Israele e Stati Uniti starebbero attuando un pressing diplomatico molto insistente per convincere la Corte Penale Internazionale (in sigla Cpi) a evitare un gesto che rappresenterebbe un colpo davvero pesante per l'immagine dello Stato ebraico: l'emissione di un mandato di arresto per crimini di guerra commessi a Gaza non solo contro il premier Benjamin Netanyahu, ma anche il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo di Stato maggiore dell'esercito Herzi Halevi.
Secondo fonti mediatiche israeliane (il sito di notizie Walla, ma anche il commentatore del giornale della sinistra Haaretz Amos Harel e altri giornali) Netanyahu è impegnato «in un pressing telefonico senza sosta» perché teme che Karim Khan, procuratore della Cpi, potrebbe emettere i mandati entro la settimana. Va ricordato che né Israele né gli Stati Uniti sono tra i 124 Paesi firmatari dello statuto della Cpi; ciò significa che non sono vincolati al rispetto di un mandato d'arresto nei confronti di propri cittadini o rappresentanti istituzionali, ma rimane il fatto che se i destinatari di un tale mandato viaggiassero in uno di quei 124 Paesi, potrebbero essere arrestati dalle autorità locali. Si tratta di una situazione simile a quella in cui si trova attualmente il presidente russo Vladimir Putin, incriminato dalla Cpi per la questione del sequestro di migliaia di minori ucraini e del loro illegale trasferimento in Russia.
Israele ha già subito un colpo grave quando, nello scorso gennaio, il Sud Africa aveva deciso di depositare contro lo Stato ebraico un atto di accusa ufficiale per discriminazione razziale e genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia (non si tratta della Cpi, ma di una Corte di giustizia dell'Onu che come la Cpi ha però sede all'Aia, in Olanda). In quell'occasione, Israele decise di difendersi in aula e inviò una propria delegazione di giuristi a confutare le accuse, parlando di assurda ipocrisia ai danni dello Stato che rappresenta un popolo che ha subito il più inconfutabile genocidio del XX secolo. Il ricorso israeliano era stato però respinto, e la Corte aveva stabilito che Israele dovesse prendere misure immediate per l'assistenza umanitaria in favore dei palestinesi.
In quel caso il danno era stato d'immagine. Se invece la Cpi dovesse effettivamente spiccare mandati d'arresto per Netanyahu, Gallant e Halevi, ciò si tradurrebbe nell'impossibilità per loro di viaggiare in gran parte dei Paesi del mondo, oltre che, chiaramente, nel rilancio in grande stile di elementi di propaganda contro lo Stato di Israele a livello mondiale.
Il ministro israeliano degli Esteri, Israel Katz, ha infatti istruito tutte le rappresentanze diplomatiche all'estero a «prepararsi immediatamente a una grave ondata di manifestazioni antisemitiche, antiebraiche e antiisraeliane» e ha chiesto alla Cpi di astenersi da emettere mandati d'arresto contro i vertici politici e militari del suo Paese: «Non c'è niente di più assolutamente ipocrita ha dichiarato tra l'altro Katz che tentare di impedire a Israele di difendersi da un nemico assassino che chiede apertamente la sua distruzione e usa la popolazione palestinese come scudo umano. Se necessario, comunque, non lasceremo il Paese».
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