Cultura e Spettacoli

Ma che lingua parli? Parlo l'ital-english

Il nostro vocabolario è sempre più una colonia anglosassone. Esterofili per forza e per pigrizia

Ma che lingua parli? Parlo l'ital-english

Neanche a farlo apposta, sono appena ( just in time ) tornato da un corso di aggiornamento professionale sul project financing (finanza di progetto). Ottenendo due miseri punticini, i primi di una ahimè lunga serie che dovrò accumulare se vorrò (e nonostante tutto lo voglio, è un must ) continuare ad appartenere alla community dell'Ordine dei giornalisti. Lì ho appreso per l'ennesima volta quanto sia elevato lo spread fra la mia persona, il mio profile , e il mondo che mi gira intorno. Talmente elevato da farmi considerare un homeless , un senza fissa dimora, un barbone che neppure in un charity shop potrebbe piazzare la propria merce di conoscenze, il proprio background .

Se dovessi inventarmi un hashtag per etichettare la mia condizione, andrebbe bene #nobody , perché il mio nome è veramente nessuno. Però senza la maiuscola sottintesa da quel furbacchione di Ulisse per mettere nel sacco Polifemo. Visto che, per evitare di andare definitivamente in crash , giuro sulla Commedia dell'Alighieri che fino a oggi non ho mai né postato , né twittato nulla. Io sono l'opposto di un nativo digitale, sono un moribondo analogico. E, beninteso, non me ne vanto, vorrebbe dire to piss out of the water , pisciare fuori dal vaso. Tuttavia, pur non essendo un top player o presunto tale (magari di quelli scritturati da un top club per sbagliare gol - senza la «a», please - a tre metri dalla porta vuota) che inanella più selfie che dribbling, né tantomeno un opinion maker il cui compito è distribuire mission a destra e a manca con la complicità di un ceo che l'Alighieri di cui sopra tradurrebbe in «pue», cioè «primo ufficiale esecutore», ho comunque ben presente il mio core business , la mia specialità della casa. Specialità si fa per dire, visto che consiste molto banalmente nello scrivere in italiano.

Italiano che rischia seriamente il default , altrimenti che senso avrebbe convocare gli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo (con le maiuscole, come in inglese of course )? Perché si sarebbe apparecchiata una guerra, difensiva, certo, ma pur sempre war , allestendo una task-force per il buon nome della nostra lingua? Perché in queste ore si starebbe scrivendo una sorta di self-help in memoria non dico di Giovanni Boccaccio o di Alessandro Manzoni, personcine poco o punto up to date , leggermente datate insomma, ma almeno di Indro Montanelli (tanto per restare dentro la location del mio core business )? Direte, as you make your bed, so you must lie in it . Cioè «chi è causa del suo mal, pianga se stesso». In effetti l'italiano, inteso come lingua oltre che come popolo, ama farsi del male. Si è prostrato di fronte all'imperialismo anglosassone, e nel suo confronto con l'inglese c'è un miss match , vale a dire che non c'è partita.

Noi che siamo fisicamente al centro del mondo, culturalmente ci siamo auto-infrattati underground , nel sottosuolo, e non abbiamo un Dostoevskij in grado di tirarci fuori, almeno a parole. Una volta il nostro vocabolario veniva colonizzato dai greci (a proposito di default ...), mentre adesso per non fare scena muta dobbiamo elemosinare uno straccio di Jobs Act .

Senza neppure sapere di che si tratta.

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