Referendum indipendenza in Catalogna

La cultura spagnola boicottata da anni. Ora è addio all'indottrinamento a scuola

Nelle aule si parla solo in catalano e si difende la causa identitaria E negli asili, nelle recite a lieto fine, si uccidono re e «polizia cattiva»

La cultura spagnola boicottata da anni. Ora è addio all'indottrinamento a scuola

Sono passati anni prima che il governo di Madrid vedesse quello che stava succedendo in Catalogna; nelle scuole, negli asili, nelle università. Ieri l'attivazione dell'articolo 155 ha stravolto tutto. Anche quel dipartimento dell'istruzione messo sotto accusa da centinaia di denunce, accusato di diffondere solo la cultura catalana violando il bilinguismo. Ora la competenza passa al ministero di Madrid, che avrà finalmente il compito di sanare anni di anomalie volte ad un unico scopo: indottrinare gli alunni alla causa catalana. E non importa l'età, si inizia da piccoli, piccolissimi anzi. Dall'asilo, quando il giorno dopo il referendum le maestre hanno imposto un minuti di silenzio a bambini di 3 anni per rendere omaggio al «coraggio catalano», per ricordare le vittime, per ringraziare il lavoro dei Mossos, veri e propri eroi a combattere contro i cattivi, gli agenti della Guardia Civil. Atteggiamenti gravissimi, che non sono passati inosservati, denunciati da genitori stanchi di vedere una guerra ideologica combattuta anche a suon di canzoncine, filastrocche e racconti. Tutto per un unico fine: sposare la causa separatista. A partire dalla lingua, ovviamente in catalano.

Prima dell'ultimo atto, prima cioè che Mariano Rajoy attivasse l'articolo 155 e togliesse potere ai politici catalani, il ministero dell'istruzione aveva già dato un ultimatum chiaro e definitivo a Barcellona. Impossibile ormai non intervenire, specie dopo le denunce di casi di bullismo, di violenze subite da compagni ma anche da parte dei professori davanti ad alunni poco inclini a difendere la causa. Le ore di lezione usate per diffondere idee politiche separatiste, incitare al rifiuto della Spagna. Tra i tanti esempi, c'è quello del collegio gesuita di Clot, a Barcellona, dove bambini di sette anni hanno messo in scena uno spettacolo dal «lieto fine» in cui i buoni ammazzavano il Re e «la polizia cattiva». Bambini costretti a parlare solo in catalano, usati per la causa separatista, preparati e ammaestrati per tifare contro la Spagna. Eppure non è questione nuova quella dell'indottrinamento. Ana Moreno è diventata famosa per aver denunciato al parlamento europeo l'immersione in catalano nelle scuole materne ed elementari. Da Granada alla Catalogna per ragioni di lavoro lei, andalusa di 37 anni ha vissuto sulla sua pelle e quella dei suoi figli, la segregazione, il razzismo. «I miei bambini non capivano le maestre, i compagni. E quando ho lottato per avere più di due ore alla settimana di spagnolo a scuola ci hanno boicottato. Il negozio che avevo nel paese è fallito. E ho dovuto chiudere. Ma peggio è quello successo al mio bambino. A scuola comprarono magliette uguali e le distribuirono ai bambini tranne al mio. Così tutti avrebbero saputo chi era. Il figlio di quella che voleva più ore di spagnolo».

Ora qualcosa può cambiare.

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