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Bentornati al tempio del Negroni

Ha festeggiato un secolo, si conferma il cocktail più bevuto al mondo e finalmente ha ritrovato la sua casa perduta

Bentornati al tempio del Negroni

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Ha festeggiato un secolo, si conferma il cocktail più bevuto al mondo e finalmente ha ritrovato la sua casa perduta. Il Negroni, eccellenza del bere italiano e simbolo internazionale dell'aperitivo, torna ad essere servito dove venne inventato, ovvero al Caffè Giacosa di Firenze, il suo tempio d'elezione.

Il locale storico (inizialmente Caffè Casoni) fu aperto nel 1860 dai fratelli Giacosa all'angolo fra via Tornabuoni e via della Spada. A cavallo fra XIX e XX secolo è stato uno dei «salotti buoni» della città, dove politici, intellettuali, nobili, professionisti, dandy e perdigiorno avventurieri si trovavano a bere e a ragionar di piaceri e vita vissuta. Il bizzarro conte Cammillo Luigi Manfredo Maria Negroni era uno di questi avventori e fu lui a chiedere per la prima volta al barista Fosco Scarselli di fargli una versione diversa del classico Americano a base «vermutte», con il gin al posto della soda. Era il 1919 e nasceva così un mito.

Ora, dato che perfino il Partenone a un certo punto è stato abbandonato, anche il Giacosa, come tutti i templi, è andato incontro a peripezie e periodi bui. Rilevato nel 2001 da Cavalli, che ci ha giocato un po' annettendovi la boutique, nel 2017 aveva chiuso i battenti. Che riapriranno a fine mese grazie al Gruppo Valenza, già proprietario del Caffè Gilli e del Paszkowski. Luca Manni, bar supervisor del gruppo, ha pensato una drink list in cui il Negroni ovviamente è protagonista su tre livelli: i «classici», in cui cambiano modalità di servizio e preparazione, come nel Negroni shakerato; le rivisitazioni come il Gibson Negroni o il Negroni bianco; e infine le «creations», ovvero i cocktail più sperimentali, come il Cardinale con incenso.

Marco Valenza, che dal 2019 ha rilevato il caffè e ha portato avanti una ristrutturazione rispettosa della sobria eleganza originale, è appassionato di locali storici: «Custodiscono l'anima delle città, proprio come i monumenti».

Già, e al contrario del Partenone, qui non si rischia di morire di sete.

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