Pietro Kibe Kasui & C.

La prima beatificazione in terra giapponese è dello scorso anno, 2007. 188 martiri, tra cui il padre gesuita Pietro Kibe Kasui. Nacque nel 1587, lo stesso anno in cui lo shogun Toyotomi Hideyoshi espulse i missionari stranieri. La comunità cristiana era concentrata a Nagasaki, il porto da cui i giapponesi commerciavano con gli europei. Pietro poté studiarvi in seminario perché Hideyoshi morì e i vari signori feudali erano impegnati nelle guerre di successione. Con la grande e definitiva battaglia di Seigahara del 1600 il clan dei Tokugawa prese il potere. Nel 1614, aizzato dai bonzi buddisti e dai mercanti olandesi, protestanti, lo shogun temette che i missionari spagnoli e portoghesi stessero preparando il terreno a un’invasione militare. Tutte le chiese cattoliche vennero chiuse e i missionari raggruppati a Nagasaki. Da qui espulsi. Kibe Kasui si portò a Macao e poi a Roma. Qui venne ordinato sacerdote nel 1620 e mandato a Lisbona. Nel 1638 scoppiò la grande rivolta dei cristiani nella penisola di Shimabara. La rivolta fu domata con un massacro indiscriminato di donne e bambini, e il governo impose il buddismo con la forza. Kibe Kasui tornò clandestinamente per assistere i cristiani perseguitati ma nel 1639 fu catturato a Sendai insieme ad altri due preti. Torturato per dieci giorni di fila, rifiutò di abiurare venne ucciso a Edo (oggi Tokyo).

Da quel momento il Giappone divenne «paese chiuso» e i cristiani conobbero due secoli di catacombe. Solo nel 1889 fu ammessa la libertà religiosa. C’erano volute le cannoniere americane per far riaprire il «paese chiuso».

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