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La diplomazia dei marmi: Atene sfrutta la Brexit per riavere le sue statue

La Grecia offre sostegno alla Gran Bretagna in cambio delle opere trafugate dal Partenone

La diplomazia dei marmi: Atene sfrutta la Brexit per riavere le sue statue

Atene Da merce di scambio per «coprire» i debiti con la troika a pezzetto di una immensa cultura che i legittimi proprietari chiedono indietro. I marmi del Partenone tornano in primo piano nell'agenda europea, complice la Brexit: 15 metope, 56 bassorilievi di marmo e 12 statue trafugati nel 1802 da Lord Thomas Bruce Elgin che li vendette al British Museum.

L'uscita del Regno Unito dal club dell'Ue diventa occasione per richiedere quei tesori a Londra. Atene alza la voce, e lo fa con la neo ministra della cultura Lydia Koniordou, che ha scritto alla controparte inglese Jeremy Wright. Obiettivo, riaprire le discussioni sul ritorno dei marmi, per cui nel 2014 si era mossa niente meno che Amal Alamountin, moglie dell'attore George Clooney e avvocato parecchio in vista anche fuori dal jet set. Come dimostra la sua visita al governo ellenico nell'ottobre 2014, quando si era offerta di individuare, in qualità di consulente internazionale, la migliore formula giuridica possibile per la restituzione dei fregi.

Prima di lei era stato l'allora premier finlandese, Jyrki Katainen, attuale commissario europeo, a procedere in senso opposto, proponendo che l'Acropoli fosse ipotecata per far fronte ai debiti ellenici con i creditori internazionali.

Da trent'anni si discute del perché il British Museum si ostini nel non voler restituire i marmi. Secondo il portavoce del museo le sculture del Partenone «sono di proprietà legale del Bristish, dove i visitatori possono ammirarli senza dover pagare, e vengono da ogni parte del mondo». Ma a due passi dal museo ecco il controcanto del Comitato britannico per il ritorno dei marmi del Partenone, che contesta anche la validità dei certificati di acquisizione e sostiene che le sculture non abbiano nulla a che fare con Londra. Il gruppo negli ultimi anni ha registrato appoggi da parte di nomi altisonanti della cultura e del mondo politico, come Sean Connery, George Clooney, Vladimir Putin e Judi Dench.

Amal, che cura la parte greca assieme all'avvocato Geoffrey Robertson, sostiene che se la Grecia vorrà rivedere i propri gioielli dovrà utilizzare la pressione diplomatica e abbandonare la strada delle lunghissime procedure legali. L«interesse Amal al caso risale al 2011, da quando ha creato un canale di comunicazione con David Hill, l'archeologo che presiede l'associazione mondiale per la restituzione dei Marmi.

La premier inglese Theresa May sa benissimo che in questo momento di forte isolamento ha bisogno come l'aria di nuovi alleati, come potrebbe essere la Grecia di oggi, che è membro del Consiglio europeo e che, tra l'altro, è stata appena individuata dalla Casa Bianca come nuovo hub militare per le proprie basi nel Mediterraneo. E pensare che solo due anni fa rischiava di scomparire dalla stessa Ue a causa di un buco strutturale da 300 miliardi di euro.

Per cui ecco che il destino del più famoso reperto dell'antica Grecia e della civiltà intera è curiosamente intrecciato a quello di un altro curvone storico dell'Europa, come la Brexit che potrebbe riuscire lì dove politica e burocrazia hanno perso.

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