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Buffon, Maldini, Del Piero: il nome non basta Capello unica eccezione per guidare il calcio

Fabio ha l'autorevolezza e l'esperienza manageriale per essere un nuovo Boniperti

Buffon, Maldini, Del Piero: il nome non basta Capello unica eccezione per guidare il calcio

C i vuole una bandiera. Ognuno sventola il proprio drappo tricolore, alcuni bicolore creando iL dubbio, sollevando il sospetto tipicamente italiano. Ci vuole l'uomo simbolo, il salvatore della patria. Anche Veltroni ha avanzato la candidatura, non la propria ma quella di un suo poulain, Alessandro Del Piero. Poi c'è la cordata Maldini. Poi quella di Ancelotti ma con ruoli diversi, presidente, resposabile tecnico, allenatore di campo e le primarie si ampliano, Mancini, Ranieri, Ancelotti, Conte 2.0, Di Biagio ad interim. In verità poche idee e tutte confuse. A che serve piantere un vessillo se sotto c'è una collina del disonore? O cambia il territorio, o si cambia il corpo e la testa assieme di questo mondo calcio e dello sport italiano tutto, oppure tutto resta come prima di Ventura e durante Conte o, fate voi, un altro cittì chiamato a risolvere le ansie dei tifosi e gli interessi di politici e dirigenti.

La storia del football nostrano ha un solo esempio chiaro di ex calciatore poi diventato presidente vero, capace, quasi esclusivo: Gianpiero Boniperti. Aveva alle spalle la carriera di campo, poi un'esperienza da consigliere nel club prima di essere nominato presidente effettivo della Juventus sotto la tutela di Gianni&Umberto Agnelli. Quando lo steso Boniperti venne chiamato come consulente per la nazionale la sua avventura durò lo spazio di alcune partite: il carattere focoso e il suo senso della disciplina cozzarono con il museo delle cere federale. Oggi, in verità, ci sarebbe un uomo che potrebbe interpretare i due ruoli, tecnico e dirigenziale: Fabio Capello, la cui autorevolezza non ha bisogno di ulteriori conferme e commenti, il cui carattere duro sarebbe il contraccettivo ideale per un ambiente abituato ai compromessi e alle decisioni ambigue. Capello non ha maglie, ha vestito quelle della Roma, del Milan, della Juventus e, in avvio, della Spal, è stato nazionale azzurro, ha allenato in Spagna, Inghilterra, Russia, Cina, parla tre lingue, è rispettato a livello internazionale dalle istituzioni. Forse proprio questo suo passaporto diplomatico lo rende scomodo, pericoloso a un sistema gattopardesco. Lotti, il ministro, ha detto che è il momento di avere coraggio. Vediamo chi è il braveheart capace di proporgli l'incarico.

E se il bisiaco Capello dovesse avanzare richieste contabili pesanti, che venga accontentato, per l'interesse del football, tagliando altre spese superflue, altri privilegi costosi.

Il calcio ha bisogno di farsi riconoscere. Non vedo altre alternative, anche se la battaglia elettorale è aperta, anche se le fazioni si battono su nomi e cognomi di seconda fila. Il dopo Ventura non può limitarsi al cambio dell'uomo seduto in panchina. Vanno sfrattati gli inquilini del palazzo, del calcio, dello sport, fatte rarissime eccezioni. E anche l'occupante il ruolo ministeriale metta sul tavolo proposte sostanziose e sostanziali, non parole di repertorio. La lunga riunione di ieri, in federcalcio, ha ribadito che le voci sono molte e dunque la confusione regna sovrana.

La liquidazione salariale di Giampiero Ventura non può essere certo un ostacolo a qualunque decisione politica e tecnica, altrimenti ci troveremmo di fronte a un mercato. Ma di ambulanti.

Forse è questa la verità amara e mortificante più dell'eliminazione dal mondiale.

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