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Alwalled, il Signore dell'high tech regna su un impero da 25 miliardi

E il giro d'affari tra Italia e sauditi è di 6 miliardi

Alwalled, il Signore dell'high tech regna su un impero da 25 miliardi

Volto della finanza araba in Occidente, Alwaleed bin Talal - il principe saudita arrestato - ha un impero che vale circa 25 miliardi di dollari. Da Internet, ai big della telefonia mondiale, fino alla tv, con la sua Kingdom Holding Company (KHC) ha messo le mani sugli affari di mezzo mondo: Citigroup, News Corporation, Twitter, Time Warner, Apple, Walt Disney, Disneyland Paris, sono le punte di diamante. Quotata dal 2007 al Saudi Stock Exchange (Borsa d'Arabia Saudita, conosciuta come Tadawul), la KHC è una delle organizzazioni più prospere e più diversificate del mondo: i suoi interessi spaziano, per esempio, anche nello storico albergo George V a Parigi, al Savoy di Londra e nel Plaza di New York. Il principe «in manette» (soprannominato il Warren Buffet d'Oriente) è, inoltre, tra le persone più ricche del mondo tanto che, proprio in merito all'entità della sua fortuna, fece causa a Forbes che gli aveva attribuito un patrimonio di «soli» 20 miliardi di dollari (sarebbe di 32 miliardi). Al momento, legami con l'Italia non ne risultano anche se, negli anni 2000, il principe saudita era stato tra le figure di rilievo candidate a far parte degli investitori stranieri interessati alle privatizzazioni delle grandi aziende dello Stato.

Per quanto riguarda le imprese italiane non sembrano esserci dunque ripercussioni dirette. Questo giro di vite potrebbe però generare scetticismo sul futuro del Paese e dei suoi progetti economici e, in qualche misura, influenzare gli affari che le nostre aziende hanno a Riad, storicamente una sorta di «Eldorado» tra commesse e grandi investimenti. Non a caso, risale solo a una settimana fa la visita del premier Paolo Gentiloni nel Paese. E va ricordato che l'Arabia Saudita è un partner economico con il quale, nel 2016, c'è stato un interscambio che ha sfiorato i 6 miliardi di euro, in particolare nei settori dell'energia e delle infrastrutture. Sul fronte delle aziende quotate, Salini e Ansaldo Sts, hanno diversi rapporti commerciali in essere. Da ultimo il progetto Neom, un investimento da 500 miliardi per costruire da zero una città sulle sponde del Mar Rosso che superi Dubai potrebbe interessare i big delle costruzioni, aziende come Maire Tecnimont o Salini Impregilo. Quest'ultima, ormai di casa nell'area: dai primi lavori idraulici nelle zone della Mecca, Jeddah e Riyadh, realizzati nel 1966, fino alla Linea 3 della metro di Riyadh (41,58 km di percorso, 22 stazioni), il general contractor romano opera da oltre 50 anni in Arabia Saudita. In pista a Riad ci sono poi da tempo aziende come Ansaldo Sts e Italferr.

Quest'ultima, che è la società d'ingegneria delle Ferrovie dello Stato Italiane, ha anche in corso un contratto da 60 milioni per la progettazione della linea di 1.300 chilometri, Riyadh-Jubail, oltre a un contratto da 31 milioni per la progettazione preliminare della nuova rete ferroviaria dell'Oman. La società potrebbe dunque aggiudicarsi nuove commesse quando si tratterà di progettare e realizzare i collegamenti tra Neom e le altre città dell'Africa e del Medio Oriente. Nel Paese operano poi da decenni grandi gruppi come l'Eni e l'Enel (è di gennaio l'accordo di cooperazione con la Saudi Electricity Company). Sul fronte della difesa, Leonardo e Fincantieri, d'altra parte, hanno avuto in passato, e hanno ancora oggi, un set di commesse e di business su cui fare affidamento.

E chissà che con la recente decisione dell'Arabia di concedere la possibilità di guidare anche alle donne, la Fiat non abbia una ulteriore fetta di mercato a cui guardare.

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