Caro uomo ti scrivo...

Caro amico gay tu sì saresti il marito ideale

Ti affidi all'intuito e non giudichi. Sei un maschio, ma al di sopra dei pregiudizi che io ho sugli uomini

Caro amico gay tu sì saresti il marito ideale

Caro amico del cuore,

mi sei stato subito simpatico perché non sei all'altezza dei pregiudizi che ho sugli uomini.

Pregiudizi poi si fa per dire. Perché in realtà la differenza tra uomini e donne è un dato scientifico, fisiologico e psicologico. È oramai accertato, dalla neuroscienza, per la gioia dei maschi, che il loro cervello è più grande e più pesante. Ma è anche esperienza di tutti che gli uomini hanno un pensiero più astratto e schematicamente organizzato a settori, mentre le donne sono più pragmatiche, hanno una visione più articolata delle cose e si affidano spesso a intuizioni risolutive. La mia idea, è vero, è che complessivamente le donne siano meglio degli uomini. Sono di parte? Forse.

Nella competizione a voler essere uguali in tutto, le donne, tuttavia, hanno commesso nel tempo molti sbagli. Primo fra tutti quello di considerarsi inferiori, così smentendo l'insuperabile sensibilità femminile, nel tentativo di abbattere la tendenza maschile alla dominanza: in questo modo si sono proprio rovinate, perché hanno dichiarato apertamente la guerra dei sessi, senza calcolare che nessun uomo, per principio e per fatto ancestrale, potrà mai rinunciare alla leadership. È infatti per lui insopportabile la donna che, almeno apparentemente, non gli si affidi e pretenda la superiorità decisionale. Forse è colpa nostra, il deterioramento dello stile e dello spirito maschile.

Noi ci siamo conosciuti solo perché, all'aeroporto, ti sei avvicinato mentre stavo piagnucolando da sola in un angolo seduta sul mio trolley e, offrendomi un caffè, mi hai detto «la decisione che tu hai preso è quella giusta». Beh, mi hai sorpresa: qualsiasi uomo avrebbe esordito con il fatidico «come posso aiutarla?». Perdipiù senza neppure pensare di offrirmi una bevanda ristoratrice, prima di essersi presentato con fare ammiccante. Tanto è stato lo stupore, e contemporaneamente la mia intuitiva capacità di potermi fidare di qualcuno per quanto sconosciuto, che ti ho risposto «sono una cretina, ho tradito il mio uomo e l'ho lasciato prima ancora che lui lo sapesse». Da lì hai voluto conoscere ogni sfumatura della storia, per tutto il tempo che avevamo a disposizione grazie al solito esagerato ritardo dei voli.

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Mi sembrava di parlare con una persona amica consapevolmente rodata negli anni e, nel disordinato dipanarsi delle mie vicende, ti mostravi generoso e non giudicante. Hai solo, con dolcezza però, censurato il mio puritanesimo sul tema tradimento, apprezzando nonostante tutto, il fatto che me ne fossi andata via per sempre dal mio uomo, non per paura di essere insultata e lasciata, ma per l'imbarazzo insopportabile di essere eventualmente perdonata. Poi, durante il volo, seduti vicini grazie alla tua gentile e provvidenziale capacità di ottenere uno scambio dei posti, ho capito che avevo trovato quello che sarebbe diventato il mio migliore amico.

Con grande naturalezza, a un certo punto, avevi detto, per inciso, «perché sono gay». E ho capito che sei davvero diverso. Piacevolmente diverso. Non affronti la realtà cercando di razionalizzare, come fanno i maschi. Ti affidi invece all'intuizione, come le femmine. Non classifichi e cataloghi, ma usi la tua straordinaria perspicacia per analizzare e capire ogni cosa. Non sei metodico ma, come me, con un colpo d'occhio decidi che cosa fare nelle situazioni concrete. Non ti poni mai come guida, ma partecipi empatico alle emozioni e ai problemi. Parliamo, discutiamo, approfondiamo e gli affetti sono la nostra priorità. A casa mia o a casa tua, scappiamo col telecomando dai dibattiti politici, per immergerci nelle storie d'amore, che ci abbrutiscono e infiammano.

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Sei accudente, creativo, complesso e ti lasci andare; non invece strutturato, razionale ed essenziale come sono più o meno tutti i maschi. Ascolti e sai fare più cose contemporaneamente. Saresti il marito ideale. Io vorrei proprio uno come te, se non fosse per il non trascurabile particolare del sesso, del quale non potrei davvero fare a meno. Né sarebbe elegante che ognuno di noi due avesse il suo uomo fuori da casa. Non ci possiamo dunque accontentare della nostra amicizia e dobbiamo ormai seriamente pensare, ciascuno di noi, a trovarci un compagno e formare una coppia. Il mondo gira così e il condividere un progetto, alla scadenza più lunga possibile, accende i cuori di chi ci si impegna.

Ma tu ti devi decidere. Devi dirlo, a quella povera donna di tua madre, come stanno le cose. Lei ormai pensa che la tua compagna sia io; non mi pare che ne sia così entusiasta. Forse, se le spieghi che sei gay, tira un sospiro di sollievo. Certo, dovrà rinunciare a quei nipotini che ogni tanto ti sollecita; metterà una pietra sopra al suo sogno di prosecuzione nel tempo del vostro cognome (tanto banale e diffuso, che nessuno si accorgerà dell'improvviso arresto della vostra stirpe); dovrà dare alle amiche difficili spiegazioni su quello che non sarà un amico ospite temporaneo, ma il compagno che ti sarai scelto per un pezzo di vita insieme.

E poi, vedrai, si occuperà amorevolmente anche di lui e voi di lei. Magari cercherei di non cadere nello stereotipo di essere gay & glamour, come un mio amico intelligente e ironico, e fieramente gay, ha battezzato la sindrome di molti omosessuali. Secondo lui, l'appiattimento gaio si manifesta nella nutrita schiera di quei gay che proclamano pubblicamente più passione per Visconti che non per Pasolini; sono benestanti, molto palestrati e poco sportivi; amano viaggiare tra Mykonos, New York e Saint-Tropez, senza disdegnare Taormina e Gallipoli. I G&G, hanno sempre già visto l'ultimo film e sguazzano nel trash musicale e artistico, lì individuando le loro icone. Se mai assistono a una partita di calcio, è per seguire i movimenti di Pirlo e Cannavaro, anziché i gol e il risultato.

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Insomma, caro amico gay, non ti confondere in questa mischia così glamour: hai tante qualità e una personalità così vividamente unica, che devi poter continuare a esporre la tua interessante identità, senza farti forte del gruppo di sostegno. Sei sempre un maschio e non mi sembra giusto trascurare la tua parte maschile per omologarti a un pretenzioso e trendy mondo gay. La libertà di essere chi si è, e come si è, è impagabile. Oggi l'essere gay è un dettaglio trascurabile in una personalità più ampia e articolata. Non è questo dettaglio che deve guidarti, ma i tuoi valori e gli obiettivi che ti poni. Tua madre, che ti ha nutrito di pensieri belli e ricchi, non potrà mai giudicarti diverso; ha invece l'esigenza insopprimibile di vederti affermare ogni desiderio e sogno che ti fa felice. Come tutte le mamme.

Se fossi tua madre, sarei orgogliosa di un figlio onesto, lavoratore, sincero, curioso e attento come tu sei. Mi hai raccontato che tuo padre la definiva la regina delle carezze nel cuore, nei pensieri, nei problemi di tutti i giorni. Ecco, per come l'ho conosciuta e per come emerge dalle tue parole, penso e spero che replicherà alle tue spiegazioni, che, ti raccomando, dovranno essere scarne, essenziali e non giustificatrici di alcunché, più o meno così: «Tanto per cominciare non definire omosessuale quello che è un orientamento comportamentale che nasce dal cuore e dalla testa. Dunque, come per tutti, dal bisogno e dal desiderio di amare qualcuno e, in particolare, quella persona che ti sollecita l'energia necessaria a farlo. L'amore non si riduce alla sessualità, che pure ha la sua importanza perché è il momento nel quale i corpi si raccontano. L'amore è neutrale e non fa distinzione di generi. L'amore è soprattutto apprezzamento, voglia di condividere, impegno e dedizione. Dunque d'ora in avanti figlio mio adorato, non parliamo più di omosessualità.

Saremo più chiari e precisi, ma anche più onesti, quando tutti la definiremo omoaffettività». Glielo dirai?

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