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Da Babilonia ai cecchini di Sarajevo. Niente è feroce come un assedio

Inganni, fiumi deviati e armi chimiche. Così cadono le città

Da Babilonia ai cecchini di Sarajevo. Niente è feroce come un assedio

Matteo Sacchi

La guerra non è mai una cosa pulita. Di sicuro smette del tutto di esserlo quando assume la forma dell'assedio. Con o senza mura, fatto a colpi di balista e di ariete o, come a Sarajevo, usando il terrore dei cecchini il risultato è sempre uno scontro all'ultimo sangue. Senza fair play. Lo sapevano bene i romani. Tant'è che avevano una tradizione. Le legioni, una volta sferrato il primo colpo alla porta delle mura nemiche, non avrebbero più accettato la resa della città. Una volta iniziato il gioco al massacro si poteva andare solo sino in fondo (con gli abitanti schiavi o passati a fil di spada).

E dall'antichità a oggi sempre così sono stati gli assedi cruenti, all'ultimo sangue. Il re assiro Sennacherib (705 a.C. circa 681 a.C.), ad esempio, era uno specialista. Aveva messo suo figlio sul trono di Babilonia. I babilonesi non gradirono, si allearono con gli Elamiti e lo fecero fuori. Sennacherib non gradì. Cinse d'assedio l'enorme città, le levò l'acqua perché all'interno si scatenasse la peste. Quando i suoi uomini penetrarono all'interno fu la strage. Le fonti antiche parlano di più di 200mila deportati. Dopo deviò il corso dei canali circostanti per allagarla completamente.

Difficile trovare una distruzione così totale prima della battaglia di Cartagine (dal 149 al 146 a.C). I punici tentarono ogni forma di disperata trattativa. Mandarono al campo romano 300 ostaggi scelti fra i figli della nobiltà, 200mila armature, 2mila armi da lancio. In pratica una resa anticipata. Ma i consoli Manio Manilio Nepote e Lucio Marcio Censorino furono inflessibili: «Escano dunque dalle mura gli abitanti e vadano ad abitare a ottanta stadi dal mare». Insomma, un lasciate tutto e andate a vivere di locuste. I cartaginesi non ebbero scelta: richiamarono Asdrubale e altri esuli allontanati per compiacere i nemici; con il pretesto di inviare una delegazione a Roma ebbero una moratoria di 30 giorni. Si misero a riforgiare armi, le loro donne donarono i capelli per fabbricare corde per archi. Ne venne fuori una lunga lotta attorno alle mura e poi una furibonda battaglia casa per casa. Un massacro anche per i romani. Alla fine il nuovo console, Scipione l'Emiliano, decise, contro la tradizione, di garantire salva la vita a chi si fosse arreso. Dall'acropoli di Cartagine uscirono in 50mila, e vennero fatti schiavi. Quella del sale sparso perché non ricrescesse più nulla è una leggenda, ma la città morì per sempre.

Anche il primo caso di guerra chimica è nato in un assedio. La città greca di Cirra controllava l'accesso al santuario di Delfi dal golfo di Corinto. Gli abitanti ne approfittarono per vessare i pellegrini. Vennero a quel punto attaccati da una lega di città nota come l'anfizionia delfica. Ne nacque uno scontro decennale (sì come a Troia), dal 595 al 585 a.C. Alla fine la vittoria fu ottenuta avvelenando con una pianta, l'elleboro, la conduttura d'acqua potabile che riforniva la città. I difensori distrutti da dolori allo stomaco e crampi furono sopraffatti, la città conquistata, gli abitanti sterminati, tutti.

Ma gli assedi moderni sono anche peggio di quelli antichi. L'assedio di Leningrado da parte dei nazisti è durato 900 giorni ed è costato la vita a più di un milione e 300mila tra soldati russi e civili. Ma sono solo stime, gli storici litigano ancora. Ci furono anche 1.500 casi di cannibalismo. Non stupisce: la razione alimentare standard, nei momenti peggiori dell'assedio, era di 125 grammi di pane al giorno. Nei lager tedeschi era tra i 150 e i 300. Un giorno qualcuno scriverà anche la storia dell'assedio di Aleppo o di Mosul.

E sarà straziante quanto queste.

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