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Blitz jihadista in Mali. Rapita famiglia italiana: c'è anche un bambino

Gruppo armato in azione, i sequestrati forse Testimoni di Geova. Nessuna rivendicazione

Blitz jihadista in Mali. Rapita famiglia italiana: c'è anche un bambino

Non ci sono al momento sviluppi sul rapimento di una famiglia di origini italiane e di un cittadino togolese avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì nella località di Sincina, piccolo centro abitato nella regione meridionale di Sikasso, in Mali. La notizia è stata segnalata dalle autorità locali e diffusa dall'agenzia spagnola Efe, rimbalzata poi in Italia nel pomeriggio di ieri. A essere stati rapiti sono un uomo italiano, che a quelle latitudini si faceva chiamare «Zankè», di cognome Langone, originario di Potenza, da anni trasferitosi in Africa, sua moglie Djeneba, il loro bambino e una quarta persona di origini togolesi. Secondo una prima ricostruzione fornita dal ministero degli esteri di Bamako, un gruppo armato di 4 elementi avrebbe fatto irruzione nel cuore della notte nella loro abitazione, prelevato con la forza gli ostaggi che poi sarebbero stati portati via su una Toyota di grossa cilindrata. Dalle frammentarie notizie emerse, gli italiani rapiti apparterrebbero alla comunità dei Testimoni di Geova, ma dalla Congregazione fanno sapere di non aver traccia «di fedeli in missione in quei luoghi. Forse potrebbero essere dei volontari». Il sindaco di Sincina, Chaka Coulibaly, sentito dai media locali, sostiene invece che la coppia si stava occupando della costruzione di una chiesa. Dal canto suo la Farnesina ha reso noto che l'Unità di Crisi sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti, ma mettere assieme i tasselli dell'accaduto è molto difficile, perché Zankè non risulta essere registrato all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero.

Se si tratta di rapimento a scopo di riscatto, i sequestratori non tarderanno a farsi vivi. Kady Diallo, capo della polizia di Koutiala, capoluogo della regione in cui si è verificato il crimine, parla di due piste. Una porta al Gruppo per il sostegno dell'Islam e dei musulmani denominata «Jnim», legata ad al-Qaeda e guidata dal leader tuareg Iyad ag Ghali. Non si esclude però che i sequestratori possano essere miliziani della cellula «Katiba Macina», fondata nel 2015 da Amadou Koufa.

La vicenda si colloca in uno dei contesti più complessi dell'universo africano. Il Mali è teatro dal 2012 di attacchi compiuti da gruppi jihadisti, e di violenze perpetrate da bande armate. Un'ondata di assalti che a oggi ha causato migliaia di morti tra civili e militari e centinaia di migliaia di sfollati, nonostante il dispiegamento delle forze Onu, francesi e africane. I militari di Parigi, attivi nella zona contro il terrorismo, sono attualmente in ritirata a causa delle tensioni tra il governo maliano e l'Eliseo a seguito dello schieramento in Mali del gruppo mercenario Wagner legato al Cremlino. Lo stesso che agisce nel Donbass contro l'esercito ucraino. Nella capitale Bamako inoltre è in corso una grave crisi politica, culminata con due colpi di stato militari nel giro di un anno. Solo pochi giorni fa la giunta a capo del Paese, guidata dal generale Assimi Goita, ha denunciato un nuovo tentativo di rovesciamento del potere.

Con questo rapimento sale a otto il numero degli occidentali sequestrati nel Sahel centrale (Mali, Niger e Burkina Faso) negli ultimi anni. Tra di loro altri tre italiani, il 31enne padovano Luca Tacchetto, il sacerdote di Cremona Pier Luigi Maccalli e il cicloturista campano Nicola Chiacchio.

Nell'ottobre 2021 una suora colombiana, Gloria Cecilia Narvaez, era stata rilasciata dopo essere stata tenuta in ostaggio per più di quattro anni nelle stesse zone dove giovedì notte ha agito la cellula jihadista.

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