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"Basta sospetti sulla morte di Mattei"

L'imprenditore e nipote dell'Avvocato: "La tesi dell'attentato? Non ha un solo dato certo"

"Basta sospetti sulla morte di Mattei"

Il piano Mattei. È all'ordine del giorno del governo. Ritornano il cognome e la storia di un uomo che è stato e resta il simbolo di un'epoca fertile del nostro Paese, la risposta al potere, energetico e non soltanto, di una concorrenza mondiale che desiderava isolarci, respingerci, approfittare della nostra debolezza. Mattei illustrò l'impresa con l'aneddoto della battuta di caccia, conclusa a sera in una cascina: i suoi due cani, un bracco tedesco e un setter, avevano respinto via con violenza, dalla loro ciotola colma dl cibo, un gattino magro e affamato, così rompendogli la schiena. L'industria del complotto, pronta ad entrare in scena (vaccini, Torri Gemelle, guerre), sull'improvvisa e tragica morte del dirigente di azienda ha allestito e sfornato libri, film, inchieste televisive e, ovviamente indagini penali. Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, è un imprenditore del trasporto aereo internazionale e, dal 2004, presidente della compagnia Neos. Rattazzi, abilitato al volo strumentale e plurimotori, ha all'attivo 2.500 ore di volo, da sempre si è interessato alla sicurezza del volo e alle cause degli incidenti aerei. Da qui il suo impegno continuo sulla vicenda Mattei, sulle inchieste avviate e archiviate ma fortemente sull'ultima, quella del magistrato Vincenzo Calia tendente a dimostrare la tesi non di un incidente aereo, come accertato dal collega predecessore di Calia nella procura di Pavia, Gherardo Santachiara, in aggiunta alle due commissioni avviate dopo la tragedia di Bascapè, ma di un attentato con il coinvolgimento di mafia, sette sorelle, Cia, Stati Uniti, in breve il bracco e il setter dell'aneddoto di Mattei.

Dottor Rattazzi, perché tanta tenacia nella sua battaglia contro la tesi del magistrato?

«Per un dovere civico di accertare la verità e quindi di raccontarla. E per un dovere professionale, non posso accettare che vengano alterate artatamente le inchieste sugli incidenti aerei. Ne parlo per studio e per esperienza. E, infine, per riscattare la figura del comandante Bignardi coinvolto ignobilmente nel vociare di complotto e attentato».

Le 438 pagine di Calia sono diverse, direi opposte.

«Innanzitutto è stata messa in atto un'opera di indebolimento dell'immagine del nostro Paese, diffondendo una visione oscura, complottista che insinua il sospetto, rende fragile l'idea di Stato, alimenta il populismo, direi il grillismo, il potente che cospira per costringere il debole ad accettare. L'azione del magistrato ha creato ulteriore confusione, di voci, di dati, di opinioni, travisando la realtà».

Dal 1962 al 1995, questo il tempo trascorso dall'incidente di Bascapé alla riapertura delle indagini di Calia.

«Un singolo magistrato, con il supporto di un perito da lui individuato, può smentire il lavoro e le conclusioni di due commissioni formate da professionisti del settore aereo, per dichiarare che non si trattò di incidente ma di attentato? Una tesi, senza un solo dato certo. Questo è accaduto. La morte di Mattei non avrebbe fatto notizia, la storia della bomba a bordo invece avrebbe aperto una questione politica internazionale e offerto gloria e pubblicità».

Mattei eroe precettato dalla sinistra contro il potere occulto del capitalismo americano, della democrazia cristiana, della Cia, di Cefis.

«Cefis non fu mai citato a giudizio nonostante facesse parte, secondo la versione del 95, del gruppo dei mandanti. Invece finì a processo un solo imputato: un contadino».

Mario Ronchi, indagato per favoreggiamento personale aggravato. Come testimone aveva fornito una versione, pubblicata dal Corriere sella Sera a firma Franco Di Bella e una successiva testimonianza al telegiornale ma di questa scomparve l'audio, Calìa lo «ricostruì» con il labiale. Aggiungendo che lo stesso Ronchi, per il cambio di versione, avrebbe in seguito ricevuto una ricompensa: una strada di accesso alla cascina, l'impiego di vigilante e un lavoro per la figlia. Tesi poi smentite dai parenti stessi.

«Un boato, un'esplosione questo avrebbe detto, leggendo il labiale. Durante il processo Ronchi seguì le parole del magistrato scuotendo la testa tutt stupidat. Le perizie non accertarono alcun esplosivo sui resti di Mattei, del comandante Bertuzzi e del giornalista americano William Mc Hale. Calia parlò di qualche grammo di polvere esplosiva. E di due aerei sulla pista di Catania. Smentita anche questa, insieme con altri viaggi aerei, essendo io tornato in possesso dei libretti di volo»

Un buon impianto per un romanzo.

«Perché rovinare un romanzo con la verità? Deve avere pensato questo il magistrato? Di certo la lettura delle opinioni di Pasolini, le parole di Buscetta e il repertorio dei pentiti di mafia, contribuì a far crescere il clima del sospetto. Ma la verità va accertata nei fatti e non stravolgendo gli stessi. Un particolare: per montare l'ordigno sarebbero state necessarie ventiquattro ore».

Ma come fu possibile utilizzare quell'aereo non certamente il migliore modello per sicurezza e affidabilità?

«Era veloce e leggero, ideale per l'atterraggio sulla pista corta di Gela. L'altro velivolo dell'Eni, il quadrireattore, era in manutenzione negli Usa».

Il perito, professor Carlo Casarosa, non avvalorò la tesi di Calia.

«Casarosa, al quale non fu liquidata la competenza del suo lavoro, mandò un appunto ad Andrea Purgatori proprio sulla tesi dell'attentato e dell'esplosione in volo, sostenuta nel documentario del giornalista. Calia ancora di recente ha ribadito che le condizioni meteo su Bascapè, in quella notte, erano discrete. La registrazione del dialogo tra Linate e il comandante Bertuzzi descriveva un tempo terribile, visibilità seicento metri, pioggia e nebbia».

Vincenzo Calia, nel 2003, ha chiuso l'inchiesta e archiviato il caso. Resta sul mercato la grande produzione commerciale di libri, documentari, fiction. Il sospetto è sempre un buon affare.

La storia di Enrico Mattei è finita come il gattino della cascina.

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