Cultura e Spettacoli

Le buone maniere non sono più di moda Oggi sei un cafone se non dici parolacce

Il galateo alla rovescia di Cesare Marchi irride i costumi scostumati del tempo

Le buone maniere non sono più di moda Oggi sei un cafone se non dici parolacce

Cambia il mondo e con esso il galateo. In tram non si cede più il posto alle signore, avendo esse ottenuto, assieme ai diritti dell'uomo, anche i doveri, compreso quello di stare in piedi. Nemmeno ai vecchi si cede più il posto, essendo per costoro ingiurioso affronto l'essere considerati tali, anzi ci sono dei vegliardi che vestono abiti giovanili, a tinte sgargianti, per camuffare l'inesorabile carta d'identità, mentre a loro volta i giovani, per distinguersi da questi pseudo coetanei, si invecchiano artificialmente con zazzere beethoveniane e barbe mosaiche.

Ci si dà subito del tu. Chissà come esulterà nella tomba l'anima di Achille Starace apprendendo che è stato finalmente abolito il «lei», traguardo che una volta si raggiungeva solo dopo anni di guardinga, reciproca conoscenza, e reciproche, discrete indagini, presso i carabinieri o il parroco, l'uno all'insaputa dell'altro, per scoprire eventuali macchie del reciproco passato. E il fatto che dopo trent'anni di matrimonio i nostri nonni, i nostri genitori, usassero anche nell'intimità il lei, era la prova che quegli accertamenti non si erano ancora conclusi. Per abituare i ragazzi a mangiare composti, senza appoggiare i gomiti al tavolo, si infilavano sotto le loro ascelle due monetine. Se alla fine del pranzo non erano cadute, diventavano loro proprietà. I bambini parlavano solo se interrogati. I grandi avevano sempre ragione. Nei collegi-bene certi vocaboli erano proibiti, una educanda fu punita per aver scritto, nel tema, che il cavallo rinculò.

Frequenti cartelli intimavano vietata la bestemmia e il turpiloquio, cose oggi tollerate se non addirittura incoraggiate. Un teologo ha scritto che la bestemmia è una, sia pur rabbiosa, invocazione al cielo, una sorta di «preghiera capovolta» (alla stessa stregua si potrebbe affermare che quel teologo è «ateo travestito»). Abbattuti i tabù puritani, il turpiloquio è entrato nella conversazione di tutti i giorni, e le signore nei salotti gli hanno spalancato le braccia, con l'entusiasmo dei neofiti, e le parolacce da trivio, fino allora costrette a rifugiarsi nei cessi, quasi non volevano credere ai loro occhi vedendo correre verso di sé, e accoglierle da pari a pari, letterati, intellettuali, poetesse, capintesta Cesare Zavattini, quello che si firma con due zeta.

Una volta chi diceva le parolacce era un anticonformista, oggi lo è chi non le dice. Ma, ancora una volta, l'inflazione ha rovinato tutto. Pessimi amministratori del nostro patrimonio turpiloquente, lo abbiamo dilapidato col dissennato abuso; le parolacce che, ai tempi del proibizionismo, avevano lo stordente e raro profumo dei fiori del male, si sono svuotate di significato. Si sono, come dicono i semiologi, desemantizzati. Tornasse a vivere il grande Cambronne, visto lo spreco che si è fatto del suo vocabolo, al nemico che intima di arrendersi griderebbe «ciclamino».

Queste considerazioni (stavo per dire preambolo, altro vocabolo inflazionato) mi sono state suggerite dalla lettura del libro di Giovanni Mosca «Il nuovo galateo», scritto dall'inesauribile umorista per colmare una lacuna, diventata negli ultimi tempi sempre più preoccupante. Infatti per quattro secoli funzionò quale indiscusso manuale di comportamento il famoso Galateo, trattato di buone maniere dedicato da monsignor Giovanni Della Casa all'amico Galeazzo Florimonte. Ma dopo l'ultimo dopoguerra le cose sono cambiate, la società ha subito tali mutazioni che quel codice non serve più. Anzi, è pericoloso seguirlo. Della Casa, per esempio, esorta ad evitare l'esagerata adulazione, la affettata umiltà, condanna il servilismo, il conformismo. Ma chi vuol fare carriera, difficilmente rinuncia a queste scorciatoie, tanto deplorevoli moralmente quanto redditizie professionalmente. A tempi nuovi, galateo nuovo. E qui la fantasia dell'umorista si scatena ondeggiando tra la satira graffiante, la serena ironia contemplativa e l'umorismo astratto, funambolico del vecchio Bertoldo. Ecco qualche perla. Il nudo, oggi tanto di moda, è espressione di libertà? «Niente di più falso. Abramo Lincoln, che della libertà fu uno dei più grandi campioni, abolì la schiavitù rimanendo sempre completamente vestito». Desiderate combinare qualche scherzo telefonico? «Mai telefonare a personaggi universalmente stimati probi e onesti, fingendosi carabinieri che li accusano di peculato e concussione: tali scherzi possono riuscire mortali, perché sono proprio gli uomini che reputiamo al di sopra di ogni sospetto, quelli che maggiormente si dedicano al peculato e alla concussione». In salotto non dite mai «non c'è denaro che possa comprarmi», «io dico pane al pane e vino al vino, sono un uomo tutto d'un pezzo», bensì «sono disposto a farmi corrompere anche per una modica somma», «quello che debbo dire mi guardo bene dal dirlo», «ho sempre cambiato idea», «se vado a testa alta è solo per l'artrosi». Così guadagnerete la stima e le fiducia da tutti, e tutto il mondo dirà «è uno dei nostri». Alle mostre di pittura, mai domandare che cosa il quadro rappresenti, e se per caso non sia stato appeso per il rovescio. Quanto agli omosessuali, non giudicateli anormali: «Sono semplicemente una minoranza che domani, diventando maggioranza, potrebbe capovolgere la situazione e gettare noi nel ghetto della minoranza, inducendoci a organizzare manifestazioni per ottenere la parità dei diritti».

2 luglio 1980

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