Mondo

Ankara minaccia la Ue: "Non siamo l'hotel Isis"

Concreto il rischio che oltre 800 jihadisti fuggano e tornino nei loro Paesi d'origine

Ankara minaccia la Ue: "Non siamo l'hotel Isis"

Beirut Ankara torna a minacciare l'Europa. Questa volta non con l'afflusso di «milioni di rifugiati» siriani dal suo territorio ma con la «restituzione» dei cittadini europei andati a combattere nelle file dell'Isis e ora in parte fuggiti e in parte catturati durante l'offensiva nel Nord-Est della Siria. Ieri il ministro dell'Interno turco, Suleyman Soylu, ha spiegato che la Turchia «non è l'albergo di nessun terrorista dell'Isis» e che i combattenti del gruppo fatti prigionieri «verranno rimandati indietro nei Paesi di provenienza» perchè lasciare alla sola Turchia la gestione della crisi «non è solo inaccettabile, è irresponsabile». Soylu ha criticato la politica migratoria della Ue, che dimostra di avere «zero umanità».

La Turchia ha catturato alcuni jihadisti fuggiti nell'ultimo mese nella Siria nord-orientale ma sono una piccola frazione del totale. Le stime divergono. Si pensa che ci siano circa 10mila uomini detenuti dalle Sdf curde, compresi circa 2mila stranieri, cioè non provenienti da Siria o Irak. Però solo il 10 percento di questi, ossia circa 200 persone, arriverebbero dall'Europa, e da Paesi come l'Ucraina e il Kosovo. Ma esistono stime anche più elevate. Le prigioni improvvisate più grandi si ritiene siano ad Hasakah e Dashisha. Donne e bambini invece sono stati rinchiusi in tre campi profughi, ad al-Hol, al-Roj e Ain Issa.

Secondo l'Unhcr in Siria ci sono circa 11mila persone di cui il 27 per cento donne e il 67 per cento bambini minori di 12 anni. Uno studio dell'Egmont Institute ha stimato che ci siano più o meno 500 adulti, uomini e donne, provenienti dagli Stati europei e circa 750 bambini. Il gruppo più rappresentato è quello francese che comprende 130 adulti e 270-320 bambini. Gli altri Paesi con un numero importante di prigionieri sono Germania, Belgio, Paesi Bassi e Svezia. Finora la politica di molti Paesi europei, soprattutto Francia e Gran Bretagna, è stata caratterizzata dal rifiuto di riprendersi i detenuti e le loro mogli, fatta eccezione per i bambini. La ragione è che una volta ritornati potrebbe essere difficile presentare in tribunale le prove che li inchiodino alle loro responsabilità. E la loro presenza diverrebbe un problema di sicurezza nazionale.

Ma gli ultimi sviluppi cioè il ritiro americano dalla Siria e l'invasione militare turca stanno costringendo l'Europa a cambiare posizione. C'è il rischio che i jihadisti riescano comunque a fuggire e a tornare in patria. Secondo fonti curde infatti quasi 800 persone - probabili jihadisti - sono fuggite dopo l'attacco turco. Le potenze europee hanno così iniziato colloqui con il governo iracheno perché gli jihadisti siano giudicati da un tribunale iracheno. Nel frattempo continua la mattanza. Almeno 13 persone sono state uccise da un'autobomba nella città di Tal Abyad, località strategica al confine tra Siria e Turchia passata sotto il controllo di Ankara. I feriti sarebbero 30. Tra le vittime anche civili e miliziani filo-turchi. Il ministero della difesa della Turchia ha accusato lo Ypg curdo di essere dietro l'attentato.

Nessuno per ora ha rivendicato l'azione.

Commenti