Roma

«Pensare in piccolo» per rilanciare l’economia

Quando si parla di micro, piccole e medie imprese (pmi), si parla del negozio di alimentari come dell’azienda di componenti hi fi e di quella che produce ceramica o laterizi, della bottega d’artigianato come dello stabilimento di arredi e strumentazioni per auto e barche. Cioè di centinaia di migliaia di mattoncini, di pixel, da cui prende forma e sostanza l’economia del Paese, quindi del Lazio. È dal riconoscimento del ruolo rivestito dalle pmi che Pietro Di Paolo, assessore regionale alle Attività produttive e ai Rifiuti, vuole partire per realizzare nuove politiche di sviluppo. Sulla base di una «profilassi ricostituente» la cui denominazione si legge come uno slogan: pensare in piccolo fa bene.
Assessore, «pensare in piccolo» aiuterà a superare il momento difficile della nostra economia?
«Due anni fa la Commissione europea lanciò lo Small business act, a cui il nostro governo ha aderito. È un manifesto del “diritto di fare impresa” che introduce nuove misure per accrescere la competitività delle pmi. Think small first, cioè pensare anzitutto in piccolo, è lo slogan, o il monito, derivante. Condivido questo approccio. La piccola azienda rappresenta, infatti, la cellula dell’organismo economico: va quindi valorizzata per la salute di tutto l’apparato. Ora la sfida è ideare l’algoritmo del “fare impresa” efficace per il nostro territorio. Dal livello nazionale arrivano notizie positive su questo».
Si riferisce alla proposta di legge sullo statuto delle imprese?
«Sì. È stata lanciata da Raffaello Vignali, vicepresidente della commissione Attività produttive della Camera, e va proprio nel senso del pensare in piccolo, riconoscendo il valore economico-sociale delle imprese. Tra l’altro, in base ai dati di gennaio-maggio di quest’anno sulla natalità e mortalità delle pmi, elaborati da Movimprese, il Lazio emerge come la Regione più dinamica, con un saldo positivo di aziende. Il terreno quindi è fertile per accogliere un programma di riforme».
Un esempio di soluzioni urgenti?
«La semplificazione amministrativa: è una priorità. E poi l’accesso al credito, che non deve essere di tipo assistenzialista e deve fondarsi su delle certezze, come quella della tempistica. Per un’azienda attiva nel settore ipercompetitivo dell’innovazione tecnologica, dove i cambiamenti sono quotidiani, un anno di attesa dei fondi equivale a un’eternità».
I Distretti industriali sembrano meno rispondenti alle necessità delle pmi rispetto al passato.
«Nel 2001, la Regione guidata dal centrodestra varò la legge sui distretti industriali. La ratio era quella di individuare sia dei sistemi produttivi locali da potenziare sia delle aree con imprese specializzate, con l’obiettivo di finanziare progetti innovativi. Il primo a nascere fu il distretto della ceramica di Civita Castellana, inglobante diversi comuni del viterbese. Il provvedimento normativo portò, e porta tuttora, benefici economici. Ora la legge necessita di un aggiornamento, di un adeguamento ai cambiamenti sopravvenuti dal varo e dall’ultima crisi del 2008, di cui avvertiamo ancora la coda velenosa».
In effetti dal 2001 a oggi i cambiamenti sono stati tanti.
«Il tessuto produttivo nel corso degli anni si è trasformato, è divenuto multiforme: lo ha rilevato il recente studio di Unioncamere-Censis. Penso che si debba ragionare anche sull’incentivazione delle “reti d’impresa”, come sta avvenendo in altre realtà italiane ed europee. Stiamo cominciando a operare per riportare le normative alla corretta dimensione spaziotemporale. Apriremo una grande stagione della concertazione.

E sarà importante delineare gli scenari futuri».

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