di metà novembre ma c'era aria di primavera. Conrad, Gordon e Bean sbarcavano sulla Luna per la seconda volta con l'Apollo 12, il Brasile festeggiava il Giorno della Bandiera. Ma a Rio de Janeiro aspettavano solo la fine del mondo. 19 novembre 1969, quarant'anni fa, un altro calcio lontano una vita. Al Maracanà si gioca una partita come tante ma non una partita qualsiasi. Vasco de Gama, la squadra di Rio, contro il Santos di Pelè, è la coppa d'Argento, anteprima del campionato brasiliano, poco più di un'amichevole. Ma con 65.157 spettatori, quasi come una finale, quasi come un derby. Per evitare l'inevitabile il Vasco schierò cinque difensori uno dei quali, Renè, investito di una missione impossibile: impedire a Edson Arantes do Nascimiento detto Pelè, O'Rey de futbol, di segnare il gol che tutto il mondo aspettava, il numero 1000, un cult oggi per gli amanti del vintage. C'era un argentino in porta, Andrade, uno dei più tosti, non voleva, chissà perchè, entrare nella storia, tantomeno dalla porta di servizio. Parò tutto quella sera compreso un pallonetto all'incrocio di O'Rey, dove non arrivò lui fu la traversa a mettersi di mezzo, fece di tutto per impedire quel gol atteso come il Messia.
Segno Beneti per il Vasco al minuto 17, pareggiò un'autorete di Renè al decimo del secondo tempo. Sembrava rinviata al 2012, invece la fine del mondo arrivò puntuale al 32mo della ripresa, alle ore locali 23.23. Fallo su Pelè, buttato giù appena entrato l'area, fallo da ultimo uomo, ma allora non c'erano espulsioni. Rigore. Non poteva che arrivare così l'Apocalisse. Tutto il pubblico, del Vasco e del Santos, gridò un nome solo. Poi scese un silenzio di gelo.
Era molto nervoso il re: «Ho tremato prima di battere quel rigore: aveva già tanta esperienza, già vinto mondiali, ma ero emozionatissimo», l'unica volta dirà a fine carriera in cui ha avuto veramente paura. Fidelis, il terzino destro, comincio a scavare buchi sul dischetto con il tacchetto, ma niente ormai poteva evitare l'inevitabile. Rincorsa lenta, destro piatto sulla sinistra del portiere, Andrade la tocca con le unghie, ma non la ferma. Prende a pugni l'area per la rabbia.
Bacia la palla Pelè mentre tutti baciano lui, i reporter che entrano tutti in campo, i compagni che lo prendono sulle spalle e lo portano in trionfo, si rivedrà la stessa scena l'anno dopo all'Azteca, Brasile batte Italia quattro a uno, finale della coppa Rimet. Dopo venti minuti buoni Pelè fu liberato da quell'abbraccio, sostituito sfilò con una maglia del Vasco che era da bambino la sua squadra del cuore con il numero 1000, la partita finì così, due a uno, senza di lui. Fu accusato di demagogia perchè dedicò quel gol a tutti i bambini poveri del mondo. Aveva 29 anni. Ma il tempo passa anche per gli dei. La targa che celebrava la fine del mondo fu rubata dai corridoi del Maracanà, così come la Coppa Rimet che fu persino fusa, sparì anche il pallone di quella partita dal Museo del calcio di Rio, ma almeno quello fu ritrovato e messo all'asta per 30mila dollari tutti finiti, almeno nelle intenzioni, in beneficenza.
Mille gol non è più la fine del mondo ma un dato statistico, una frontiera che ha superato anche Romario, senza diventare epopea e nostalgia. Aveva ragione il poeta brasiliano Carlos Drummond de Andrade. Si chiamava come il portiere del Vasco e gli basto una riga per riassumere un romanzo: «Non è difficile segnare mille goal come Pelé.

É difficile segnare un goal come Pelé».

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