Coronavirus

Contagi, la frenata non si vede. È record assoluto di ricoverati

Ieri 37.978 nuovi casi, secondo picco più alto di sempre In terapia intensiva 3.170 malati, 33.043 in ospedale

Contagi, la frenata non si vede. È record assoluto di ricoverati

Non un record ma quasi. Chi aveva manifestato timidi segni di ottimismo grazie ai dati in lieve calo del mercoledì, deve rinfoderare gli occhiali rosa a causa dei numeri in rialzo del giovedì. Il bollettino di ieri presenta questo quadro: 37.978 nuovi contagi, il secondo dato più alto in assoluto dopo i 39.811 di sabato scorso; 234.672 tamponi messi a referto, record assoluto battuto di un soffio (il precedente era 234.245 del 6 novembre); il tasso di positività che torna a salire raggiungendo il 16,18 per cento di test positivi rispetto a quelli effettuati, non poi così lontano rispetto al 17,18 per cento del 7 novembre; le terapie intensive che crescono ancora (ormai si va a botte di un centinaio di letti occupati in più al giorno) e raggiungono quota 3.170, non più così lontano rispetto al record di 4.068 registrato lo scorso 3 aprile, in piena prima ondata; un numero di attualmente positivo sempre più alto, che tocca i 635.054 casi, un numero di persone infettate che se fossero gli abitanti di una città si collocherebbero al sesto posto in Italia, tra Palermo e Genova; un numero di ricoverati che supera quota 33mila (sono 33.043) e che batte il record assoluto del 4 aprile, quando furono 33.004; un numero di morti che cresce ancora, raggiunge quota 636 segnando il record della seconda ondata e avvicinandosi giorno dopo giorno al record della primavera del nostro terrore, che si registrò il 27 marzo con 969 croci.

Insomma, si torna a tremare. Soprattutto in regioni come la Lombardia, che ieri ha sfiorato i 10mila contagi con 9.291 nuovi positivi e una percentuale di tamponi positivi sugli effettuati (che sono stati 42.993) del 21,64. Ma anche in Valle d'Aosta, dove il tasso di positività è addirittura del 25,69 per cento, e nelle altre regioni dove supera il 20 per cento: Veneto, Abruzzo e provincia autonoma di Bolzano.

Se si allarga la contabilità dalla giornata alla settimana il quadro non migliora di certo. Il pallottoliere è quello del Gimbe, che nel suo rapporto relativo al periodo 4-10 novembre registra aumenti pesanti in tutte le voci più importanti: nei nuovi casi (235.634 contro i 195.051 della settimana precedente), nei casi attualmente positivi (590.110 contro 418.142), nei ricoverati con sintomi (28.633 contro 21.114), in quelli in terapia intensiva (2.971 contro 2.225), nei decessi (2.918 contro 1.712). Preoccupa anche l'aumento dei contagi tra gli operatori sanitari (19.217). La fondazione fa anche notare che da mercoledì il totale degli attualmente positivi ha superato l'1 per cento della popolazione complessiva, un dato che fa abbastanza impressione: se prendi cento italiani a casaccio, uno è statisticamente infetto. Il presidente di Gimbe Nino Cartabellotta, «chiede la revisione del sistema di monitoraggio e ribadisce la necessità di rendere accessibili tutti i dati dettagliati e interoperabili in formato aperto» e sottolinea «le criticità tecniche dell'attuale sistema di monitoraggio della pandemia: dalla limitata tempestività alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all'indice Rt».

L'ultimo cruccio arriva dal montiraggio Agenas, che segnala come ormai il 53 per cento dei posti letto degli ospedali è occupata a livello nazionale da pazienti Covid-19.

Dodici regioni hanno superato la soglia critica di occupazione dei posti, fissata al 40 per cento dal ministero della Salute e 10 quelle che hanno superato la soglia per le terapie intensive, fissata al 30 per cento.

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