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Casa Bianca, la corsa più pazza della storia

Se ne faranno mai un film, sembrerà La stangata. Mai due candidati come questi

Casa Bianca, la corsa più pazza della storia

Quando si farà il film su questa corsa per la Casa Bianca, verrà fuori qualcosa di simile alla Stangata. I pronostici cambiano molto in fretta e qualcuno pensa che la sala corse sia truccata. Due candidati così non s'erano mai visti nel duello per la Presidenza americana. Erano amici e oggi si scannerebbero. La Clinton è ormai una mentitrice certificata (anche dalla stampa che la sostiene) e Trump si conferma come un incantatore del ceto medio.

Con l'inizio di settembre il pendolo torna dalla sua parte riconquistando quasi tutti i nove punti che la Clinton aveva guadagnato. Come ha fatto? Con un coup de théatre, anzi due. Il primo, quando si è recato a Città del Messico il 31 agosto, per poi tornare a tarda notte in Usa per riferire al suo popolo che lo aspettava a Phoenix, Arizona il risultato dell'incontro in terra nemica. Il suo colpo di scena: Trump parla ai messicani senza ira ma ripete ciò che pensa dell'immigrazione clandestina e del muro che vuole costruire alla frontiera a spese dei messicani stessi. Nieto resta stordito e balbetta, Trump torna a Phoenix e annuncia di aver parlato chiaro ai messicani in casa loro: ha confermato tutte le sue convinzioni ma, come unico sconto, promette di riassorbire quei clandestini rimpatriati che faranno regolare domanda per tornare in Usa. L'atteggiamento coerente gli fa fare un balzo in avanti.

Il secondo colpo è stato quello a favore dell'elettorato nero. Trump, senza essere un razzista, non ha mai fatto la corte agli afroamericani. Quando era un dipendente di suo padre e con lui costruiva case per l'alta borghesia, aveva il compito di insabbiare le domande di cittadini neri, perché (anni Sessanta) la loro presenza faceva diminuire il valore degli immobili. Quindi la sua non è una storia simile a quella di Hillary che si è fatta afroamericana di complemento, sostenuta dal presidente in carica Barak Obama.

Il candidato repubblicano ha martellato i suoi concittadini neri con un ritornello: «Perché diavolo non votate per me? Che cosa avete da perdere? Niente. Avete tutto da guadagnare perché io metterò fine alla vergogna dei ghetti, delle stragi fra giovani neri e dove il degrado e la mancanza di istruzione è totale».

Ha cominciato a funzionare. Molti eminenti neri conservatori hanno aperto un dialogo ma hanno fatto notare a Trump che doveva fare quel che ogni candidato fa: andare nelle chiese metodiste frequentate dai neri, fare i selfies con loro, parlare con i ragazzi e con i ministri (sacerdoti e diaconi) e dare spazio ai numerosissimi afroamericani di destra, conservatori che vorrebbero soltanto legge e ordine, anche per il fatto che migliaia di neri sono agenti di polizia. E lui è corso a Detroit per visitare la Great Faith Ministries International per conversare con il vescovo Wayne T. Jackson in compagnia del dottor Ben Carson (nato a Detroit) che - se ricordate - aveva partecipato alle primarie prima di sostenere Trump. «The Donald» si è presentato a una riunione non aperta al pubblico portando con sé un'agenda sui diritti civili che riecheggiava quella di Kennedy e Johnson di mezzo secolo fa. Miracolo: è scattato un primo piccolo recupero.

Dall'altra parte la Clinton è segnata da due caratteristiche una negativa e una positiva perché rassicura i moderati. La negativa è quella confermata in tutti i sondaggi che danno di lei un profilo quasi odioso, specialmente fra le donne di sinistra: una politicante carrierista. Ma al tempo stesso è anche la personalità più competente, sia in politica interna che estera. Non capita quasi mai che il nuovo presidente s'intenda di politica estera come lei, che ha ricoperto la carica di Segretario di Stato (ministro degli Esteri) durante gli anni che, però, hanno segnato la catastrofe in Libia e della politica americana in Medio Oriente. Gli elettori senza partito, gli indipendenti, che sono la maggioranza, cambiano opinione e preferenza come cellule impazzite e questo elemento di instabilità è nuovo e preoccupante.

L'Europa intanto aspetta distrattamente di conoscere il suo destino: secondo chi sarà il nuovo presidente, se il filorusso Trump e l'atlantica Clinton, cambieranno gli scenari di pace e quelli di guerra sia in Europa sia nel Medio Oriente.

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