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Addis Abeba, assedio ribelle "Li seppelliremo nel sangue"

Il premier Abiy minaccia i miliziani del Tigray ormai a un passo dalla capitale. Lo zampino di russi e cinesi

Addis Abeba, assedio ribelle "Li seppelliremo nel sangue"

L'11 ottobre di due anni fa ad Abiy Ahmed Ali veniva assegnato il Nobel per la pace. Oggi deve indossare la giacca del combattente, nel tentativo di porre fine a una guerra che rischia di mandare l'Etiopia a gambe all'aria. La tensione tra forze governative e ribelli è in continua evoluzione. I miliziani del Fronte di liberazione del popolo del Tigray, guidati da Getachew Reda e che rivendicano il ritorno a una posizione dominante nel Paese, hanno preso il controllo di varie città chiave e si sono uniti a un altro gruppo armato, l'Oromo Liberation Army, per assediare Debre Birhan e marciare su Addis Abeba, che dista un centinaio chilometri. «Seppelliremo quei cani dei nostri nemici con il nostro sangue e le nostre ossa», ha detto Abiy.

A un anno dal conflitto, che nasce originariamente da uno scontro fra gruppi di potere all'interno della coalizione che fino al 2018 aveva governato l'Etiopia, il premier Abiy si appella alla popolazione per fermare l'avanzata dei ribelli tra accuse reciproche di stupri e genocidio. La guerra ha già provocato la morte di almeno 700mila persone e il ferimento di altre 5 milioni. Il governo nel frattempo ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi, invitando i residenti a organizzarsi per difendere la città.

Le speranze di pace del paese del Corno d'Africa sono finite nel sangue, mentre il governo etiope denuncia la presenza di mercenari bianchi. Si tratterebbe del Wagner Group, milizia che Mosca ha dislocato in Africa ma che in passato ha preso parte anche ad azioni nel Donbass e in Siria. Secondo il New York Times, dietro la sigla potrebbe celarsi un'unità legata al ministero della Difesa. Il titolare del dicastero, Sergey Shoygu, ha smentito categoricamente qualsiasi coinvolgimento, ma sono in molti a riferire di aver visto in Etiopia nelle scorse settimane Evgenij Prigozin, un uomo d'affari molto vicino a Putin e allo stesso Shoygu, e finanziatore di gruppi mercenari. La Russia quindi sarebbe della partita, così come la Cina, due nazioni che hanno un forte interesse nel mettere le mani sui porti del Corno d'Africa, strategici per le loro attività commerciali. Mosca e Pechino stanno facendo anticamera da parecchio tempo, ma Abiy non vuol elargire concessioni. Scatenargli una guerra interna è il subdolo ricatto per indurlo a cambiare registro.

In uno scacchiere già complicato si collocano gli Usa, che hanno inviato ad Addis Abeba il diplomatico Jeffrey Feltman per mettere fine al conflitto. Intanto il Dipartimento di Stato ha autorizzato la partenza volontaria del personale non essenziale dell'ambasciata. L'ipotesi che la guerra possa spostarsi nella capitale è ogni giorno più concreta. Senza dimenticare che il Fronte del Tigray e Oromo hanno dato vita a un'alleanza tattica, ma sono nemici di lunga data.

Nel caso in cui Addis Abeba dovesse cadere, si arriverebbe a un sanguinoso regolamento di conti.

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