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Tra depressi e sconfitti soltanto Reagan ando vià da trionfatore

Tra depressi e sconfitti soltanto Reagan ando vià da trionfatore

Non tutti hanno voluto salutare la truppa con il «farewell address», il discorso d'addio. Qualcuno non aveva più niente da dire, qualcun'altro, come Kennedy, non ha fatto nemmeno in tempo. La cerimonia vagamente funebre che accompagna il presidente che fu alla Storia ma anche alla rottamazione ha frasi definitive, ma che faticano a restare nella memoria nazionale quando il mondo va di corsa e dimentica alla svelta. Ronald Reagan però fu mitico anche nel commiato: «Volevamo cambiare una nazione e abbiamo cambiato il mondo». In quegli otto anni cadde il muro addosso al comunismo e il mondo non fu più lo stesso, almeno prima che arrivasse l'undici settembre. Se ne andò con la coscienza a posto. E pochi possono dire altrettanto: «Lascio un'America più prospera, più sicura e più felice di otto anni fa». Per il resto quasi sempre una compilation di crisantemi. Jimmy Carter, prima di tornare nel villaggio di Plains in Georgia, lasciò agli americani un messaggio catastrofista figlio molto probabilmente del suo stato d'animo: «Per questa generazione la via da seguire è quella della sopravvivenza nucleare. La follia, la disperazione e l'avidità possono scatenare questa terribile forza». Roba da Dottor Stranamore, invece persino lui è ancora vivo. Johnson, rompendo una prassi che durava da centosessant'anni andò a leggere di persona in Campidoglio il discorso d'addio. Ma con un rimpianto brutto: «Mi spiace lasciare la Casa Bianca senza aver riportato la pace in Vietnam». George W. Bush, segnato dall'undici settembre e dalle guerre, disse: «Ho fatto degli errori ma il mondo oggi è più libero». Nove anni fa, ma sembra un secolo. Peggio di tutti andò a Nixon costretto dal Watergate all'impeachment: «Lascerò questa carica con il rammarico di non aver portato a termine il mio mandato ma con un senso di gratitudine per il privilegio di aver servito il mio Paese. Possa la grazia del Signore essere con voi in tutti i giorni futuri». Ford che prese il suo posto non andò via nemmeno lui da vincitore, ma i suoi cinquanta minuti di addio furono interrotti da ventidue applausi: «Consegno a Carter un Paese in pace, ma per mantenere la pace è necessario un dispositivo di difesa che non sia secondo a nessuno». Solo Clinton se ne andò molto easy: «Otto anni sono volati, ma ogni giorno è stato bello». E con una promessa che suonava come una profezia: «Lascio la Casa Bianca ma non andrò lontano».

E c'è mancato niente che ci ritornasse.

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